[2] D. Medvedev b. [7] C. Ruud 6-4 6-2
Era impensabile che la prima semifinale potesse offrire chissà quale emozione considerato il divario tra i due giocatori che si disputavano l’accesso all’ultimo atto di queste sfortunate Finals torinesi. Daniil Medvedev è da tempo il numero 1 del mondo, qualsiasi cosa ne pensi il computer – che non ne capisce di tennis, come spiegava mastro Tommasi – e per quanto non sarà mai al livello dei tre cannibali la differenza con Casper Ruud, e con chiunque non sia Djokovic verrebbe da dire, è enorme. Medvedev è sgraziato, non si capisce bene come riesca a dare quella forza alla pallina con quei movimenti, il suo tocco non ricorderà mai quello di McEnroe e non ha nemmeno il furore agonistico di Nadal, ma o si batte da solo, come nella finale di Bercy o come ha provato a fare con Sinner una volta annoiatosi, o davvero non si capisce come possa perdere un match. I suoi colpi rimangono sempre dentro e uno dopo l’altro asfissiano l’avversario, che lentamente si sgretola fino a cedere. Ruud poi può anche essere migliorato ma insomma, è uno che è arrivato una volta agli ottavi di finale slam (quest’anno in Australia) e che nei masters 100 ha fatto sì tre semi, ma sulla terra. Anche lui insomma è uno che si è costruito la classifica con una buona scelta di tornei, come si usa dalle nostre parti.
Il primo set è durato 5-6 minuti, fino al 30/0 del terzo game, poi semplicemente Ruud appunto non ha più retto. Con un certa intelligenza il norvegese ha alzato il ritmo del suo tennis, assumendosi rischi insoliti; ma tanto giocando come proveva a fare – e cioè di mera regolarità – a Medvedev poteva batterlo solo annoiandolo. In questo modo Ruud si è salvato dal doppio break ma Medvedev ha dovuto fare i salti mortali a rete per provare a rendere meno noioso il match. C’è riuscito fino ad un certo punto, ma il problema era Ruud, che in risposta una volta arrivava a 40 (da 40/15…) ma le altre quattro metteva insieme la miseria di due punti.
Memore del primo set Ruud ha continuato a forzare la prima e più in generale ha cercato il modo di togliere qualche sicurezza a Medvedv, tenendo alto il ritmo dello scambio. Questo gli riusciva al servizio ma esattamente come nel primo set un po’ di partita si vedeva solo quando Medvedev era in risposta, perché quando batteva Ruud sostanzialmente non la vedeva mai. Il norvegese difendeva con i denti il servizio – aiutato da un sempre più distratto Medvedev che su due palle break consecutive sparacchiava fuori due dritti senza senso – e provava persino un imbarazzante serve and volley su una seconda, ma nel quinto game capitolava tirando un brutto dritto in mezzo alla rete sulla terza palla break di Medvedev. Da lì c’è stato spazio per qualche colpo spettacolare in più, come la risposta che dava al russo la possibilità del doppio break o ancora delle sortite a rete di Ruud, ma nonostante il norvegese ce la mettesse tutta per non abbandonare il match un altro terribile dritto metteva sostanzialmente fine al match. L’ultimo game era buono per le statistiche e poco altro, giocato come se fosse un’esibizione tra palle corte, lob e chiusura addirittura con un altro serve and volley, stavolta di Medvedev.
Nona vittoria di fila alle finals per Medvedev, che ci regala una finale con un chiaro favorito, anche se ovviamente sarà tutta un’altra partita, Djokovic o Zverev che siano. C’è solo da sperare che non si stanchino troppo stasera, altrimenti si rischia di non avere nemmeno una partita decente.
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