Dopo la vittoria di Jannik Sinner in quarti di finale contro Rublev, i miei alunni erano curiosi di sapere chi dovesse affrontare l’azzurro in semifinale agli Australian Open (segno che ormai Jannik ha portato il tennis in giro per le strade, i banchi, i supermercati, le fermate dell’autobus) e gli ho risposto: “Djokovic, ovviamente!”.
“Ancora?!” mi è stato risposto. Sì, ancora. Erano stati molto partecipi, come gran parte degli italiani, d’altronde, durante la fase finale della scorsa stagione, quando Sinner ha dovuto affrontare per tre volte in venti giorni il serbo, battendolo in due occasioni e conquistando poi la Coppa Davis: i miracoli della tv generalista che mostra uno sport finalmente diverso dal calcio. E chi vi scrive è una grande appassionata di calcio da sempre.
Venerdì (probabilmente all’alba) Sinner sarà in campo, i miei alunni saranno a scuola e la maggior parte delle persone sarà in giro tra lavoro, università, commissioni da sbrigare e vita da affrontare: non mancherà però l’attenzione e la voglia di sapere come va il match contro il numero 1 del mondo, la voglia di scoprire se l’altoatesino riuscirà a qualificarsi per la prima finale Slam in carriera, la curiosità di capire se si può fare abdicare un re, anche il più ostinato, per una restaurazione roscia, giovane e italiana.
Verrebbe da pensare che, avendolo fatto già due volte nel recente passato, non c’è motivo per non pensare che possa farlo anche adesso, e un fondo di verità in questa considerazione c’è: Sinner è in ascesa, è migliorato in tutti gli aspetti del suo gioco, ha ancora margini di miglioramento, ha preso fiducia anche contro il serbo, fin qui nel torneo non ha perso nemmeno un set (a differenza di Nole che invece non ha convinto fin qui) e ha l’inerzia dalla sua parte.
Eppure ci sono diversi motivi perché questa sarà una partita diversa dalle ultime nelle quali si sono affrontati: innanzitutto il campo, decisamente più lento rispetto a quello di Torino e di Malaga, che avevano un cemento gradito a Sinner, un po’ meno a Djokovic; le condizioni outdoor (a meno di meteo avverso) nelle quali Novak è più a suo agio e nelle quali Jannik fatica a rendere efficace il servizio, più decisivo quando non deve affrontare vento, sole e umidità.
Ultimo ma non per ordine di importanza: i cinque set. Non che Sinner non sia preparato fisicamente per giocare a lungo una partita di altissimo livello ma la gestione di un match al meglio dei cinque set è un’altra cosa e in questo nessuno è come Djokovic.
Sinner non ha niente da perdere, l’obiettivo minimo era arrivare in semifinale qui a Melbourne, cosa che ha fatto senza sbavature, convincendo tutti e anche se stesso. C’è però un altro scalino da salire o un altro livello da sbloccare, direbbero i gamer, se vuole farlo deve per forza battere Djokovic, non c’è altro modo.
Ma la vetta diventa altissima in un torneo dello Slam.
Forse ancora troppo.
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