Internazionali di Roma: non esistono più le mezze stagioni

Piove sulle gradinate gremite di tifosi, sui loro cappellini colorati e sui campi fulgenti

Piove su Roma, dalle nuvole sparse sopra il Foro Italico. Piove sulle gradinate gremite di tifosi, sui loro cappellini colorati e sui campi fulgenti. Piove sulla favola bella del giovane ussaro Marozsàn riuscito quasi a issarsi sul tetto del primo Master 1000 della carriera.

Piove purtroppo anche sui giovani azzurri che un po’ ci avevano illuso. In verità la pioggia che ha colpito l’Italia in questa ultima settimana non ha niente di poetico. Ha portato con sé dolore e devastazione colpendo dritto al cuore la penisola. Per fortuna a Roma si sono verificati solo disagi provocati da un maltempo decisamente insolito per la capitale che ha colto di sorpresa anche gli organizzatori degli Internazionali. Insieme alla pioggia imprevista sono scivolati via uno dopo l’altro anche i grandi favoriti del tennis.

La sconfitta a sorpresa di Alcaraz è stata la più eclatante. Qualificati alla riscossa potremmo dire: oltre al giovane ungherese Marozsàn, i lucky loser come Hanfamann, Struff e Altmaier stanno imperversando nelle fasi finali dei Master 1000 anche se il giovane ungherese, battendo a Roma Carlos Alcaraz, si è aggiudicato di diritto l’impresa dell’anno. Una vittoria meritatissima per il giovane magiaro Fabian, talmente sorprendente da far dimenticare per un po’ anche la pioggia dispettosa che ha continuato a stravolgere i programmi della kermesse.

A farne le spese per una curiosa coincidenza i nostri due Lorenzo: una volta interrotti entrambi i match, quello di Musetti contro Tiafoe e quello di Sonego contro Tsitsipas, i due azzurri sono caduti entrambi il giorno seguente per mano del greco al termine di una interminabile giornata uggiosa. La pioggia che cade incessante col suo crepitio si è poi mescolata alle critiche piovute su Jannik Sinner dopo la sconfitta con Cerundolo. L’altoatesino viene esaltato o contestato senza clemenza a ogni risultato, senza voler considerare che i giocatori non possono crescere e maturare con gli stessi tempi.

Ma è tutta colpa di questa pioggia che ha finito col diffondere ovunque il malumore e il nervosismo, contagiando anche i giocatori costretti a interrompere di continuo i match. Non tutti gli atleti però sono meteoropatici. A dire il vero Holger Rune non è sembrato farsi condizionare molto dal meteo perché agitato in campo lo è spesso e volentieri: che splenda il sole o diluvi, un siparietto con il giudice di sedia di turno Holger non se lo lascia mai scappare.

A Roma il bersaglio è stato il giudice di sedia Layhani, reo di aver chiamato buona una palla fuori. Molto polemico e nervoso anche Nole con il proprio angolo mentre il danese rampante lo prendeva a pallate. Campi pesanti e tanta umidità non hanno invece fermato la corsa di Medvedev che nonostante la poca predilezione per la superficie di gioco è riuscito ad adattarsi bene alla terra rossa romana.

La semifinale contro il greco Tsitsipas, con il quale il russo non si parla dalla lite a Miami nel 2018, si è conclusa dopo una lunghissima agonia fatta di numerose interruzioni per la pioggia. Miglior sorte era toccata all’altra semifinale tra i vichinghi Ruud e Rune che è riuscita a giocarsi interamente dando vita a un agguerrito match, degno della mai sopita rivalità tra i cugini scandinavi.

Dopo l’ingestibile sabato delle semifinali il sole è sembrato tornare a riprendersi la scena per il match conclusivo ma un’ora prima dell’incontro ecco apparire di nuovo all’orizzonte minacciosi nuvoloni grigi gonfi di pioggia per l’ultimo temporale. Come la pioggia incessante, fuori da ogni previsione è stata la vittoria di Daniil Medvedev che chiude questa lunga edizione degli Internazionali nata indubbiamente sotto una cattiva stella, almeno per quanto riguarda il meteo.

La pioggia ha complicato l’organizzazione, mandato in tilt i programmi, ostacolato la gestione dei servizi e messo in difficoltà gli atleti. Nonostante questo il pubblico del Foro Italico ha seguito con una devozione ammirevole i propri beniamini. Non ha risparmiato applausi e incitamenti da sotto gli impermeabili e i cappellini fradici, ha pazientato sotto l’acqua e non ha abbandonato gli spalti neppure in orari proibitivi.

Come nella lirica più famosa di D’Annunzio, una pioggia improvvisa insegna a recepire quanto di istruttivo si possa celare dietro ogni singola vicenda, soprattutto se poco piacevole. Anche stavolta il pubblico ha superato la prova a cui era stato chiamato e non merita che questa esperienza venga sprecata. In fondo si narra che la pioggia sia stata inventata affinché l’uomo potesse finalmente sentirsi felice sotto un tetto.

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