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Il teutonico/ Medvedev ha perso l’attimo fuggente

Si può criticare un ex numero uno vincitore di slam, svariati Master 1000 e che è arrivato meno di un mese fa in finale agli Australian Open?

Beh, francamente se il giocatore in questione ha il talento, i colpi e il gioco di Daniil Medvedev, qualche dubbio ormai è lecito cominciare ad averlo.

Mettetevi nei panni di un suo tifoso per un attimo. Anche solo a figurarsi un suo fan, l’immagine che ne viene fuori è quella di un essere devastato da occhiaie, tachicardie e con una bottiglia di whisky di pessima marca in una mano e un sacchetto di carta per l’iperventilazione dall’altra. Perché con Medvedev una partita non è mai uguale a quella dopo – “purtroppo”, risponderebbe il tifoso di cui sopra, alla ricerca di una sua stabilità psicologica – e perché non si sa mai che combinazione possa essere da quella meravigliosa slot machine che risiede nella sua testa.

Tutti ricordiamo la sua ascesa, la sorpresa nel vedere questo figlio di Mosca arrivare sbarazzino e arrogante sul circuito e prendere a pallate svariati mostri sacri. Uno che finalmente pareva non farsi troppi problemi a mettere in riga i Nadal e i Djokovic e pronto secondo molti addetti, dopo la conquista del suo primo (e finora unico) slam nel 2021 a New York, a ereditare lo scettro di Nole.

Eppure gli slam da allora sono rimasti al singolare, le dichiarazioni spesso infelici, i problemini fisici sono cresciuti e malgrado qualche Master 1000 portato a casa il più delle volte il nostro eroe russo è passato ai posteri per due cose: le litigate (perenni) con ogni pubblico da qui a Plutone (ci fosse un ATP all’Antartide litigherebbe pure coi pinguini) e le uscite inspiegabili nei tornei che contavano a suon di prestazioni degne di un Gasquet qualunque.

Certo, nel mezzo c’è stata pure una semifinale a Wimbledon, altre finali slam o un titolo a Roma sull’odiata collosa e melmosa terra rossa, ma se guardiamo quell’unico titolo slam lo soppesiamo con le potenzialità espresse dal russo, specialmente nei confronti di quelli che erano i suoi avversari finora, la bilancia finisce per non sapere cosa misurare, mostrando un filotto di occasioni perse abbastanza preoccupante.

Premesso: onde evitare ricoveri alla neuro, nessuno osa dire che perdere da Alcaraz o Djokovic sia una vergogna, ovviamente. Ma non si può negare che dopo il successo a New York del 2021 ci si sarebbe aspettato ben di più da uno dei giocatori, già allora, più completi del circuito. Prima della consacrazione di Carlitos, prima dell’avvento del fenomeno Sinner, e in concomitanza con le crisi di Zverev e del desaparecido Thiem, nessuno avrebbe dubitato che il conto slam di Medvedev non si sarebbe limitato a quegli US Open di due anni e mezzo fa. Un gioco completo, vario come quello di pochi, fatto di angoli e ritmo e sostenuti da un servizio che funziona quando deve, ma supportato da una testa che troppo spesso ha cominciato a vacillare nei momenti davvero clou.

Una mentalità spesso poco vincente o assente che lo ha portato sovente a complicarsi la vita nel corso degli slam, spendendo energie inutili in match che avrebbe dovuto vincere con la sinistra per poi ritrovarsi alla frutta quando contava davvero (vedere la finale in Australia di quest’anno per credere) o smarrendo incredibilmente il filo del discorso in match praticamente vinti (Australian Open 2022 persi da due set a zero 2-3 0-40) o in finali dove forse partiva perfino favorito (aprire alla voce “bastonata da Djokovic agli US Open 2023”).

A conti fatti le finali slam perse ad oggi sono salite a cinque contro un unico successo, troppe per un tennista dotato del suo repertorio.

Gli indizi di una mente un po’ ballerina e di un carattere “particolare” del resto non sono mai stati nascosti da un personaggio che a soli 26 anni dichiarava “Voglio giocare solo per divertirmi”. Beh, del resto mai stati cervelli semplici i russi, Safin insegna…

E così il tifoso guarda, si esalta per i rovesci in recupero, per gli scambi ripetuti a 140 all’ora e le smorzate da togliere il fiato. Poi però arriva a trepidare per la finale e non sa se trovarsi il tennista che vince senza lasciare un set a Djokovic in quel 2021 a Flushing Meadows o quello che si perde nel proprio giardino di casa.

I risultati restano indubbiamente quelli di un campione, ci mancherebbe. Noi italiani, tanto per intendersi, prima di Sinner, avremmo pregato in aramaico antico per avere un Medvedev…

Ma il timore, specie alla luce della sconfitta patita in Australia ad opera del rampante Sinner, è che l’attimo da cogliere per diventare il dominatore del circuito sia passato, ora che Alcaraz e Sinner sono finalmente sbocciati e Zverev sta tornando ad alti livelli, e che la porta per mettere in cascina slam e mostrare ai nuovi giovani che avrebbero dovuto fare i conti con lui si sia chiusa. Magari non a chiave, certo, ma una volta che permetti ad altri di entrare da quella porta, difficile che poi ti lascino il posto…

Davide Bencini

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