C’è voluta l’assenza in contemporanea di Nadal e Federer unitamente ad un momento di involontaria follia di Djokovic, squalificato mentre veleggiava a gonfie vele verso la 18° vittoria Slam in carriera, per poter iscrivere in bacheca il nome del 150esimo vincitore nella storia dei tornei Slam, a sei anni dall’ultimo neo vincitore che fu il croato Cilic nel 2014.
A tagliare lo storico traguardo è stato Dominic Thiem, divenuto il favorito numero uno dopo l’uscita di scena di Djokovic, squalificato negli ottavi per una pallata lanciata ad una giudice di linea mentre giocava contro Carreno Busta.
L’austriaco, dopo un cammino molto agevole nelle prime 6 partite in cui ha lasciato per strada un solo set (a Cilic nel terzo turno), strapazzando in sequenza nei turni successivi tre dei Next Gen più accreditati (Auger Aliassime, De Minaur e Medvedev) all’ultimo atto contro Alexander Zverev, alla sua prima finale Slam è stato assalito dal panico di perdere un occasione irripetibile e tanto agognata dopo le tre finali Slam perse negli ultimi tre anni.
Per due set è apparso irriconoscibile, incerto sul da farsi, contratto nei movimenti, la controfigura dell’atleta irresistibile dei giorni precedenti. Sull’orlo del baratro dopo aver subito il break nel terzo gioco del terzo set, ha saputo sfruttare il quarto break point capitatogli nel game successivo il che gli ha consentito di rientrare in partita e portarla al quinto set, chiudendola a proprio vantaggio – complice l’avversario- dopo più di 4 ore al 14esimo punto del tie break.
Thiem era da mesi considerato a ragione, per effetto dei progressi ulteriori nella qualità del gioco che è in grado di esprimere e dei risultati conseguiti, il più accreditato successore dei divini Fab Three; il successo di ieri libera il giocatore da un tabù che avrebbe potuto tradursi in ossessione e gli consente di consolidare ulteriormente la consapevolezza di poter aspirare ai massimi traguardi che sono peraltro a portata di mano ove si pensi che, andando a vincere al Roland Garros ormai alle porte, scavalcherebbe Nadal al secondo posto del ranking per poi andare all’assalto del trono di Djokovic.
Altri numeri del torneo
3 – I tennisti canadesi approdati agli ottavi per la prima volta nella storia degli Slam. Auger-Aliassime, Pospisil e Shapovalov che si è poi spinto fino ai quarti.
4 – Le nazioni ad aver avuto almeno una presenza negli ottavi sia tra i maschi che tra le femmine: Usa (1+3), Germania (1+1), Croazia (1+1), Belgio (1+1).
7 – I vincitori degli US Open che in finale hanno recuperato due set di svantaggio; non succedeva dal 1949:
In precedenza nell’Era Open solo 4 volte un giocatore aveva rimontato due set di svantaggio in una finale Slam e sempre solo a Parigi: 1974, 1984, 1999, 2004.
9 – Le rimonte negli Slam di Murray in carriera dopo aver perso i primi due set; l’ultima quella riuscita nel primo turno degli US Open 2020 contro il giapponese Nishioka (punteggio 4-6 4-6 7-6 7-6 6-4).
Torneo degli italiani
Matteo Berrettini per una settimana ci ha fatto sognare giocando con un autorevolezza che non aveva mai espresso in passato con tanta continuità e per questo è ancora più forte la delusione per l’arrendevolezza mostrata in occasione della sconfitta con Rublev (da lui battuto in tre set lo scorso anno nello stesso torneo), maturata dopo aver dominato il primo set. La prestazione complessiva del tennista romano nei quattro incontri disputati è stata comunque confortante in prospettiva futura e attenua il giudizio negativo sul risultato complessivo sugli azzurri, mai così numerosi ai nastri di partenza di uno Slam – 12 in tutto -, ma che dopo il primo turno si erano ridotti a sole tre unità: Berrettini e Caruso tra i maschi e la Giorgi in campo femminile. Caruso, alla prima partecipazione allo Slam americano, è approdato onorevolmente al terzo turno mentre Berrettini ha prolungato la sua presenza fino agli ottavi, ma ciò non è servito ad evitare che la performance azzurra nel suo complesso risultasse la peggiore dal 2007.
Peccato per Jannik Sinner che non è riuscito a portare a casa il successo contro la testa di serie numero 11, il russo Khachanov, a causa di un infortunio sopraggiunto dopo aver vinto i primi due set. L’autorevolezza con cui il tennista altoatesino stava regolando l’avversario, ha confermato gli ulteriori progressi compiuti, il che lascia presagire un proseguo di stagione molto interessante.
Dai dati statistici riguardanti gli italiani da segnalare:
Il torneo femminile verrà ricordato per vari motivi. Ha visto ai nastri di partenza ben 10 tenniste mamme e 3 di esse sono approdate ai quarti di finale: abbiamo assistito alla favola della bulgara Tsvetana Pironkova, che era senza classifica essendo rimasta assente dal circuito causa maternità da Wimbledon 2017, ed è riuscita ad approdare ai quarti di finale lottando ad armi pari con Serena Williams, mamma a sua volta, che a 39 anni si è battuta ancora una volta strenuamente alla ricerca dell’agognato 24esimo successo in uno Slam.
Il sogno si è infranto per l’ennesima volta, al termine di un revival tra i più nobili visti nell’ultimo decennio nel tennis femminile, andato in scena in semifinale. Si è trattato del 23simo confronto tra la campionessa americana e la rediviva Victoria Azarenka (anch’ella mamma di un bimbo di 2 anni), vinto in rimonta da quest’ultima al termine di un match molto combattuto dopo che l’americana si era aggiudicata nettamente il primo set (6-1 il punteggio).
La Azarenka, vincitrice in carriera di due Slam (Australian Open nel 2012 e 2013) che non era compresa tra le teste di serie, è tornata così sorprendentemente a disputare meritatamente una finale Slam a distanza di sette anni dall’ultima, giocata nel 2013 nello stesso torneo, contro Serena Williams che ebbe la meglio.
Ad attenderla in finale c’è stata la ex numero uno del mondo, Naomi Osaka, quarta favorita del seeding, che aveva già alzato il trofeo nel 2018 a spese di Serena Williams, cui fece subito seguito il successo agli Australian Open del 2019. Nonostante Il cammino nel torneo non agevole (in ben tre occasioni costretta al terzo set), la tennista giapponese ha saputo resistere all’inizio travolgente dell’avversaria che ha dominato il primo set per 6-1 ed è andata 2-0 nel secondo set con palla del 3-0, riuscendo con grande autorevolezza e piena consapevolezza dei propri mezzi a risalire la corrente, mettendo progressivamente alle corde l’avversaria costringendola alla resa.
Si è concretizzata così la terza vittoria in uno Slam per la 22enne tennista giapponese in tre finali disputate in altrettanti anni consecutivi. Trattasi di un tris che nessuna altra tennista è riuscita ad ottenere negli ultimi quattro anni:
Al fine di valorizzate le qualità temperamentali e le potenzialità della tennista giapponese, che torna al terzo posto del ranking, è interessante sottolineare il suo rendimento nei grandi appuntamenti messo a confronto con quello delle altre tenniste che sono state numero uno del mondo:
La Osaka con la vittoria di questa settimana sale a 6 tornei vinti in carriera di cui 3 Slam (50%). Trattasi del più alto indice di performance specifico e assume ulteriore peso specifico ove si pensi che delle altre tre vittorie due riguardano tornei Premier Mandatory (Pechino 2018 e Indian Wells 2019).
Altri numeri del torneo
5 – Le vittorie di Victoria Azarenka contro Serena Williams a fronte di 18 sconfitte.
8 – Azarenka è l’ottava tennista non compresa tra le teste di serie che raggiunge la finale nella storia degli US Open:
11 – La striscia di vittorie consecutive della Azarenka cominciata al torneo di Cincinnati vinto grazie anche al ritiro della Osaka prima della finale e conclusasi con la semifinale agli US Open.
39 – Le semifinali Slam disputate da Serena Williams, 14 delle quali agli US Open (bilancio 33 vittorie e solo 6 sconfitte)
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