Il caso-doping che vede coinvolta Simona Halep è stato un discreto shock per tutti.
È il nome più “pesante” che sia finito sotto questa ghigliottina dai tempi di Maria Sharapova, e diverse circostanze in qualche modo ricordano quello che la russa poteva subire nel caso fosse finita di fronte a un tribunale indipendente.
Per il regolamento della ITIA (International Tennis Integrity Agency), che fa capo alla WADA (World Anti Doping Association) si va da un minimo di una reprimenda a un massimo di quattro anni, dove in mezzo passano tante sfumature e condizioni. È bene però precisare una cosa: sebbene Halep abbia specificato nel suo comunicato che la quantità rilevata sia estremamente bassa, questo purtroppo non significa granché a livello giuridico. Per il manuale, infatti, qualsiasi quantità rivelata nel ‘Campione A’ delle sue analisi è considerata a tutti gli effetti una violazione del regolamento anti-doping.
È diritto di ogni atleta chiedere il riesame, e su questo ora lavoreranno nel laboratorio dove è presente il ‘Campione B’ delle stesse analisi effettuate durante lo US Open passato. Il fatto che sia stato un controllo ‘In-Competition’ in qualche modo aggraverebbe la posizione della ex numero 1 del mondo. Il condizionale fin qui è obbligo perché se il ‘Campione B’ non dovesse mostrare tracce di Roxadustat, il farmaco che ha fatto risultare positivo il ‘Campione A’, allora Halep sarebbe libera e verrebbero cancellate le varie ipotesi di squalifica. Nella malaugurata ipotesi che il ‘Campione B’ confermi quanto ottenuto nel primo caso, allora Halep riceverà una notifica e avrà un breve lasso di tempo per motivare l’eventuale presenza della sostanza nel corpo e/o ammettere la propria positività per poter usufruire al momento della sentenza di un anno di riduzione della pena (indipendentemente che sia stato un atto volontario o meno). Nel caso comunque voglia dimostrare la sua posizione pulita, come traspariva dal comunicato, allora si giocherà tutto in un tribunale indipendente.
Questa espressione che ritorna, i ‘quattro anni di stop’, nasce dal fatto che è la prima violazione doping della rumena. Quando Sharapova ricevette la notifica di positività si parlò anche lì di possibili quattro anni proprio per la stessa ragione, nell’eventualità in cui venisse riconosciuta la volontarietà dell’atleta nell’assunzione del farmaco proibito. Nel comunicato pubblicato ieri si parla di ‘Prohibited Substance without valid TUE’ (‘Sostanza proibita senza una valida esenzione medica’). L’uso delle parole, in base anche a quanto racconta il regolamento, è fondamentale. L’espressione ‘Prohibited Substance’ si ritrova infatti nei punti più delicati del capitolo su eventuali conseguenze e pene. Si dice nel punto 10.2:
“The period of Ineligibility imposed for an Anti-Doping Rule Violation under Article 2.1, 2.2 or 2.6 that is the Player’s or other Person’s first doping offence will be as follows, subject to potential elimination, reduction, or suspension pursuant to Article 10.5, 10.6, or 10.7.
10.2.1 […] the period of Ineligibility will be four years:
10.2.1.1 where the Anti-Doping Rule Violation does not involve a Specified Substance or a Specified Method, unless the Player or other Person establishes that the Anti-Doping Rule Violation was not intentional”
Tradotto: Il periodo di ineleggibilità imposto per una violazione del regolamento antidoping 2.1 (quello che interessa Halep) sarà come segue, soggetto a potenziale eliminazione, riduzione o sospensione, di quattro anni quando la violazione del regolamento anti-doping non vede involto una Sostanza Specificata o un Metodo Specificato, a meno che il giocatore o la persona stabilisce che la violazione sia stata non intenzionale.
Il Roxadustat, farmaco che combatte l’anemia e autorizzato in Europa dall’EMA, viene indicato, di nuovo, come ‘Prohibited Substance’ per cui nell’eventualità in cui Halep deciderà di andare a processo per difendersi saprà che i quattro anni di squalifica sono una possibilità reale e anzi sarà probabilmente la base dell’accusa nei suoi confronti. In base a come evolverà la situazione, in questo scenario, la pena può scendere a due anni se il giudice riconoscerà la non volontarietà dell’assunzione (ovvero se non è stata fatta con l’intento di migliorarne le prestazioni sportive). C’è anche un punto extra che potrebbe addirittura peggiorare la sua posizione: la possibilità che il giudice riconosca un’aggravante, e che decida di aumentare la squalifica fino a un massimo di due anni extra. Riuscisse a dimostrare la sua innocenza o negligenza, uscirebbe pulita.
Da quei quattro o due anni di stop, nel caso venisse riconosciuta colpevole, ci potrebbe essere la possibilità di uno sconto di pena al di là di quell’anno di riduzione indicato nel caso in cui Halep accetti la possibilità di aver infranto il regolamento (difficile visti i toni con cui si esprimeva nel comunicato). Siamo nel campo della riduzione per ‘No Significant Fault or Negligence’ (‘Nessuna colpa significativa o Negligenza’) e la soluzione prevede uno sconto del 50% della pena inflitta. Nel caso di squalifica a vita, anche se non sembrano qui esserci le circostanze, si tratterebbe di uno sconto di otto anni.
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