Contando questo lunedì, mancano solo sette settimane all’inizio del 2021. Un periodo lunghissimo per chi ha visto la propria vita stravolta dai grandi cambiamenti e problematiche di un anno che nessuno dimenticherà, un periodo abbastanza breve per quanto riguarda per esempio il processo organizzativo della carovana tennistica che comincerà la nuova stagione in Australia con tutte le difficoltà che il covid-19 sta creando.
Sarà un inizio di stagione molto diversa dal solito. Già considerando solo lo stesso periodo del 2020, il torneo ATP e WTA di Auckland non verrà disputato. In Nuova Zelanda non vogliono rischiare di portare decine di migliaia di persone sul loro territorio da tutto il mondo per compromettere i grandi sforzi fatti fin qui per contenere la pandemia, ma soprattutto ci sarebbero problemi organizzativi anche con la rigida Australia che è venuta a capo di una pericolosa seconda ondata con un lockdown molto duro e duraturo.
Il continente oceanico tra fine giugno e inizio luglio ha visto un’impennata pericolosa dei contagi partiti da Melbourne dopo che alcuni dipendenti di un hotel della zona di Flemington, un quartiere periferico, si sono passati tra loro un accendino. Ben presto la situazione è diventata fuori controllo e il governo ha chiuso l’intero paese con rigidi blocchi in entrata e uscita non solo dallo stato di Victoria ma anche tra tutti gli altri (New South Wales, South Australia, Queensland, West Australia, North Australia, Australia Capital Territory). Con l’andare delle settimane i problemi principali sono rimasti soprattutto nel territorio con Melbourne capitale, ma dopo oltre otto settimane di lockdown è stato raggiunto un obiettivo che sembrava impossibile e stava portando allo stremo gli stessi abitanti di Melbourne: da 800/1000 contagi quotidiani bisognava scendere sotto i cinque registrati in 24 ore. Quando è arrivato il via libera, è stato celebrato come una vittoria. Victoria è ripartita, l’Australia è tornata a respirare, e da due settimane non ci sono più contagi in questo stato sebbene l’allerta rimanga alta su tutto il territorio. Giusto ieri, infatti, Adelaide ha registrato tre infezioni tra i cittadini e subito il South Australia è entrato in una fase pericolosa con un massiccio controllo di screening e tutte le misure di sicurezza e precauzione entrati in vigore: Ollie Haig, di 9NEWS Adelaide, ha raccontato di passeggeri in aeroporto che nel giro di una mezz’ora avrebbero dovuto imbarcarsi su un aereo per Perth, West Australia, ma saputo l’ultimo sviluppo e informati che all’arrivo a Perth avrebbero dovuto fare due settimane di quarantena, hanno rinunciato.
A proposito di quarantena, questa difficoltà e (soprattutto) imprevedibilità di potersi spostare tra uno stato e l’altro sta tenendo sospesa la questione degli organizzatori dei vari tornei che dovrebbero accompagnare i tennisti all’Australian Open. Siamo molto vicini alle entry list, ma Craig Tiley e Tennis Australia ancora non hanno dato una risposta definitiva a giocatori e giocatrici. Stephanie Myles su opencourt.ca raccontava per prima che da quanto trapela la nuova organizzazione dei tornei WTA e ITF sembra prevedere ben cinque settimane di tornei in Oceania, una in più rispetto alle tradizionali quattro. Si comincerebbe il 4 gennaio, dopo due settimane è in programma l’Australian Open e poi un’altra settimana di tornei down-under con la possibilità da parte della WTA di organizzare anche un 125k nella seconda settimana dello Slam. È prevedibile che, in caso di una situazione simile, anche l’ATP si muoverà in questa direzione. La certezza, vera, è che tutti quelli che vorranno disputare l’Australian Open e i tornei di preparazione dovranno obbligatoriamente fare due settimane di quarantena all’arrivo in Australia. E questo è un nodo importante. Tiley ha garantito che ci sarebbero state delle bolle dove gli atleti possono muoversi durante la quarantena per potersi allenare, ma la sua speranza iniziale di avere queste situazioni sparse in quattro o cinque città del continente sembra essere naufragata. Molto meglio, per minimizzare i rischi e aumentare la sicurezza, tenerli tutti in un unico stato.
Per questo, probabilmente, e per le difficoltà che si stanno trovando ad avere risposte col governo australiano che ancora non ha sciolto i nodi sugli spostamenti tra gli stati e la quarantena, Tennis Australia sembra aver trovato la via ultima. Il quotidiano “Herald Sun” ieri ha annunciato che l’intera campagna tennistica australiana sarà tenuta nello stato di Victoria, riproponendo in un certo modo quello che la USTA ha fatto per poter mettere in piedi lo scorso agosto lo US Open. Victoria è appena il secondo stato per estensione del paese, sei milioni di abitanti con cinque di questi che vivono a Melbourne e quartieri vicini. A livello sportivo però ci sono appuntamenti di grandissima importanza come gli Australian Open, il Gran Premio di F1, il circuito di Philip Island per il Motomondiale, è la sede della finale del football australiano e ogni 26 dicembre c’è un importante test match di cricket appena al di là della strada rispetto all’impianto di Melbourne Park. Proprio per questo appuntamento sono previsti 25.000 spettatori sugli spalti in uno stadio (Melbourne Cricket Ground) che ha una capienza di 100.000 spettatori. È importante il dato, perché proprio Tiley ha dichiarato che si aspetta una capienza minima agli Australian Open del 25%, augurandosi che se il trend di contagio zero ormai in atto da due settimane potrà continuare fino a Natale questo dato potrà alzarsi sensibilmente.
Tiley è uno che scommette forte sul proprio prodotto. Un anno fa combatteva contro chi voleva il torneo cancellato per il rischio degli incendi devastanti che stavano mettendo in crisi una vasta area a 300km da Melbourne, con le qualificazioni che cominciarono nella cappa di fumo e cenere e Dalila Jakupovic che svenne durante il proprio match facendo il giro del mondo. Adesso crede che lo Slam si potrà fare nel pieno della sicurezza consapevole che si ha a che fare con un problema forse ancor più importante e imprevedibile, perché sa che serve il massimo controllo su quello che si può controllare: poco, a ora, perché dovesse esserci un minimo focolaio che scatta mentre gli atleti stanno giocando, allora si rischierebbe di compromettere tutto. In Australia non ragionano come nei paesi occidentali, malgrado loro abbiano una fronte impronta occidentale: come avvenuto anche nella vicina Nuova Zelanda, il governo potrebbe intervenire subito.
Ieri i profili social dei tornei Brisbane International e Hobart International hanno annunciato che non si terranno nelle sedi abitudinarie (Queensland e Tasmania), ma il Premier dello stato di Victoria Daniel Andrews ha annunciato a The Age che non c’è ancora nulla di stabilito. La sensazione che domina è quella di una questione organizzativa che però non cambierà la sostanza. Rispetto al lavoro della USTA, i tornei da riprogrammare sono tanti. Facciamo un elenco ATP: ATP 250 di Doha, ATP Cup (disputata nel 2020 in 10 giorni tra Perth, Sydney, Brisbane), ATP 250 Adelaide. Nel circuito WTA: WTA Premier Brisbane, WTA Premier Adelaide, WTA International Shenzhen, WTA International Hobart. Non abbiamo considerato i tornei di Auckland, che hanno già annunciato la cancellazione, mentre per Shenzhen c’è il grande punto di domanda su cosa potrà succedere. L’evento è di proprietà della IMG, e la Cina non dovrebbe dare l’ok per ragioni di sicurezza come già aveva chiuso a ogni evento internazionale nello scorso giugno, oltre ovviamente alla questione quarantena in Australia che renderebbe impossibile il suo svolgimento assieme al 250 di Doha. La IMG, a quel punto, potrebbe magari decidere di muovere l’evento in Australia e legarlo concretamente al mini-circuito che dovrebbe nascere attorno a Melbourne. Infine, ovviamente, c’è la questione ATP Cup che nasce come evento itinerante tra tre città e ora si vede fortemente ridimensionato.
Ci sono sette eventi da riorganizzare, in partenza, per cui non è facile né una decisione che può nascere in fretta. Tennis Australia sta lavorando incessantemente, ma il tempo passa. Chi vorrà essere in campo fin dalla prima settimana dovrà partire per l’Australia tra meno di un mese (indicativamente tra il 10 e il 13 dicembre) per rispettare la quarantena e poter essere a disposizione. E il tempo, come si dice, è tiranno.
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