Wimbledon

Berrettini spreca, Sinner ringrazia: il derby spettacolo a Wimbledon lo vince Jannik

È un derby a lume di candela, per l’orario, un derby da “Londra nun fa la stupida stasera”… Così non lo avevo mai visto. Il primo accolto su un Centrale, se la Storia non m’inganna, per un pubblico di estimatori, di seguaci del miglior tennis che si possa vedere oggi sull’erba. Un derby italiano, figurarsi. A dire quanto siano cambiati i tempi. Non semplicemente “da così a così”, per dirlo occorre confezionare iperboli… È un tennis che per arrivare ad affidare a due italiani il compito di dare spettacolo sulla superficie meno italiana che vi sia, è stato costretto a compiere tre o quattro giravolte su se stesso, e non meno di sette capriole. Le fiondate di Sinner accendono l’atmosfera, i servizi di Berrettini toccano le 139 miglia orarie (fanno 224 chilometri), e sono come lampi, il Centre Court col tetto tirato a lucido diventa discoteca. C’è da divertirsi, i due recitano davvero al meglio. Sulla prima palla break del set d’avvio, che giunge sul 5-4 per Sinner e vale il set point, Matteo esplode un servizio assassino, e sulla risposta di Sinner si porta a rete, per un punto salvifico che viene da una volée che da tempo non ne vedevo di simili. La racchetta protesa, la posa di un portiere che va a disinnescare una palla destinata a infilarsi nel sette della porta. Bella da impazzire. Ma tutti gli scambi più lunghi sono di Sinner, che fa crepitare le sue stoccate non appena Matteo gliene offre l’occasione. E riesce ad andare in crescendo con la gittata e la violenza dei colpi.

Matteo gioca male il tie break del primo set. Meglio, lo inizia bene, ma si perde dietro a due errori che avrebbe potuto evitare. Succede, anche se non dovrebbe… Avesse giocato di più, in questo ritorno al tennis inframmezzato da altri nuovi piccoli guasti alla salute, forse oggi saprebbe tenere a bada le tensioni dei momenti più caldi. Sinner lo sa, lascia fare, tiene alto il livello del suo tennis, però… Almeno questo Berrettini lo merita. E qualcosa del genere accade anche alla metà del secondo set, quando Matteo riesce ad arpionare due palle break che sono autentica manna. La prima Sinner gliela sfila, ma la seconda va a segno, estratta dalla bambagia di una sequenza di colpi morbidi, sui quali Sinner non trova la strada maestra della replica di getto, a tutto braccio. Matteo va 4-2 e ha la strada per pareggiare il conto dei set illuminata a giorno, come la pista per gli atterraggi di un aeroporto in piena notte. E invece sbaglia ancora, fallisce il 5-2 e restituisce il break senza colpo ferire, quasi avesse bisogno di respirare dopo un’immersione prolungata.

Si va di nuovo al tie break. Sinner fa l’uno a zero con un rovescio lungo linea che sembra lavorato con riga e compasso. E si porta sul 3-0 con i servizi. Poi aumenta i battiti del proprio tennis, come fanno quelli che hanno imparato a dettare legge, come faceva Djokovic quando se lo poteva permettere. È qui che si vede il numero uno, anche se lo è da poco, una manciata appena di settimane. Sotto pressione, fra i due non c’è partita. In tutto il resto sì, e Berrettini fa anche una splendida figura. Ma quando il tie break ti tira fuori l’anima, Sinner raddoppia le proprie certezze.

Eppure, Matteo non molla. Non l’ha mai fatto, per quanto mi è dato ricordare, a parte i momenti in cui gli infortuni avevano la meglio. Raccatta le forze e dà vita a un terzo set zeppo di speranze. Serve benissimo, mentre Sinner cala proprio nelle operazioni introduttive. La prima si attesta intorno al 50 per cento. La seconda addirittura si scioglie e piomba al 25 per cento. Di slancio Berrettini accumula break, due addirittura, va 5-1 e piomba in dirittura d’arrivo a tutta velocità. Il set vinto lo solletica, è facile immaginare che cosa stia pensando… Forse non è finita. Ma nel quarto set l’errore lo commette ancora Matteo. Va avanti di un break, strappato a morsi,  tra colpi di pura alchimia erbivora, e gioca di peste il game successivo. È una storia che si ripete, ma la coperta di Matteo è ancora corta, e strappare un servizio a Sinner richiede un impegno talmente violento da annodare tutte le coronarie. Di nuovo in parità. Il tie break non è lontano, il terzo della partita. Sinner vi arriva con un match point fallito, nato da un doppio fallo di Matteo dopo un ace che Jannik ha visto fuori. E il falco gli ha dato ragione.

Il tie break segue le tracce dei precedenti. Matteo gioca con coraggio, ma gli sfuggono i due punti centrali. Sinner si concede altri tre matchpoint, il primo Matteo lo annulla con un ace (e sono 28, in tutto il match, dieci quelli di Sinner), il secondo dà ragione a Sinner, meno erbivoro di Berrettini, ma più misurato e consequenziale nelle scelte tattiche.

Matteo non se la prenda, anche se non è facile… Ha dimostrato ancora una volta di valere il gruppo dei più forti, e sull’erba di essere uno da podio. Nei saluti finali Sinner ha fatto un’espressione come a dire… «Mi hai distrutto». Aver battuto questo Berrettini, però, gli darà nuovo slancio. Quello che serve per salire in cima a questi Championships.

Redazione

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