B. Krejcikova b. [31] A. Pavlyuchenkova 6-1 2-6 6-4
Era il 1981 quando Hana Mandlikova si imponeva al Roland Garros, diventando la prima (e fino a oggi unica) giocatrice della Repubblica Ceca a trionfare su questo palcoscenico. Martina Navratilova ci riuscì quando già giocava con la bandiera statunitense, dopo aver perso quella nel 1975. Lucie Safarova nel 2015 e Marketa Vondrousova avevano solo potuto passare accanto alla Coppa Suzanne Lenglen. Oggi, 12 luglio 2021, ci è riuscita quella che molto probabilmente era la più inaspettata, la più incredibile e la più improbabile delle varie frecce che ha nell’arco (al femminile) la Repubblica Ceca.
Barbora Krejcikova, che al Roland Garros dell’ottobre 2020 era ancora fuori dalle 100 e doveva ancora giocare il terzo tabellone Slam della sua carriera, oggi chiude il tabellone di singolare con la coppa più importante, vinta in una maniera lodevole perché ha battuto ottime giocatrici annullando alcune delle potenziali favorite alle fasi finali e cancellando un match point nella semifinale thriller contro Maria Sakkari. E oggi, in una partita che non poteva non avere una enorme componente psicologica, è riuscita a prevalere 6-1 2-6 6-4 contro Anastasia Pavlyuchenkova.
Entrambe sono riuscite ad arrivare a questa giornata con vittorie di spessore, ma una volta trovatesi di fronte al trofeo e con la chance di una vita, la tensione e gli sbalzi che una finale Slam così difficile da ipotizzare potesse creare. E così hanno cominciato entrambe tese, colpendo con margine, al centro. Krejcikova ha perso il primo turno di battuta facendo due doppi falli, Pavlyuchenkova ha perso i primi due turni di battuta andando in affanno nel palleggio e dal lato del dritto. La ceca, dal 3-1, ha trovato stabilità e buona efficacia col rovescio, allungando sul 4-1 e concretizzando un nuovo brutto game della russa per andare 5-1 e chiudere il set rientrando con autorità da 0-30. Malgrado il punteggio netto, però, era facilmente prevedibile un cambio di passo. Bastava che Anastasia riuscisse a cambiare passo, scrollarsi di dosso la grande tensione che la stava bloccando, per provare a fare gara al comando. Ha salvato una palla break nel primo game e col passante immediatamente successivo per lo 0-30 ha costruito lei lo spazio per passare avanti, confermando il primo break per il 3-0. Non era ancora fuori dai problemi, ma sul 3-1 reagiva bene a un turno di risposta buttato con soli gratuiti colpendo di rovescio e tenendo il centro del campo, diventando finalmente padrona del gioco e volando sul 5-1.
Il settimo game di questo set ha segnato il resto della finale. Pavlyuchenkova non ha chiuso, Krejcikova ha cominciato ad avere chance e alla quarta occasione ha strappato la battuta alla russa che nell’ultimo movimento in allungo verso sinistra ha sentito tirare il muscolo dell’interno coscia. Il gioco si è fermato per un medical time out, ma di fatto da lì in avanti lei non ha più avuto fluidità e a lungo andare i suoi movimenti in allungo erano molto limitati. Non lo dava realmente a vedere, perché era una finale Slam e nella sua testa c’era la convinzione di portare a termine la partita anche senza una gamba tanto era importante il momento. La dinamica, poi, era tale che avrebbe comunque avuto chance perché Krejcikova doveva a sua volta rispondere ai tanti pensieri e tensioni che un terzo set avrebbe portato.
Barbora si è salvata inizialmente, nel set decisivo, quando ha trovato una importante prima esterna sullo 0-1 1-5 30, per colpire poi le prime risposte profonde da almeno 40 minuti, sistematicamente sul lato del rovescio di Pavlyuchenkova, che è andata in affanno e ha ceduto la battuta. Sul 2-1 Krejcikova non allungava, ma sul 3-3 tornava avanti di un break nuovamente mandando in grande affanno Pavlyuchenkova, che non riusciva stavolta a rientrare e la ceca, in qualche modo, si portava sul 5-3. Il primo momento importante è arrivato subito: 15-40. Sul primo match point la russa ha vinto un bello scambio mentre sul secondo, costretta a una seconda palla, ha fatto l’unica cosa che poteva: mettere un colpo abbastanza carico e profondo, sul rovescio. Risposta fuori, 40-40, e gioco Pavlyuchenkova. Così Krejcikova doveva andare lentamente al minuto e mezzo più lungo della sua carriera, in un cambio campo che per lei non finiva mai e che l’avrebbe portata a servire per il primo Slam in singolare della carriera. Ha trovato una prima importante sul 15-15, è riuscita a tornare 40-15 ma sul primo match point di nuovo la tensione faceva capolino con un doppio fallo. Sul secondo è riuscita a cominciare lo scambio e l’avversaria, alla fine, ha messo lungo il rovescio.
Non ha nemmeno esultato particolarmente, tanto era sommersa da emozioni e sensazioni che aveva provato solo marginalmente in doppio e doppio misto, lì dove comunque aveva già ottenuto cinque successi. E così, a ormai 26 anni, Krejcikova mette insieme le due settimane “della vita” per un trofeo Slam in singolare che solo qualche settimana fa sembrava impossibile da prevedere. E non è finita: se dovesse riuscire a vincere il titolo in doppio, in coppia con Katerina Siniakova contro Iga Swiatek e Bethanie Mattek Sands, completerebbe una doppietta che al Roland Garros si è vista per l’ultima volta nel 2000 con Mary Pierce.
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