La FITP (Federazione Italiana Tennis e Padel) e l’ITF (International Tennis Federation) sono liete di annunciare che la Final 8 di Coppa Davisdal 2025 al 2027 si svolgerà in Italia. La Fase Finale della più antica e prestigiosa manifestazione a squadre per nazioni del tennis maschile lascia Malaga dopo tre fortunate edizioni e dal 2025 […]
Ognuno di noi sa dire sì e sa dire no. Più complicato invece farlo al momento giusto. Riconoscere il momento opportuno per fare ciò che è giusto, diventa spesso molto difficile. È tremendamente faticoso accettare che oggi è l’unico momento perfetto, non domani. Restare immobili mentre tutto scorre sembra invece l’unica salvezza, ma può rivelarsi solo una terribile agonia, un infinito addio. La tristezza con cui Rafael Nadal ha annunciato il suo ennesimo forfait, stavolta dal torneo californiano di Indian Wells, ha contagiato tutti i tifosi. La speranza che il campione spagnolo risorga ancora volta per regalarsi e regalare agli appassionati di tennis il degno epilogo di una carriera leggendaria sembra destinata a naufragare a ogni nuovo appuntamento tennistico. E’ come se Rafa fingesse di ignorare quello che tutti purtroppo sappiamo ma ci affanniamo a nascondere tenendogli la parte, fingendo insieme a lui che c’è sempre un domani. Oriana Fallaci scriveva che nessuno è preparato e lo sarà mai al cambiamento, nonostante questo sia il nostro destino: cambiare. “Si cambia con lentezza, la stessa lentezza che muta la primavera in estate, l’estate in autunno, l’autunno in inverno. Non ci si accorge mai in quale momento la primavera diventa estate: una mattina ci alziamo e fa caldo, l’estate è giunta mentre dormivamo.” A giudicare dalle vicissitudini che hanno segnato il cammino di Nadal nell’ultimo anno sembra davvero giunto quel momento. Nonostante Rafa ammetta di non poter mentire a sé stesso perché è consapevole di non essere in grado di gareggiare alla pari contro gli avversari, non riesce ancora a dire basta. Ecco allora che ci si affretta subito a programmare un suo probabile rientro sulla terra rossa di Montecarlo in vista del Roland Garros e a fantasticare su un doppio stellare con Alcaraz alle Olimpiadi in estate. Il possibile ritorno finisce al contrario per somigliare a un interminabile addio, doloroso quanto quello di Roger Federer. Il campione elvetico, a oltre un anno dal ritiro, ha ammesso che ovviamente gli mancano il tennis e il tour, che dopo una lunga carriera diventa una famiglia. Innegabile sentire la mancanza del gioco e dei momenti emozionanti trascorsi in campo: dai breakpoint salvati, alla vittoria sui match point, per non parlare dei trofei vinti e dell’affetto dei tifosi. Scherza mentre adesso descrive la sua nuova occupazione professionale: autista professionista, organizzatore e manager dei figli, insomma, uno di noi! Passare finalmente del tempo con gli amici e la famiglia è stata una conquista incredibile, eppure Federer confessa che gli mancano molti i posti in cui viaggiava regolarmente, in cui trovava tanti amici con cui divertirsi. Ma non può avere tutto, ammette. E il Covid ha di certo dato una mano nella scelta di lasciare il mondo del tennis, contribuendo a una separazione meno drastica e rallentata dai ritmi imposti dall’epidemia. Anche Roger si era dato delle possibilità ma alla fine si è detto sollevato e felice del ritiro. Ha capito di stare bene e di non aver più bisogno di seguire quello stimolo. È pur vero che lo svizzero centellina le apparizioni tennistiche da quando ha smesso di giocare e il ritorno sul Centrale di Wimbledon nel Royal Box ospite della principessa Kate Middleton è stato particolarmente emozionante, rivelando una mal celata e commossa nostalgia. Il binomio perfetto Federer – Wimbledon è difficile da sostituire non solo nella testa dell’elvetico ma in tutti coloro che amano questo sport. Lo stesso vale per Rafael Nadal che vanta con lo Slam parigino del Roland Garros un legame speciale che va oltre le vittorie ottenute. Ci vogliono tempo e pazienza per accettare il cambiamento di uno stile di vita che ha monopolizzato per oltre venti anni l’esistenza. Ma senza alcuna paura delle conseguenze perché si tratta in realtà di una mutazione da assecondare, non di una fine da rifiutare. La magia di Roger, di Rafael e, quando avverrà, di Novak non avrà mai fine, neppure in pensione.