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Con Sinner e Berrettini l’Italia può dominare per anni la Davis

Sinner vale doppio. Mostra poteri da Supereroe della Marvel. È in uno stato di tale grazia, tennistica, agonistica, personale, da apparire una dissolvenza tra Capitan America e Thor. Lo chiameremo Capitan Italia. Con buona pace di Volandri, che il suo lo fa, e alla fine ottiene il successo sperato sull’Olanda, giunto con un insopportabile spargimento di adrenalina tra i match point falliti da Arnaldi con Botic Van de Zandschulp, tre addirittura, e l’insospettabile resistenza di Tallon Griekspoor nel primo set, alle pallate incatenate con cui lo ha bersagliato Sinner. Una vittoria a rovescio, che comincia dalla fine, dal doppio, bella però, perché sudata fino all’ultimo punto. Con un’ulteriore gradevole scoperta, che – in attesa di Berrettini, ieri capo popolo in panchina – può cambiare volto a questa squadra più che promettente, eppure non ancora esplosiva come potrebbe essere. Il doppio ha posto sotto i riflettori anche Sonego, ed è stato Sinner a volerlo al proprio fianco. Aitante, scattante, ottimo al servizio e capace di districarsi a rete. Un giocatore da riprendere in considerazione per il ruolo di secondo singolarista, in vista di una semifinale, domani, contro la Serbia del Djoker, che si preannuncia ancora più tosta.

Una vittoria da leggere a ritroso, dicevo. Partendo da un doppio giocato con schemi da singolaristi, eppure efficace nel suo spirito parecchio cazzuto e un po’ naif (certe scene di prorompente ilarità tra Sinner e Sonego meritavano i primi piani televisivi) che via via ha aperto varchi nella coppia dirimpettaia, composta dal Griekspoor appena battuto in singolo e da Koolhof, validissimo esponente della Top Ten di coppia (e numero uno appena l’anno scorso) che però, malgrado il nome, non ha portato granché fortuna all’Olanda. I due break che hanno deciso la partita si sono coagulati intorno al suo servizio e nel suo sguardo basito era possibile leggere la sofferenza di non sapere come opporsi all’incedere feroce dei due azzurri, che aprivano varchi nelle difese olandesi con drittacci inside-out. Cose mai viste nei doppi giocati secondo manuale. Così, quando Koolhof ha mollato, al povero Griekspoor non è rimasto altro che prendere atto del suo pomeriggio di un giorno da cani, e si è preoccupato (lo si è visto sui servizi dei nostri) di sottrarsi alle martellate che piovevano dall’alto, quasi che a tirarle fosse davvero Thor, figlio di Odino.

Già la lezione di singolare applicato alla vittoria era stata dura da mandare giù per il ventisettenne olandese. Sinner ha avuto bisogno di un set per disperdere le tossine delle Finals torinesi, ha commesso qualche errore, mai però sui suoi servizi (sei punti appena persi nel primo set), che hanno tenuto bordone alle iniziative dell’olandese. Nel tie break, recuperata lucidità, si è visto subito che Sinner era pronto ad andarsene. È partito da 0-2, ma ha risucchiato Griekspoor come in un vortice. Lo ha affiancato e piantato in asso, 5-2, prima di concedere ancora un punto e chiudere 7-3 in 52 minuti.

L’annuncio di che cosa sarebbe accaduto nella seconda frazione della sfida è apparso chiaro, l’ha colto al volo lo stesso olandese. In questa Sinner ha straripato, lasciando a Tallon appena un game, simulacro di un match sacrificato sull’altare del “vorrei ma non posso”. Sul proprio servizio Jannik ha lasciato solo un punto (il primo del terzo game, al quale ha reagito rabbioso con tre ace dei nove firmati lungo l’incontro) e sui primi due servizi dell’olandese gliene ha concessi appena altri tre.

La Davis conferma le impressioni delle Finals. C’era un Sinner, ora ce n’è un altro. Per batterlo lo devi tramortire. Ce l’ha fatta Djokovic, dall’alto di una finale a Torino giocata in modo perfetto, gli altri, tutti, si sono dovuti far da parte, da Alcaraz a Medvedev (tre volte, ormai è storia) passando per Tsitsipas, Rublev e Rune. Griekspoor, seppure numero 23, non aveva i requisiti per impensierire questo Sinner. Il gran balzo compiuto in questo finale di stagione, permette a Jannik di proporsi in panni che non conoscevamo e non gli avevamo mai visto addosso. L’abbiamo visto divertirsi in campo, e con la tensione che gira in Davis non è mai cosa facile. E soprattutto avere sempre una risposta pronta a qualsiasi tentativo degli avversari.

E siamo al primo match. Ben giocato da Matteo Arnaldi, e alla fine sfuggito per un nulla. Ma in quel nulla, evidenziato dalla scelta di una sciocca smorzata sul secondo match point (ne ha avuti tre, tutti nel tie break finale, sul 6-4, 6-5 e sul 7-6), c’è ancora un bel tragitto da compiere. Matteo ha qualità, è un grande agonista, ed è coraggioso. Lo si è visto quando è risalito dall’1-3 nel terzo set fino a iscriversi al tie break. È in Top 100 da cinque mesi, già al numero 44. E questo gli fa onore. Ma deve ancora completare la propria crescita.

In tempi di pronostici, la gran parte su Sinner (sarà numero uno, vincerà uno Slam già nel 2024) ne tento uno anch’io… Non so come finirà l’attuale edizione della Coppa, ma questa squadra in azzurro, se riavrà il Berrettini che conosciamo, di Davis ne vincerà fino a esserne sazi.

Daniele Azzolini

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