La partita tra il governo australiano e Novak Djokovic è arrivata al decisivo tie-break: il ministro dell’Immigrazione, Alex Hawke, ha nuovamente annullato il visto di lavoro al 34enne campione serbo No-vax e domenica il caso sarà discusso davanti a un tribunale federale.
Il ricorso dei legali di Nole è anche una corsa contro il tempo per permettere al numero uno del mondo si scendere in campo per il primo turno degli Australian Open, al via lunedì, con Djokovic a caccia del decimo trionfo. Per ora hanno ottenuto il congelamento dell’espulsione, a cui si accompagnerebbe anche il divieto per il tennista di rientrare nel Paese per tre anni, ma da domani il loro assistito tornerà in stato di fermo e sarà scortato dalla polizia di frontiera.
Dopo quattro giorni di polemiche, il ministro Hawke ha usato i suoi poteri discrezionali per cancellare il visto di Nole, la cui validità era stata ripristinata da un giudice lunedì scorso. In una nota, ha spiegato di aver agito in base all’articolo 133C (3) della legge sull’immigrazione per tutelare «la salute e l’ordine» nell’interesse pubblico. Il premier Scott Morrison gli ha subito espresso sostegno sottolineando che si sono voluti proteggere i risultati dei sacrifici degli australiani.
Djokovic non è vaccinato ma sostiene di poter esser esentato in quanto aveva contratto il virus il 16 dicembre. Nel compilare la documentazione per il visto, però, aveva mentito sostenendo di non aver viaggiato nei 14 giorni precedenti il suo arrivo in Australia quando invece era stato visto a Montecarlo, in Spagna e in Serbia.
Stavolta il magistrato ha subito ordinato una sospensiva sull’espulsione ma il caso è divenuto ormai di rilevanza internazionale e per questo lo ha deferito a un tribunale federale che lo esaminerà domenica. Già sabato mattina (nella tarda serata italiana di venerdì), Djokovic sarà interrogato dai funzionari dell’immigrazione che gli notificheranno il provvedimento governativo e da quel momento sarà da considerare in stato di fermo.
Il magistrato ha disposto che il team legale del numero uno del tennis mondiale sottoponga appena possibile una dichiarazione giurata, un affidavit con le contestazioni per le motivazioni addotte dal ministro Hawke per annullare il visto. Nel frattempo il governo non dovrà compiere alcun passo per espellere Djokovic.
I legali di ‘Djoker’ hanno subito presentato ricorso e nella tarda serata di Melbourne c’è stata una prima udienza davanti al giudice Anthony Kelly, quello che aveva già revocato l’annullamento del visto una prima volta, lunedì scorso. Stavolta il magistrato ha subito ordinato una sospensiva sull’espulsione ma il caso è divenuto ormai di rilevanza internazionale e per questo lo ha deferito a un tribunale federale che lo esaminerà domenica. Già sabato mattina (nella tarda serata italiana di venerdì), Djokovic sarà interrogato dai funzionari dell’immigrazione che gli notificheranno il provvedimento governativo e da quel momento sarà da considerare in stato di fermo.
Il magistrato ha disposto che il team legale del numero uno del tennis mondiale sottoponga appena possibile una dichiarazione giurata, un affidavit con le contestazioni per le motivazioni addotte dal ministro Hawke per annullare il visto. Nel frattempo il governo non dovrà compiere alcun passo per espellere Djokovic.
Domani il tennista sarà interrogato dai funzionari dell’immigrazione e poi sarà sorvegliato dalle 10 (mezzanotte in Italia) alle 14 da agenti della polizia di frontiera mentre si riunirà con i suoi avvocati. Domenica potrà essere nuovamente trasferito sotto scorta dai suoi legali alle 9 del mattino per poter seguire l’udienza online.
I legali di ‘Nolè hanno ottenuto che la detenzione non avvenisse presso lo studio legale per sottrarre il loro assistito a «un potenziale circo mediatico» ma soprattutto speravano che a decidere fosse lo stesso giudice dello Stato di Victoria, Kelly, anche per accorciare i tempi.
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