Doveva essere questo l’ultimo anno della carriera di Alizé Cornet, con la francese che già da un po’ di tempo stava meditando su quando davvero sarebbe dovuto arrivare il momento di appendere la racchetta al chiodo e salutare la compagnia.
Non aveva mai espresso una data vera, e forse la pausa del circuito ha rimescolato i suoi pensieri. Forse a fine 2020, probabilmente a fine 2021, poi la scelta sembrava essere ricaduta sul 2022. E lì essere rimasta.
A inizio stagione la francese qua e là lasciava trasparire che una decisione in cuor suo fosse presa e che volesse arrivare in fondo all’annata per prendersi un piccolo ma significativo record personale: il numero di Slam consecutivi a cui ha preso parte in carriera, giunto oggi a 63, superando quello della giapponese Ai Sugiyama che reggeva a 62 e venne solo sfiorato dalla nostra Francesca Schiavone, fermatasi invece a 61 (anche a causa di una wild card che Tennis Australia preferì dare alle sue giovani atlete, come ormai politica Slam conclamata). Il fatto è, a fine agosto, che non solo Cornet ha giocato questi tornei con grande spirito ma ha sconfitto campionesse Slam in ognuno di essi. All’Australian Open caddero Garbine Muguruza e Simona Halep, a Parigi Aljona Ostapenko, a Wimbledon fu colei che stoppò Iga Swiatek dopo 37 vittorie consecutive, e oggi sul Louis Armstrong di New York ha sconfitto la campionessa del 2021 Emma Raducanu, tra queste forse la vittima più “scontata” proprio per quanto diverse siano state le annate di entrambe.
La britannica un anno fa qui viveva qualcosa di unico nel suo genere. Impossibile pensare che ci possa essere, almeno a breve, una ragazzina praticamente senza esperienza nel circuito maggiore che possa partire dalle qualificazioni e vincere 10 partite senza perdere set arrivando fino a prendere tra le mani il trofeo. Però quanto ne è seguito è un percorso che è stato da subito molto complicato. Ritrovarsi campionessa Slam senza alcuna esperienza di come affrontare il circuito è così raro che ha dovuto sperimentarlo sulla sua pelle senza avere punti di riferimento. E per come ha affrontato questa fase la bocciatura odierna era quasi annunciata. Il 6-3 6-3 che ha sancito la vittoria della francese è maturato soprattutto perché Emma non aveva modo di affrontare una partita dove doveva avere tanta pazienza e voglia di sacrificarsi, che sono forse due punti venuti maggiormente a meno nel corso di questa stagione. La gestione post trionfo è stata abbastanza discutibile, lasciando stare le vicende extra campo e la quantità di sponsor che si sono tuffati su di lei. Oggi in tribuna c’era di nuovo Dmitry Tursunov, lo stesso Tursunov che a novembre dello scorso anno affermava che non avrebbe mai allenato Raducanu perché era un ruolo che non avrebbe retto a lungo: “Se ora qualcuno del suo team mi chiamasse proponendomi di lavorare con lei, tremerei di paura perché non saprei quanto tempo possa passare prima di essere licenziato”.
L’approccio di Raducanu al 2022 è stato forse troppo leggero, almeno come è apparso da fuori. Ci sono stati tanti problemi fisici che non le hanno mai dato modo di avere una buona condizione per un lungo periodo, ma lei stessa sembrava non avere spinta nelle proprie ambizioni sostenendo che potrebbe anche perdere tutte le partite ma la sua annata sarebbe comunque positiva. Pareva a tratti un modo per allontanare la pressione, come a dire: “facciamo questo primo anno nel circuito e cominciamo a costruire da qui”. Il problema è che se da un lato voleva schivare le questioni più delicate (anche qui a New York ha detto che di fatto il concetto di campionessa uscente non esiste, è solo un’invenzione della stampa) dall’altro sembrava un po’ cullarsi troppo in una bolla tutta sua. E qui arrivano anche le dinamiche molto caotiche coi suoi allenatori, perché da Wimbledon/US Open dello scorso anno, per varie ragioni, ne sono cambiati tanti. Sembra dietro ci sia la volontà del padre, ma i vari cambi molto ravvicinati non hanno mai contribuito a dare una linea di lavoro a Raducanu che di fatto si è bloccata nel gioco e ha perso quella brillantezza vista su questi campi un anno fa.
Oggi non aveva abbastanza agonismo da contrapporre a una francese molto carica. E non c’era da aspettarsi nulla di diverso, da Cornet. La solita, sportivamente parlando, animale da gara che vive la competizione ancora in maniera eccellente e per batterla serve una prestazione di spessore. Tutto quello che Raducanu ora non ha e non poteva inventarsi qualcosa una volta che la partita si è instradata su certi binari. È parsa, la britannica, a tratti molto superficiale. Cornet reggeva il braccio di ferro da fondo campo ed era sempre quella a provare qualcosa in più che, a inizio partita soprattutto, si traduceva in discese a rete per concludere prima i punti e poi è divenuto un mix tra questo e palle corte e lob perfetti. Raducanu di contro aveva poco da proporre, se non qualche lampo da fondo verso i lungolinea. Il fatto è anche che Cornet si muove troppo bene riuscendo a coprire il campo con facilità e costringendola anche a dare più di quello che serve normalmente.
La partita è stata caratterizzata da sali e scendi per entrambe, ma il primo passaggio chiave è arrivato quando la francese dal 4-2 e servizio, 30-0, si è ritrovata con l’avversaria sul 3-4 e 40-15 al servizio. Prima un errore di dritto di Raducanu, poi una delle magie di Cornet della serata che ha fatto muro su un tracciante della britannica per poi lanciarsi a sinistra e creare un lob a una mano, in allungo, che è risultato perfetto. Sul 40-40 è stata, Emma, la prima a cedere nel lungo braccio di ferro da fondo e sulla palla break è arrivato il primo doppio fallo della sua partita. Nel secondo set la campionessa uscente ha avuto una partenza migliore, trovandosi avanti 3-1, ma di nuovo alla lunga è crollata fino a subire cinque game consecutivi.
La magia del 2021 è finita. La fluidità dei colpi di quelle tre settimane da sogno è sparita, e lo si era visto già da un po’ di tempo. Oggi per lei è la fine di un anno importante, pesante, e che ha provato fino alla fine a viverlo con quanta più leggerezza possibile. Ripartirà ora dentro la top-100 (nemmeno così scontato fino a giugno) e se non altro ha messo un punto su questo primo capitolo della sua carriera. C’è molto da lavorare, questo sì. Cornet invece, dopo aver centrato a Melbourne i primi quarti di finale Slam in carriera, ha portato avanti un’annata speciale nei Major dimostrando di essere ancora competitiva e di rappresentare sempre una giocatrice molto fastidiosa per chi come Raducanu non gode di un momento particolarmente felice. Tutte queste situazioni l’hanno anche portata a rivedere, ancora una volta, i suoi piani di addio. Proprio alla vigilia di questo US Open, infatti, ha detto che a questo punto sta guardando un po’ più in là e l’obiettivo (a questo punto forse molto logico) è quello di arrivare a Parigi 2023, che oltre a essere lo Slam di casa è anche il luogo dove lei si fece conoscere al grande pubblico per la prima volta a 15 anni quando passò un turno nel tabellone principale.
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