Semola forse non lo sa. I fenomeni si manifestano fra i 18 e i 19 anni. Passano senza particolari trambusti dall’apprendimento a una sua forma ancora più esplicita, nella quale si assimila e acquisisce conquistando, afferrando, annettendo, e nel contempo si cambia dentro, diventando famelici, sempre più esigenti e alla fine insaziabili. È il passaggio dall’adolescenza tennistica alla fase adulta, la fine di una pubertà santificata da qualche perduta occasione ma anche dalle molte pallate spedite sempre più vicine alle righe del campo. Agli altri capita dopo, campioni compresi.
Inutile chiedersi se sia una regola. Nessuno può dirlo. Ma le cose stanno così. Rafa vinse il primo torneo a Sopot, Polonia, quando aveva 18 anni, due mesi e 12 giorni. Djokovic divenne adulto ad Amersfoort, in Olanda: 19 anni, due mesi, 1 giorno. Zverev si rivelò a San Pietroburgo, nel 2016, aveva 19 anni, 5 mesi e 5 giorni. Proseguiamo? Roger Federer si palesò nel 2001, l’anno in cui cancellò Sampras a Wimbledon. Vinse il torneo di Milano sul francese Boutter, aveva 19 anni, 7 mesi e 26 giorni. Andrey Rublev, tra un infortunio e l’altro, sbaragliò Umag a 19 anni, 9 mesi e 3 giorni. E molti altri potremmo trarne dal passato, seguendo un indicatore comune, quel ruolo da predestinati che a turno è stato affiancato ai loro nomi. Lo stesso che oggi si concede a Jannik Sinner, vittorioso a Sofia per la prima volta nel Tour a 19 anni 2 mesi e 30 giorni. Meno solerte di Rafa e Nole, se proprio ci tenete, ma più degli altri. E quel che conta, in linea con i fenomeni.
C’è un legame forte, inalienabile, fra la prima vittoria di Semola nel Tour con molti dei tennisti che compongono il cast delle Atp Finals in scena da oggi per l’ultima volta nella O2Arena di Londra, un filo al tungsteno che li collega e non può spezzarsi, e li trascina verso un futuro già in gran parte italiano, grazie al Masters che sarà torinese per i prossimi cinque anni. Con la vittoria bulgara, giunta allo scadere della stagione più bizzarra che si sia mai disputata, Sinner mette da parte i dubbi sulle proprie qualità (ne aveva, sebbene sembri incredibile, e da qualche tempo era impegnato a frenare gli estimatori troppo entusiasti, ricordando a tutti che non aveva ancora vinto nulla) e si propone nella veste ormai compiuta di miglior tennista della sua generazione.
Sinner è da ieri il primo nato nel 2001 a farsi largo nell’albo d’oro di un torneo (il secondo Millenials in assoluto, dopo la vittoria del “2000” brasiliano Seyboth Wild a Santiago). Ma la corsa ai record è diventata da tempo una specialità nella quale misurarsi, dopo aver recitato nei panni del primo Millenials ad aver vinto un match nella categoria dei Masters 1000 (a 17 anni e 8 mesi) e il primo ad approdare agli ottavi e poi ai quarti di un torneo del Grand Slam (all’ultimo Roland Garros), un exploit da diciannovenne che condivide con il solo Nadal.
Un libro dei primati personali, quello di Jannik, che comincia ad arricchirsi di note a margine niente affatto scontate: Semola al momento è il più giovane fra i tennisti inseriti – con grande agio, nel suo caso – nella Top 100, dove quest’anno è salito dal numero 72 al numero 43 per approdare da lunedì prossimo al numero 37, a un passo dalle teste di serie nei tornei dello Slam. È anche il più giovane italiano a finire così alto nel ranking, e il più giovane in assoluto ad aver vinto un’edizione delle Next Gen Finals (a 18 anni, 2 mesi e 24 giorni). Resta, infine, il tennista italiano più giovane ad aver battuto tre Top Ten (David Goffin n.10 a Rotterdam, Stefanos Tsitsipas n.6 a Roma, la vittoria più alta in classifica mai ottenuta, e Sascha Zverev, n.7 a Parigi).
Ovvio chiedersi se Semola sarà anche il primo Millenials a qualificarsi per le Finals torinesi. L’obiettivo diventa esplicito proprio grazie al successo di Sofia, che lo colloca nel recinto dorato di chi sa vincere le prove del Tour maggiore. Immaginiamo che Mastro Piatti non sarà del tutto contento di come il suo prediletto abbia stentato a scrollarsi di dosso nei tempi dovuti la marcatura di Pospisil, in finale, tanto più dal comodo vantaggio di un set vinto e un break operato già nel primo game della seconda manche, ma le sofferenze fanno parte del gioco, e quando si vince significa che la tenuta mentale (proprio quella di cui i coach più si preoccupano) ha retto fino all’ultimo, garantendo un tie break nel terzo set di grandi spinte liberatorie ma giocato in piena consapevolezza e lucidità.
La stagione italiana (sempre che Berrettini non venga chiamato in gioco alle Finals, questa volta nei panni di supplente) si chiude qui. Il bilancio si arricchisce della prima vittoria stagionale, la sessantottesima di un tennista italiano in Era Open, e porta quattro azzurri fra i primi 40. Berrettini al numero 10, Fognini al 17, Sonego oggi al 33 e Sinner domani al n.37. Fateci caso, ognuno di loro vanta vittorie con i Top Ten presenti a Londra. Dite, esiste miglior viatico per affrontare la prima stagione che porterà a Torino?
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