Ottavi di finale
[1] C. Alcaraz b. M. Berrettini 3-6 6-3 6-3 6-3
[6] H. Rune b. [21] G. Dimitrov 3-6 7-6(6) 7-6(4) 6-3
[3] D. Medvedev b. J. Lehecka 6-4 6-2 rit.
C. Eubanks b. [5] S. Tsitsipas 3-6 7-6(4) 3-6 6-4 6-4
[2] N. Djokovic b. [17] H. Hurkacz 7-6(6) 7-6(6) 5-7 6-4
Occorre subito dire una cosa, in maniera chiara e inequivocabile: se a inizio torneo a Matteo avessero detto “Ti fermi agli ottavi contro Alcaraz, dopo avere giocato una buona partita sul Centrale”, probabilmente lui stesso non ci avrebbe creduto.
E nemmeno noi: Matteo nemmeno pensava di riuscire a giocare questo torneo, non era nemmeno pronto ma si è detto che era davvero tanto, troppo tempo che stava fuori da tutto, che gli mancava il campo, la competizione, l’adrenalina. Il tennis. E ha sperato che questo posto, che ama tanto, gli desse quella spinta per tornare a essere un giocatore. Ed è successo, questo è il vero miracolo. È successo malgrado un tabellone non semplice, la fiducia sotto le scarpe, la forma a dir poco precaria.
Oggi giocava contro il numero uno del mondo, quell’Alcaraz che ha già vinto uno Slam e che però l’altro giorno contro Jarry era apparso non brillantissimo. Ma si sa, i campioni alzano il livello quando serve: e così Carlitos accusa il primo set non riuscendo ad essere incisivo nei momenti importanti, con un Berrettini che ci crede, che se la gode, che non riesce a servire come contro Zverev (anche perché di là c’è un avversario che risponde decisamente meglio) ma che non ha nulla da perdere ed è all’ottavo game che si prende break e set.
E come il campione che è, lo spagnolo inizia a rispondere e servire meglio, a leggere in maniera lucida i colpi di Matteo, che soffre un naturale calo di tensione che fondamentalmente spaccherà in due la partita: la porterà verso binari “naturali”, quelli di un Alcaraz che arriva ovunque, che ha molte più armi, che si muove in una maniera irreale, che inizia a “volare” letteralmente sul campo aumentando i vincenti e non sbagliando praticamente più.
L’unica strategia possibile sarebbe quella di farlo giocare male, in alcuni frangenti delicati del match, ma non fa parte delle possibilità di gioco di Berrettini, che è uno che cerca di accorciarlo, invece, il gioco.
Finisce come da pronostico, in quattro set che servono allo spagnolo per avanzare ai quarti di finale ai Championships per la prima volta in carriera, a Matteo per ritrovare se stesso e proporsi di rimanere in salute per continuare a giocare partite di alto livello come questa. Perché è questo il suo livello.
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