Già qualche giorno fa Anastasia Pavlyuchenkova, tennista russa attualmente numero 14 del mondo, si era espressa con un lungo messaggio sul proprio profilo Instagram mettendosi contro la guerra scatenata dal proprio paese.
Stavolta, da numero 1 del tennis femminile russo, ha preso una responsabilità ancor più grande decidendo di apparire in pubblico e parlare della questione. Non in un contesto qualunque, ma alla CNN, network statunitense tra l’altro abbastanza incline alla sfera democratica.
Con tutti i contrasti storici e recenti tra Stati Uniti e Russia, il gesto di Pavlyuchenkova assume ancor più valore non tanto verso il mondo occidentale quanto al cospetto del proprio paese. Il momento è quantomai delicato, la Russia sta cercando di nascondere atti barbarici compiuti in territorio ucraino e solo ieri funzionari governativi del Cremlino negavano spudoratamente di aver preso di mira civili quando innumerevoli video, testimonianze e report ufficiali confermavano missili contro ospedali, negozi, scuole, asili, palazzoni residenziali con ingenti perdite di civili.
L’Ucraina, da questo punto di vista, ha presentato esposto al tribunale per i crimini di guerra e ieri ha avuto informazione che si terrà un’udienza tra il 7 e l’8 marzo. Nel frattempo, sul suo territorio continuano le violenze e Pavlyuchenkova, come tanti, si sente in qualche modo colpevole di qualcosa che non ha mai voluto. Così, riprendendo buona parte di quel suo comunicato su Instagram e Twitter, la russa ha dichiarato alla CNN: “Ho veramente paura, sono confusa… posso soltanto parlare e far sapere cosa penso. Posso solo sperare che molti altri atleti possano fare lo stesso sulla questione. Non sono un politico, sono solo una donna che gioca a tennis a livello professionistico. Voglio soltanto dire la mia, cercare di far valere la mia opinione. Non voglio la violenza… Noi vogliamo pace e amore, vogliamo che la guerra finisca. Ora ho paura del mio futuro, dobbiamo pensare ugualmente ai nostri figli, al loro futuro. Non voglio essere egoista e parlare della mia carriera, lo sport e il tennis non c’entrano nulla. Qui si tratta solo del nostro futuro e delle nostre vite”.
Per cercare di far capire il contesto e la magnitudine di questo intervento, in un villaggio russo a sud dell’Oblast di Rostov un uomo di 47 anni, Alexei Stefanov, era inorridito dall’intervento militare in Ucraina e, ancor di più, quando il giorno seguente a lavoro ha avuto di fronte a sé tanti colleghi che esultavano e attaccavano gli ucraini, definiti ‘nazisti’. La sera ha scritto un lungo post su una sua pagina social lamentando l’errore clamoroso fatto dal proprio paese, parlando di “orrore e vergogna” e di conseguenze drammatiche per il suo paese.
Il giorno dopo a lavoro è stato minacciato di essere cacciato via non avesse tolto quel messaggio. Ha firmato una lettera di dimissioni e, tornato a casa, ha ricevuto la visita di tre poliziotti che lo hanno arrestato per mancanza di rispetto verso la società. Questo venerdì si terrà la sua udienza e teme possa arrivare anche qualche atto di accusa di più grave. In un paese, la Russia, in cui si stanno rigirando molte delle comunicazioni che arrivano dall’occidente e le vari sanzioni ricevute fin qui, per i mezzi di comunicazione, sarebbero un messaggio di odio che dimostra come l’intervento pacificatore nelle repubbliche separatiste del Donbass sia doveroso e ogni escalation ulteriore sia causata dagli altri.
Anche per quest’ala voce di Pavlyuchenkova risuona forte. Non tanto per noi, che non viviamo in un contesto simile, quanto per i possibili rischi a cui si sta esponendo nel suo paese.
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