All’inizio erano come quattro amici, non al bar ma in un court di tennis, che volevano cambiare il mondo dello sport e a giudicare dai risultati ci sono ampiamente riusciti. Erano destinati a qualcosa in più che a sposare una affascinante modella o a collezionare coppe in una teca di cristallo. Sono riusciti a emozionare per decenni il pubblico tra Master, Slam e Ori Olimpici.
I Fab Four hanno fatto mambassa, accaparrandosi tutti i trofei possibili e immaginabili ma soprattutto l’amore incondizionato del pubblico, per niente annoiato nel vedere sempre i soliti volti gioire per la vittoria dopo epiche battaglie. Poi Andy ha trovato sul suo cammino pesanti infortuni che lo hanno costretto, seppur a malincuore, a separarsi per primo dai tre.
Mentre il tempo passava consacrando sempre più quel trio, Roger, Rafa e Nole oltre al tennis iniziavano a sfruttare la cassa di risonanza degli incredibili successi sportivi per dedicarsi anche ad altro, a progetti umanitari e a diffondere sia i valori che la cultura del tennis in giro per il mondo.
Trascorrono così anni leggendari ma i granelli di sabbia che stanno scivolando via dentro la clessidra del tempo fanno temere che il primato di quei tre ragazzi sia oramai agli sgoccioli. Quando lo scorso anno Roger si è infortunato e lo stop si è procrastinato a causa di una inimmaginabile crisi sanitaria, la sensazione che davvero fosse arrivato l’epilogo avanzava insistente.
Ma le parole di Novak Djokovic dopo la finale degli Internazionali di Roma hanno chiarito a tutti il sentimento che ancora arde e reso perfettamente il senso della situazione che i Big Three stanno vivendo. “Io, Rafa e Roger stiamo reinventando la Next Gen: la Next Gen siamo noi.” Un’affermazione iconica, in cui si racchiudono decenni di un tennis talmente eccezionale che non vuole proprio saperne di farsi scalfire dal tempo. Parole potenti e sincere, ma soprattutto inclusive. Novak include i suoi due storici avversari che, ammattiamolo, lo hanno sempre rispettato ed elogiato ma tenuto anche a debita distanza da quel rapporto esclusivo che li ha sempre legati. Roger e Rafa hanno intonato in questi anni un sontuoso canone inverso, soggetto e controsoggetto senza eguali, una melodia che non prevedeva altro che loro. Nole di contro ci ha abituato ad assoli strabilianti, forte e sicuro di sé, con la libertà e l’autostima che soltanto la solitudine sa regalare.
Questa volta è lui a tendere la mano con simpatia e intelligenza, per richiamare all’appello tutti e tre, uniti contro il tempo e contro giovani avversari che sognano solo di emularli. Nonostante la sconfitta Nole riesce con questo ammonimento a strappare un sorriso a tutti, in particolare a Nadal che dietro la mascherina non può che condividere divertito l’avvertimento del numero 1 ATP rivolto a tutti i giovani talenti.
Perché Roger, che non ha più nulla da dimostrare a nessuno, continua ancora a giocare alla soglia dei quarant’anni nonostante le difficoltà, Rafa non ricorda l’ultimo match in cui ha giocato senza avere un dolore e Nole con la sua incredibile forza mentale supera la fatica di match sempre più estenuanti. Le nuove promesse sono avvisate: finché questi tre longevi campioni continueranno ad avere ancora fame dovranno penare per batterli.
I Big Three sono la Next Gen 2.0 o forse sono semplicemente la generazione dell’età dell’oro del tennis, quella irripetibile, quella che quando si inizia a intravederne il tramonto fa stringere coesi quei tre amici per resistere il più possibile all’assalto di quattro nuovi ragazzini che vogliono provare a cambiare il loro mondo. Per un singolare paradosso solo il tempo avrà la meglio su di loro che sono talento puro senza tempo. Ma poco importa, perché Roger, Rafa e Nole non sono solo una inossidabile Next Gen 2.0, sono già senza saperlo eterno patrimonio dell’Unesco!
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