La situazione è abbastanza semplice, e lo diciamo con soltanto una piccola percentuale di esagerazione: chiunque vincerà l’edizione 2021 del Roland Garros sarà probabilmente la campionessa Slam più inattesa di sempre.
Forse con Anastasia Pavlyuchenkova ci si può aggrappare, per così dire, al grande talento che ha manifestato fin. da quando aveva 15 anni, fin da quando a 17 arrivava in semifinale a Indian Wells ed era ormai in top-20. Per Barbora Krejcikova, invece, siamo di fronte a qualcosa di quasi unico.
La finale Slam più inattesa si giocherà tra la numero 32 e la numero 33 del mondo, entrambe in un ottimo momento come risultati e al punto più alto della loro carriera in un torneo di questa portata. Se per la russa sembra possa essere il coronamento della carriera, malgrado poi il 3 luglio farà appena 30 anni, per la ceca è una realtà ancora difficile da immaginare, considerando che il 18 dicembre farà 26 anni ma è appena al quinto tabellone principale di un Major, in singolare. Le difficoltà avute negli anni a emergere dagli ITF sono state importanti. Diverse volte è stata abbastanza vicina all’ingresso in top-100, eppure ha dovuto attendere la fine del 2020, quando proprio a Parigi si spinse fino al quarto turno. Otto mesi più tardi potrebbe anche entrare nella storia del tennis, con la possibilità anche di riuscire nell’impresa di prendersi il titolo in singolare e in doppio con l’ultima giocatrice a riuscirci che fu Mary Pierce nel 2000.
Difficilissimo fare pronostici, anche perché è stato quasi impossibile fin qui capirci qualcosa. Un torneo abbastanza povero di protagoniste attese, dove fin dall’inizio sembrava una cosa a due tra Ashleigh Barty e Iga Swiatek, con magari Cori Gauff a fare da guastafeste, e andato poi crollando giorno dopo giorno. I problemi di Naomi Osaka, il ritiro di Barty, Petra Kvitova che si gira la caviglia dopo una conferenza stampa, Garbine Muguruza che entra in campo ancora coi postumi del problema al piede maturato a Charleston, Kiki Bertens non ancora ripresasi dall’intervento al tendine d’Achille, Bianca Andreescu che non ha ancora necessaria tenuta atletica per i troppi stop. E a lungo andare si sono aggiunti nuovi problemi e nuove debacle delle teste di serie. La parte bassa appariva da subito un problema importante, da quel punto di vista, e di fatti la semifinale è stata tra vere outsiders come Pavlyuchenkova e Zidansek.
In alto Swiatek si è ben comportata finché ha potuto, fermandosi però ai quarti di finale quando i nervi e qualche fastidio fisico le hanno complicato la vita e dove ha pesato anche la mancanza di esperienza e l’essere rimasta l’unica vera favorita, con tutti si aspettavano vincesse il titolo a mani basse. Come anche per Gauff che può esaltarsi atleticamente, ma ha ancora qualche step davanti, con la statunitense che va molto scomposta sulla palla quando si sente senza veri margini di manovra, rischiando spesso il cortocircuito come avvenuto contro Krejcikova.
Barbora si è creata un percorso stupendo: ha fatto fuori la testa di serie numero 32 Ekaterina Alexandrova, la numero 5 Elina Svitolina, la numero 24 Gauff e la numero 17 Maria Sakkari. Due partite vinte al terzo, una clamorosa contro la greca in semifinale, tra le tre ore e 18 e la tensione degli ultimi game dove ha pure annullato match point. Anastasia ha avuto anche lei un 9-7 al terzo set, nei quarti contro Elena Rybakina, e ha eliminato tre teste di serie: la kazaka (numero 21), Sabalenka (numero 3) e Azarenka (numero 15). Ripartire dal fratello Aleksandr, in panchina, ha voluto dire svoltare la stagione e tutta una fase di carriera dove era molto amareggiata e spenta. Durante il primo lockdown si è separata da Sam Sumyk e lo ha fatto con un post dove ammetteva che c’erano dei problemi, e da lì è nato un diverbio e una situazione pesante con l’ex allenatore. In quel periodo di incertezza non era nemmeno a posto fisicamente, con dei guai al ginocchio che la pausa ha accentuato e la quarantena in Australia ha rinforzato, costringendola a giocare molto male nella prima fase del 2021 e prendersi un mese di pausa prima di Madrid. Se in Spagna è arrivata una semifinale importante, qui si è nettamente superata.
I tanti numeri che le due giocatrici offrono sono completamente sbilanciati. Guardiamo per esempio le partite giocate in carriera nel circuito maggiore: Pavlyuchenkova 621 (357 vinte, 264 perse), Krejcikova 74 (44 vinte, 30 perse). La russa vincendo diventerebbe la terza giocatrice più anziana nella WTA a vincere il primo titolo Slam a 29 anni e 345 giorni dietro soltanto a Flavia Pennetta (33 anni e 200 giorni) e Ann Jones (30 anni e 261 giorni). Barbora invece diventerebbe appena la seconda tennista della Repubblica Ceca a vincere il Roland Garros dopo Hana Mandlikova nel 1981, mentre Martina Navratilova (1975), Renata Tomanova (1976), Lucie Safarova (2015) e Marketa Vondrousova (2019) si sono arrese all’ultimo atto.
Pavlyuchenkova vanta 12 titoli in carriera, nessuno sopra il livello WTA 500/Premier. Krejcikova ha vinto il primo trofeo appena due settimane fa a Strasburgo ed è in serie positiva da 11 partite, vincendo addirittura 13 delle ultime 14 dal primo turno a Roma, venendo fermata soltanto negli ottavi in Italia contro Iga Swiatek, pur con due match point a disposizione.
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