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Barbiani WTA files/ Imprese sportive e chiacchiere da bar

C’è una tennista che ha appena vinto il terzo Slam consecutivo a Parigi, fatto verificatosi appena due volte in precedenza nell’era Open per il Roland Garros, e la prima da 10 anni a ottenerne ben cinque. C’è un atteggiamento, e un percorso, che hanno dato fin qui enorme lustro al suo essere. C’è un giudizio un po’ estremo nei suoi confronti.

Iga Swiatek ha completato col Roland Garros una stagione sulla terra battuta incredibile e resa quasi normale dal suo essere così forte su questa superficie. Vittorie consecutive a Madrid, Roma e Parigi come non accadeva da 11 anni con Serena Williams, soltanto Elena Rybakina a Stoccarda a fermarla dal poker. Cinque titoli già ottenuti nei primi sei mesi del 2024 più la United Cup dove lei rimase imbattuta ma la Polonia perse la coppa in finale contro la Germania. 107 settimane da leader (cresceranno), 22 trofei di cui la metà almeno raccolti in grandi tornei. Il tutto avendo appena compiuto 23 anni.

Aryna Sabalenka, per citare la sua più diretta rivale fin qui, correrà il prossimo gennaio per un terzo Australian Open consecutivo e sarebbe qualcosa di altrettanto forte e storico, condito dal fatto che per il tennis femminile un susseguirsi di traguardi e dati così non si ripetevano da anni. Ci sono ex giocatrici che spendono elogi. Chris Evert dall’alto dei suoi sette Roland Garros dice al microfono di Eurosport che si può immaginare una Swiatek addirittura in doppia cifra al Roland Garros e che, come rivelerà Mary Carrillo ai colleghi di The Tennis Podcast, in delle conversazioni via messaggi la stessa leggenda statunitense è arrivata a dire che lei ha vinto (finora) di più, ma non aveva quel livello di gioco. Un po’ scontato, se si pensa a come il tennis di oggi sia logicamente diverso rispetto a quello di 40 anni fa, ma detto dalla stessa Evert è comunque da annotare.

Eppure, volente o nolente, Iga sembra ancora non prendere abbastanza sul nostro pubblico. Non solo, alle volte sembra quasi criticata proprio per il suo vincere facile e senza mai “dare” più di tanto al pubblico, riconosciuto quasi soltanto dopo la stretta di mano all’avversaria quando alza la mano in cenno di saluto. Non si giudicano i gusti, che quelli sono e devono rimanere personali, ma fa un po’ specie come tante delle sue qualità esaltate dalla superficie vengano quasi evitate al posto di questioni abbastanza povere. Da numero 1 del mondo e stra-favorita fin dal sorteggio, Swiatek aveva l’obbligo di vincere. Che è forse lo scoglio più grande qui. La quota di un suo nuovo trionfo era a 1.60 pre-torneo, crollata sempre più fino all’1.04 della finale. Non solo c’è riuscita, ma lo ha fatto a modo suo: dominando le avversarie dal momento in cui ha superato il grande ostacolo rappresentato da Naomi Osaka. 17 i game persi contro la giapponese, con anche quel match point ben salvato, 20 quelli nelle restanti cinque partite (due di media a set). Una finale dove ha avvertito un minimo di incertezza nei primi minuti per poi infilare una serie di 10 game consecutivi e recitare una volta di più il ruolo della più forte. Un 6-2 6-1 che potrebbe far pensare alla figuraccia per Jasmine Paolini, quando invece è stata una nuova prova di forza di una ingiocabile Iga.

La toscana, comunque splendida nel suo cammino, ha ammesso: “Non ho mai affrontato un’avversaria con questa intensità”. Aryna Sabalenka a Roma, dopo un torneo passato a provare smorzate qua e là: “Perché non le ho usate in finale? Perché non c’era tempo”. Tra le critiche che più si sono lette in questo finale di torneo c’è quella abbastanza ripetitiva sull’incapacità di Iga di variare un po’ e uscire da quella trama abbastanza consueta, coi meriti in qualche modo mitigati dalla scarsa tendenza delle altre ad avere contromisure pronte. E invece proprio su terra rossa, con le frasi delle due ultime finaliste affrontate, ci rendiamo conto di quanto sia difficile per le altre fare qualcosa di diverso o tante volte anche solo controllare il punto senza prendersi rischi. Marketa Vondrousova è una che a Parigi ha fatto finale, sul rosso ha ottime capacità di gioco, ma ha raccolto solo due game. Lei può usare a piacere smorzata, slice, le piace rallentare il ritmo, ha un dritto mancino molto arrotato. Contro Olga Danilovic ha giocato spesso la combo smorzata e lob, contro di lei ne ha fatte due in tutta la partita.

Perché Sabalenka, Rybakina e Osaka sono state le tre che più le hanno dato filo da torcere sul rosso? Perché hanno approcciato una partita di grande dispendio di energie, impostata sull’alto ritmo e spinta, cercando di togliere certezze al dritto di Iga. Facile, vero? La kazaka ha vinto in due ore e 50 minuti, la giapponese ha perso al fotofinish in due ore e 57, la bielorussa ha mancato tre match point e ceduto 9-7 al tie-break decisivo in tre ore e 11 minuti. Yulia Putintseva a Roma era riuscita a tenerla molto sulle spine optando per continui cambi di ritmo e smorzate, ma alla lunga Swiatek era riuscita a gestire le azioni più importanti. Spesso si fa riferimento alla finale del Roland Garros 2023 contro Karolina Muchova per come un’avversaria che si applica su schemi diversi possa mettere a nudo i punti deboli della polacca, anche qui spesso per denigrarne i traguardi. E di nuovo, pur venendo esposta a qualche brutta figura nei pressi della rete, comunque alla fine ha avuto ragione lei. Contro Ashleigh Barty, tennista dalle qualità straordinarie, Swiatek faceva già partita alla pari sul rosso nel 2021.

Per una ragazza che muove così bene i piedi ed è così leggera in campo, capace di aiutarsi al meglio con la mano sinistra sul rovescio e annientare l’effetto di uno spin grazie al suo dritto ancor più arrotato e un braccio molto sciolto, non c’è una vera difficoltà nel gestire queste dinamiche. È peggio semmai quando si colpisce forte e rapido verso il dritto che ha una preparazione poco adatta quando c’è poco tempo di reazione. In generale, però, non è di natura né una “spara-palle”, forse nemmeno tanto “mono-corde”. Non ha un’unica velocità di gioco, non punta esclusivamente all’aggressività continua, il dritto è molto lavorato e varia tanto la traiettoria e il rovescio è pressoché piatto. La trama dei suoi scambi sembra a volte quello di sfinire l’avversaria facendola correre e sbilanciarla da eventuali contropiedi, o muovendo la palla verso gli angoli dando la sensazione di poter avere discreto margine. Vondrousova, che già a Stoccarda diceva in maniera molto franca a proposito di Iga che con la stagione sul rosso al via bisognava cominciare ad aver paura, alla stampa ceca dopo la sconfitta a Parigi ha dichiarato: “È come affrontare una indemoniata. È un massacro psicologico. Sei convinta di aver giocato una buona palla, ma torna indietro ancor più profonda e veloce. Alla fine la persona crolla in uno stato dove è completamente esausta”.

Può apparire ancora un po’ incerta nel posizionamento a rete, avere una voleè abbastanza personale, ma il cambio del movimento al servizio dove ha guadagnato circa 15 chilometri orari in più e deve lavorare ora sugli angoli ha mostrato che lei stessa si consideri comunque un cantiere aperto e c’è comunque tempo per provare ad aggiungere qualcosa in più. Non è facile per le altre tenere il passo, anche perché Iga fin qui ha avuto un approccio di grande serietà allo sport riconosciuto anche da Max Eisenbud, storico manager di Maria Sharapova, che in un’intervista al The Times l’ha definita come una degli atleti più professionali con cui abbia lavorato: “È molto simile a Maria nell’importanza che da al suo tempo. Lei è guidata dall’essere la migliore e dal competere per vincere Slam, per cui accordi dove aziende e brand chiedono molto da lei non sono le opzioni migliori”. Nel concetto di serietà, ricade un altro aspetto che non a tutti può star simpatico. Contro Anastasia Potapova, per esempio, un suo ace sul 6-0 4-0 30-0 è stato accompagnato da un urlo di incitamento. Non è raro sentirglielo fare, e l’errore più grande sarebbe prenderlo come un eccesso nel momento in cui la vittoria è ormai praticamente arrivata. Tutto è parte dell’approccio mentale di Iga a ogni partita, dove si chiude in una bolla di concentrazione in cui quasi si perde il punteggio tanto è sul punto in corso. Le dinamiche del tennis sono particolari e anche le partite che appaiono chiuse possono essere riaperte da episodi, e non sarà lei la giocatrice che tende a rilassarsi ma continua, incessante, a dare tutta se stessa. Come le occasioni in cui sul 5-2, in risposta, attacca fin dalla risposta alla ricerca del break che eviterebbe scenari potenzialmente delicati sul 5-3. Maria Sakkari, a Indian Wells, elogiava questa capacità al termine della finale persa proprio contro la polacca, quasi usandolo come motivo di rimprovero personale per le fatiche in più fatte nel cammino verso quel match.

Fa effetto che se dall’interno ci siano tanti elogi, anche riconosciuti ed espressi pubblicamente da chi l’ha omaggiata per il quarto titolo al Roland Garros, fuori si avverta un certo contrasto: è brava, ma magari non a sufficienza; è al numero 1, ma in fondo nessuna meglio di lei ha la stessa continuità; è forte, ma quella voleè non vale la top-100; è ingiocabile, ma nessuna ha soluzioni diverse. Nel frattempo, però, sta spingendo tutto il circuito a fare di più per migliorarsi. Come Sabalenka, che ha modificato il dritto e il servizio nei mesi precedenti al primo successo Slam. Come Osaka, che ha ammesso di aver visto i successi di Iga durante l’assenza dai campi e sia rimasta impressionata da come abbia gestito mentalmente tutto ciò in cui lei aveva, purtroppo, fallito. Da numero 1, Swiatek ha alzato la barra del rendimento e chi in questi due anni le ha tenuto testa nei momenti migliori ha spesso finito per essere citata in partite che son diventate tra le più belle e significative della stagione. Come Barbora Krejcikova a Ostrava 2022, o la stessa Aryna a Madrid 2023 e 2024, o Naomi a Parigi due settimane fa. E questa è un’altra dote non da poco.

Diego Barbiani

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