Il primo di due articoli dove si parla di quello che sarà il destino dello svizzero, ognuno con una propria opinione. Diametralmente opposta.
Partendo dalla banalità dell’”ognuno è libero di fare quello che vuole ed è padrone della propria vita” (utopico, ma non in questo caso), Roger Federer farebbe bene a smeàtterla qui e a ritirarsi.
Anzi, avrebbe dovuto farlo qualche tempo fa. Non troppo, per fortuna, perchè parliamo pur sempre del più grande di tutti, ma dovrebbe salutare per una sorta di rispetto soprattutto verso se stesso. Negare l’evidenza sta diventando, per i grandi sportivi, quasi una consuetudine, più che una rarità.
Ormai in pochissimi smettono quando sono ancora all’apice, quando sono ancora immensi. Sarà paura, questione di sponsor: in fondo, gente come Federer, Nadal, Cristiano Ronaldo, Tiger Woods, Tom Brady, Lebron James, Valentino Rossi, sono delle multinazionali viventi, e staccare la spina di botto, non è così facile. Lo sport, e non lo scopriamo certo ora, è sempre più in simbiosi con il business ad altissimo livello.
Poi si, certo, c’è anche il sentirsi ancora vivi, inevitabilmente diverso dal nostro, di quello di noi comuni mortali.
Per i suoi tifosi, anche per quelli più sfegatati, duri e puri, in fondo è come se Federer avesse già appeso la racchetta al chiodo: si sono abituati alla sua assenza, e anche se vederlo giocare in campo e saperlo ancora attivo è una sorta di consolatorio accessorio, una carezza ad anima e mente, è un qualcosa che di volta in volta rende paradossalmente più doloroso il distacco, ma il Federer che i trentenni/quarantenni di oggi hanno visto nella prima decade dei 2000 non esiste più da molto tempo.
E’ un caso che queste parole suonino come quelle che, purtroppo e in maniera ben più straziante, una persona ripete dentro se stessa in attesa dell’inevitabile e prossimo addio ad un proprio caro? Forse no.
Dalla sconfitta di Wimbledon 2019 contro Djokovic, e onestamente anche da qualche mese prima, la carriera di Federer è all’insegna della totale estemporaneità, sia fisica sia mentale.
Ad altissimo livello, quello massimo, quello alla quale ci ha abituato per più di quindici anni, chiaramente non dipende più da lui. Per dipenderlo, devono allinearsi una serie di parametri, o per meglio dire coincidenze, che oggi come oggi sono sempre più rari. Poi certo, da quasi infermo ha fatto semifinale agli Australian Open 2020 e per poco non vinceva un set pure contro Djokovic, e raramente fa schifo ed è subito eliminato nei tornei, anche quando ce la mette tutta. Non si è il più grandi per niente, dopotutto.
Dunque, sta a lui decidere di accontentarsi di non essere più né l’alpha né l’omega, di essere non uno dei tanti (quello non lo sarà mai), ma non più il solo controllore del destino della partita. Ha senso non essere più immenso ma solo grande, o magari essere visto come una vecchia celebrità, magari da battere per avere uno scalpo illustre in bacheca?
E’ vero, ha più volte sorpreso e più volte ci ha abituato a tornare in vetta, inaspettatamente in vetta. Il 2017, certo, dopo il 2016 che si era concluso con la faccia sull’erba di Wimbledon, in semifinale contro Raonic.
In quel momento, sia per lui sia per Nadal sembrava più o meno essere finita, con quell’incontro a Maiorca a fine anno, nell’allora neonata accademia di Rafa, che sembrava più l’incontro tra due grandi ex rivali ormai sportivamente anziani. Abbiamo visto che non è andata così. Stavolta andrà diversamente? Si. Molto probabilmente, si.
Roger cerca probabilmente l’ultimo colpo, quello del 21, magari a Wimbledon (ecco perchè le parole “l’obiettivo è l’estate”), ma lui per primo non sa. Non sa quanto sarà forte, non sa come starà, non sa chi sarà sportivamente parlando e non sa come staranno gli altri.
Questo perchè anche nel tennis vale quello che Francesco Guccini diceva nella sua “Eskimo”, quando cantava che “a vent’anni è tutto ancora intero”. Anni ormai passati per Federer, entrato in un’età, sportivamente parlando, piena di dubbi, tormenti e incertezze esistenziali. Ed è anche giusto così.
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