Mentre il tennis si ritempra dalle fatiche di Melbourne – a meno che non siate italiani – e attende il famigerato Sunshine Double c’è stato spazio per le attività promozionali che vedono coinvolte le star del nostro sport. Tra queste ormai c’è senz’altro Jannik Sinner, che prima di vincere agevolmente il torneo di Rotterdam, ha avvertito che sarà tra i partecipanti del “6 Kings Slam” esibizione che si terrà in ottobre a Ryad. Il torneo si inquadra nella strategia del paese arabo per espandere la sua sfera di influenza soprattutto nei paesi occidentali e travalica naturalmente le semplici questioni tennistiche. Qui ci si occupa di sport e quindi non è la sede per soffermarsi su parlamentari che intrattengono rapporti discutibili con lo stato arabo, ma vale la pena accennarli perché appunto è impossibile comprendere quanto stia accadendo anche nel tennis se non si tiene presente uno scenario più ampio.
La colonizzazione intanto non riguarda solo i sauditi ma sostanzialmente i paesi del golfo persico, quelli ricchissimi di petrolio ed è molto avanzata nel calcio. Dal Paris St. Germain alla larga parte della Premier League, ma anche Spagna, Belgio, naturalmente Italia, con la sola eccezione della Germania non c’è sostanzialmente campionato che non veda la presenza ingombrantissima di un paese arabo. Ma è dall’Arabia che sta partendo l’affondo probabilmente decisivo. Da quest’anno infatti non si tratta solo di colonizzare gli altri paesi ma anche di depauperarli togliendo loro le materie prime: i calciatori. Il caso di Cristiano Ronaldo è noto, ma in Arabia gioca anche Benzema e come tutti sanno l’allenatore della nazionale è Roberto Mancini. E se Ronaldo e Benzema sono a fine carriera la stessa cosa non si può dire per Neymar, Manè Milinkovic Savic o Fabinho.
A partire dal calcio la strategia investe il golf – con la creazione di una lega, la LIV, che sostanzialmente svuota di significato PGA Tour e DP World Tour, sottraendo i migliori golfisti – la Formula 1, e persino lo sci, visto che ospiteranno i giochi invernali nel 2029. Nel deserto.
Impensabile lasciare fuori da tutto questo uno sport glamour come il tennis. Dall’anno scorso le finali next-gen si giocano a Gedda e molto presto, forse già quest’anno, si disputeranno in Arabia le Finals della WTA. E l’ATP? Intanto questa esibizione di ottobre dovrebbe vedere tra i partecipanti, oltre Sinner, Djokovic, Nadal, Alcaraz, Rune e Medvedev, cioè il meglio del tennis mondiale. Considerato il periodo, significa togliere ai tornei del periodo – Vienna e Basilea per limitarsi ai “500” – le star. Ma sembrano molto avviate le trattative per un “Masters 1000” che potrebbe tenersi, si dice, prima dell’Australian Open.
Diventa semplice comprendere il motivo per cui si siano rivolti a Rafa Nadal per il ruolo di “Ambasciatore del Tennis” in Arabia. Riempito di denaro Nadal – che al pari di Federer ha trascorso 20 anni di carriera senza mai dire una singola parola che potesse turbare qualche potente – ha accettato volentieri di inserirsi nel piano Vision 2030 realizzata dal famigerato – in occidente e a seconda del periodo – Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd, figlio del re Salman. Caso mai crediate di aver già sentito questo nome probabilmente avete ragione: secondo l’ONU è il responsabile dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
Come si dice “fin qui la fredda (più o meno) cronaca”. Cosa pensare di tutto ciò dipende un po’ dai nostri convincimenti. Oggi, 19 febbraio, è per esempio il giorno di Yekatit 12, quello della strage di cui proprio gli italiani furono atroci responsabili nel 1937 ad Addis Abeba.. Viviamo in una porzione di mondo che in passato si è sostanzialmente comportata allo stesso modo, depredando e impoverendo tutto il resto del globo in maniera ben più cruenta di quanto non stiano facendo gli arabi oggi. La ricchezza, fondata su questi orrori, dei paesi europei ha consentito, si parva licet, lo svuotamento dei campionati sudamericani che tradizionalmente non erano inferiori a nessuno, solo per fare un esempio. E il fatto che il tennis sia stato “inventato” in Europa non significa poi granché. Sicuramente i paesi arabi e l’Arabia Saudita più di tutti, si sta producendo in quello che ormai viene comunemente chiamato “sportwashing”, cioè il tentativo di ripulire la propria immagine attraverso l’attrazione di eventi e atleti amati in occidente e utilizzando un mezzo – lo sport – universalmente circondato da un’aura eticamente impeccabile. In questo caso l’arretratezza nei diritti civili è decisamente indigesta, a voler usare un eufemismo, e abbiamo appena ricordato come il protagonista principale di questa strategia non sia un tipetto raccomandabile. Ma se mai il criterio fosse quello del “chi è senza peccato scagli la prima pietra” gli arabi potrebbero tranquillamente andarsene in giro senza protezioni perché davvero da queste parti meglio lasciar perdere qualsiasi discorsi di autorevolezza morale, non foss’altro che per conservare una quantità minima di decenza. Se il quadro è questo – ed è questo – diventa difficile prendersela con Rafa, ci rendiamo conto. Però non siamo sicuri che un modo per conservare un briciolo di dignità sia quello di far finta di niente, perché in fondo in fondo, vincere 14 roland garros e 21 slam dovrebbe emanciparci, non costringerci ad essere complici.
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