Strane dichiarazioni, quelle di Jannik Sinner, in conferenza stampa dopo la sconfitta contro Novak Djokovic nella semifinale di Wimbledon.
Piene di orgoglio, certo, ma francamente prive, forse perchè fatte a caldo, di una logica. E anche certi addetti ai lavori, per non parlare dei tifosi ultras (il male di Sinner, ma su questo torneremo più avanti), che fanno salti mortali con le parole per dare ragione a Jannik, evidentemente non hanno nemmeno loro la lucidità sufficiente, per le ragioni più disparate, per analizzare con sufficiente serenità la partita di ieri.
Sinner sostiene di essere stato più vicino a Djokovic rispetto all’anno scorso, quando perse in cinque set ed era andato avanti di due set. Si può dire che c’è stato più equilibrio in una partita finita 3-0 piuttosto che in una finita 3-2? Per chi vi scrive, mai al mondo, ma Jannik sostiene che il livello è stato più alto per entrambi e che il match si è deciso “su dieci punti”.
Ecco, qualcuno dica a Sinner che dieci punti, nel tennis, sono tutt’altro che pochi, ma quello che si è visto dal di fuori è che il livello è stato più vicino tra i due semplicemente perchè Djokovic, al contrario dello scorso anno, ha subito messo la partita sui binari giusti, non sorpreso più come successo nel 2022, e che una volta messo il pilota automatico (perchè sì, ieri Djokovic ha giocato col pilota automatico), tanto è bastato per portarsi in sicurezza la nona finale a casa.
Djokovic non ha avuto minimamente bisogno di tirare fuori il suo miglior tennis, il suo tennis cattivo, quello che invece dovette tirare fuori lo scorso anno, appunto.
I ritmi erano talmente bassi che Nole faceva quello che voleva, perchè a quei ritmi è semplicemente imbattibile. Sinner, quando cercava di aumentarlo, il ritmo, il più delle volte sbagliava, mandando dritti fuori e a rete in quantità, ben 22 (numero altino).
La partita, infatti, è stata di una noia invereconda fino al terzo set. Terzo set nel quale (particolare scomparso dalle cronaca), Djokovic ha avuto tre palle e uno 0-40 per brekkare e chiudere il match ben prima del tie break, ma lì si è distratto e ha sprecato almeno una palla nitida per finire la questione.
Le cronache però ci riportano le sei palle break sprecate da Jannik (percentuale di realizzazione scesa al 30% dopo Parigi, molto male) e dei vantaggi sprecati per allungare una partita comunque già segnata. Djokovic, e quel fa da quando è diventato RoboNole, semplicemente si “setta” sul livello dell’avversario, si culla sul suo gioco, conscio del fatto che lui, comunque vada, lo sa fare meglio. Ieri Sinner non reggeva lo scambio con l’acceleratore messo al minimo: come poteva, in caso, reggerlo nel caso in cui il serbo avesse deciso di aumentare i giri del motore? Non si sa.
In pochi si aspettavano davvero che Sinner riuscisse a battere Djokovic a Wimbledon, ma in molti si aspettavano certamente più partita. Jannik doveva provarci di più forse, rischiare di più, osare di più o quantomeno dare la sensazione di provarci davvero.
Ma questo, e qui torniamo ai tifosi, non importa poi molto ai suoi ultras, di “Carota Boys” in poi, sempre pronti a giustificare il proprio idolo (“ha perso contro il più grande”, “deve imparare”, “imparerà”, “è giovane”), e fin qui non c’è niente di male.
Non bello, invece, attaccare e offendere chi cerca di analizzare le prestazioni e i tornei di Sinner senza il bandierone italico attaccato dietro. Chi dice che ieri è stato un Djokovic deluxe, al massimo, una prestazione altissima, vuol dire aver dimenticato cosa è capace di fare Nole. Un serbo così spaziale da vincere il primo set con il 50% di prime, 46% nel terzo. Si parla anche di un rating di 9 di punti realizzati dal serbo col dritto, rispetto agli 8 delle partite realizzate: al ritmo di ieri, strano anzi che non sia stato un 10, difficile fare un 9 quando dovevi rispondere alle bordate di Hurkacz, lui si che ha messo davvero in difficoltà Nole.
Chi parla, poi, di partita alla pari, dopo un 3-0 tra sbadigli e non certo grande gioco, non solo insulta l’intelligenza di chi vede questo sport da anni, ma non fa bene a Sinner. Che magari qualche volta avrebbe anche bisogno di essere criticato da chi di dovere, invece di essere sempre difeso comunque e dovunque. Ma tant’è.
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