La WTA tornerà in Cina. Il CEO Simon sul caso Peng: necessario un cambio, così non ci ascoltano

La notizia era, a voler essere chiari, nell’aria già dalla fine della scorsa stagione ma ora c’è l’ufficialità: dopo 16 mesi terminerà il boicottaggio della WTA ai tornei in Cina causato dal caso che ha visto coinvolta Shuai Peng.

Un passo indietro pesante, da un punto di vista morale, per tutto quello che il CEO Steve Simon aveva dichiarato nei primi mesi in cui era scoppiato un caso divenuto di respiro internazionale a seguito delle accuse di violenza sessuale mosse dalla ormai ex tennista cinese contro un alto funzionario del governo.

Il primo a fare parola, per dovere di cronaca, fu il giornalista statunitense Jon Wertheim quando, a seguito anche del fallimento da parte dell’associazione femminile di costruire una situazione che potesse contrastare la chiara perdita economica causata dai mancati introiti dei tantissimi tornei in Cina, alla fine il braccio di ferro doveva sciogliersi e per la WTA non c’era grande via di uscita se non fare retromarcia.

Le voci, poi, sono proseguite lungo tutti i primi mesi del 2023. La WTA aveva comunicato che avrebbe atteso non più tardi di marzo per presentare il calendario di fine stagione, ma i tempi che si sono allungati e le scarne comuniazioni ricevute facevano intuire che bollisse qualcosa di pesante in pentola. Nemmeno il recente accordo con CVC ha di fatto cambiato lo scenario: la forte dipendenza economica costruita negli anni con un mercato che ha speso tanto, ma ha avuto risultati altalenanti a livello di pubblico, ha inciso tanto. Non è difficile da pensare, inoltre, che per interrompere i contratti in essere (soprattutto con la città di Shenzhen, che nel 2018 si era fatta carico delle Finals dal 2019 al 2028, poi prolungando fino al 2030 per recuperare le due edizioni perse col covid proprio un mese prima che scoppiasse il caso Peng) ci fossero clausole altamente proibitive per una azienza che ha perso tanto, a livello economico, con l’arrivo della pandemia e la difficile ripresa fino a trovarsi in grosse difficoltà economiche e dovendo addirittura pagare di tasca propria i montepremi delle Finals 2021 (a Guadalajara) e 2022 (a Fort Worth, come detto).

Le ambizioni di Simon, che nel 2021 era in prima linea a difesa della sua giocatrice, sono svanite. In alcune frasi comparse sul sito della BBC, il capo della WTA spiega: “Continuare con la stessa strategia non ha senso ed è necessario un approccio diverso. Dopo 16 mesi, abbiamo capito che le nostre richieste non saranno accolte”. Il riferimento è alla posizione dura mantenuta fino a poco tempo fa sul volere una inchiesta trasparente al governo cinese, che ha sempre fatto muro e ha gestito il caso in maniera molto particolare. Peng, dal giorno delle sue accuse esposte via social, è di fatto sparita dalla scena pubblica. Il suo nome cancellato dalla federazione cinese, lei irrintracciabile se non per piccoli momenti in cui i funzionari cinesi la facevano apparire in situazioni poco chiare, che non fugavano alcun dubbio. La WTA chiedeva di poter incontrare la sua giocatrice, di parlarle di persona per accertarsi che fosse tutto ok, ma non solo non ha mai ottenuto questa chance ma ora sembra assai improbabile qualcosa possa cambiare.

Sempre Simon: “La grande maggioranza delle giocatrici voleva tornare in Cina. Abbiamo atlete che vengono da 80 paesi diversi, per cui c’erano diverse opinioni, ma la grande maggioranza di queste voleva tornassimo lì”. Poi: “Abbiamo ottenuto alcune rassicurazioni che Peng stia bene, sia a Pechino con la sua famiglia” ma di fatto non hanno mai parlato di persona con la giocatrice. “Abbiamo ricevuto inoltre rassicurazioni” continua “che non ci saranno problemi con le nostre giocatrici e spero abbiamo ricevuto buona considerazione per la nostra posizione presa”.

Chiudendo, il CEO ha rimarcato ancora la posizione a difesa della sua giocatrice, aggiungendo che un ritorno in Cina non chiuderà le porte alla speranza che la situazione possa in qualche modo cambiare e possano loro rivedere Peng.

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