Siamo qui a festeggiare, e fare festa è sempre bello. Jannik se lo merita, perché è un ragazzo per bene, umile, onesto e intelligente. E non mi sembra poco. In più fa il tennista, e lo sta facendo più che bene. Per un semplice fatto: Jannik Sinner è forte, molto, molto forte.
Questo è il quadro di riferimento, ed è un bellissimo quadro. Nel quale c’entra assai poco che abbia superato un signore che faceva tennis un bel po’ di anni fa, tale Panatta Adriano. Lui terzo e io quarto? Ma dai… Lui terzo oggi, ma secondo domani, e poi anche primo, un giorno o l’altro. Anzi, già da quest’anno, ci scommetto. La gara non è con me, io lo so bene e per fortuna sono convinto lo sappia altrettanto bene anche lui. Non sono io, figurarsi Pietrangeli, quello con cui confrontare il proprio cammino. Ma Alcaraz, che potrebbe essere il prossimo da superare, e Djokovic, magari Federer e Nadal.
Sinner sta andando a passi rapidi – ma sempre equilibrati devo dire – verso una carriera pazzesca. Ha vinto un nuovo torneo, a Rotterdam, e lo ha fatto da favorito. Ecco una cosa nuova… L’ha gestito bene, nei momenti caldi il suo tennis è venuto fuori. Ha mostrato di non sentire la pressione.
Vado ai matti quando mi telefonano per chiedermi, “hai visto Adriano? Ti ha finalmente superato!”. E vorrei vedere. Non c’è confronto. Jannik ha davanti a sé la parte più bella della carriera, e la sta affrontando nel migliore dei modi. Vincerà molto. Volete un paragone? Eccolo: vincerà molto più di me. E io sarò felice per lui. Non smette di studiare se stesso e il proprio tennis, ha una voglia incredibile di migliorarsi. Ed è questo che gli fa onore, non la mette mai sul piano dei risultati, non gli bastano quelli per esprimere un giudizio su se stesso. Lui si basa esclusivamente sui progressi che compie e su quelli che lo aspettano più avanti. Ed è così che si vive nello sport e s’interpreta il proprio mestiere.
Gli posso dare un consiglio? Questo sì, credo di poterlo fare. Ma non sul tennis, che sarebbe sciocco da parte mia. Tra l’altro, Sinner è circondato da un team che sta lavorando benissimo. I consigli “da campo” saranno loro a darglieli, migliori di quelli che potrei dargli io. No, il mio consiglio riguarda la vita. Sulla quale mi sento un po’ più esperto. Ed è quello di acquisire un friccico di disincanto, che gli servirà quando la carriera, magari fra più di quindici anni, sarà finita o alle ultime battute. Quello sarà il momento in cui dovrà affrontare la sua vita definitiva. Credo che la voglia di apprendere, di migliorarsi sarà l’aspetto più utile, anche in futuro. Ma quel po’ di disincanto servirà per allontanarlo dall’idea che si possa vivere nel passato. Io non l’ho fatto e credo sia stata una buona scelta. Per il resto, che dire? Avanti così, Jannik!
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