Questo è un capitolo tratto dal libro del 2014 “Solo uno- Analisi di una rivalità”, scritto da Rossana Capobianco e Riccardo Nuziale Non lo riconosceremmo più, ormai, quel tennis. Quello riservato solo a pochi, quello che gli amici ti guardavano come fossi un extraterrestre quando confessavi di rimanere a casa per seguire la finale di […]
Jannik Sinner ad oggi è il numero 1 del mondo, senza “se” e senza “ma”. Lo dice la classifica, lo dicono i risultati, lo dicono le prestazioni lungo tutto l’arco dell’anno.
Eppure ogni favola ha bisogno di un cattivo, di un antagonista e a detta di tutti questa figura è al momento rappresentata da Carlos Alcaraz, visto da tutti come l’attuale (o meglio in prospettiva, dati i mesi di ferie che ogni anno Carlitos si prende…) nemesi dell’altoatesino. In questo preciso momento storico, specialmente dopo l’eclatante successo contro tutto e tutti ai recenti US Open, chiunque è pronto a decantare la superiorità di Sinner a gran voce in qualunque angolo dell’universo.
Ma Sinner è davvero il più forte giocatore del circuito?
Possono sembrare come sempre discorsi della serva, di quelli che in realtà sarebbe bene rimandare a tra 15 anni, eppure proprio questa annata fa sorgere molte domande, specialmente a causa degli alti (a tratti vertiginosi) e bassi (decisamente troppi) dello spagnolo.
Nessuno vuol mettere in ombra i risultati clamorosi di Sinner, e anche solo a paragonarli con qualcuno o qualcosa oggi giorno si rischia la gogna mediatica in tre secondi, eppure è innegabile come da lunedì da molte parti si sia visto relegare Alcaraz, quella nemesi di cui sopra, quasi alla figura dello scemo del villaggio o di un Wawrinka qualunque (scusa Stan), per dirla in modo colorito.
“La classifica non mente mai” ci dicono i lor signori della corte. Eppure quella classifica il lunedì post Wimbledon vedeva Alcaraz a soli 1440 punti da Sinner, non 15000 ecco, e con tutta una stagione sul cemento da giocare. Senza contare che parliamo di un giocatore che aveva appena vinto back to back Roland Garros e Wimbledon (una cosa non proprio riuscita anche a Nonna Papera…) prendendo letteralmente a pallate sull’erba un tale Novak Djokovic, mostrando un livello e un margine sugli altri a dir poco disarmante.
A luglio, ognuno parli con coscienza e non col cuore, eravamo così sicuri che Sinner fosse il tennista più forte del mondo?
Certo, si possono dare a Jannik varie attenuanti: gli infortuni, le mancate preparazioni, la spada di Damocle (venuta fuori più tardi) del doping. Però se tralasciamo in parte le classifiche e ci concentriamo sul tennis mostrato quest’anno, la domanda su chi sia il più forte tra i due è più che lecita.
Alcaraz sia a Parigi ma soprattutto a Londra ha mostrato dei picchi di gioco e dei colpi letteralmente inarrivabili per chiunque quest’anno. Beninteso, non parliamo di costanza o ritmo o concentrazione (che sono poi i punti di forza di Sinner), parliamo di colpi, variazioni, soluzioni, capacità di sfornarli nei momenti opportuni per seppellire di fatto l’avversario. Ecco, in questo lo spagnolo, quando è in forma, fino ad ora non ha rivali. Soprattutto a Wimbledon si è visto un giocatore che giocava al gatto col topo in ogni match, fino a dare le spallate precisamente quando servivano e facendolo con una classe e dei colpi che di fatto chiudevano i giochi, lasciando il sale sull’erba dove passava. Una cosa tipo “ok, mo’ basta però”. E ciao a tutti. Al momento lo spagnolo sul verde pare effettivamente averne più di chiunque altro, molto più che sulla terra, zona ancora abbastanza indigesta a Jannik, dove molti continuano, non si sa per quale oscuro motivo, a paragonarlo a Nadal. “Se Alcaraz giocasse sempre come a Wimbledon”, diranno gli aficionados spagnoli… Piacerebbe a tutti vedere cosa succederebbe. Peccato che poi arrivino i cali (nella media di tipo 4-5 mesi all’anno ormai), puntuali come la pioggia a Düsseldorf o un infortunio di De Sciglio.
La cosa più impressionante di Carlitos forse è proprio il fatto che riesca a ritrovare quei picchi di tennis dopo interi mesi di semiattività o a deambulare per il campo.
Probabilmente nel paragonare Sinner e Alcaraz si rischia di fare lo stesso errore che si faceva paragonando tra loro i Big Three. Eppure anche in questo caso le peculiarità tennistiche dei due e il loro modo di vivere il tennis fanno (per ora) la differenza. Eppure a livello assoluto (oddio, sempre ne esista uno) la varietà dei colpi, la semplicità di trovare soluzioni alternative connessa con la perfezione del metterle in atto (una cosa è voler fare serve & volley e l’altra è farlo e mettere la volee sulla riga e non sparacchiare schiaffi al volo sui teloni, per fare un esempio) e la completezza del repertorio dovrebbero fare di Carlitos un tennista ben più forte di Sinner. Anche la capacità di giocare i punti decisivi nei loro scontri diretti a livello slam (tralasciando uno Wimbledon 2022 dove Alcaraz ancora non era quello che conosciamo) finora ha spesso fatto la differenza a favore dello spagnolo. Non per nulla da allora il tabellino segna due vittorie al quinto Spagna.
Peccato che proprio a causa dei suddetti cali dovuti alla testa di un giovane che per ora dopo i successi pare aver bisogno più di godersi la vita che stare su un campo da tennis, ancora non abbiamo avuto un confronto tra i due al massimo del loro potenziale.
Allora forse potremmo decidere davvero.