Brutte notizie sul fronte ATP. L’associazione professionistica di tennis maschile ha dovuto incassare la rinuncia di Washington a disputare il tradizionale torneo di livello 500 che quest anno avrebbe rappresentato anche il primo evento per gli uomini dopo la sospensione di inizio marzo per la pandemia di covid-19.
La voce della possibile rinuncia del Citi Open girava da qualche giorno perché dai piani alti dell’organizzazione (che chiariamo non è in alcun modo collegata allo US Open, gestito invece dalla USTA) c’è grande preoccupazione non solo sulla questione delle limitazioni nei voli ma anche nel trend niente affatto positivo del paese.
L’annuncio ufficiale è stato dato dal New York Times con un articolo a cura di Christopher Clarey, e inevitabilmente solleva interrogativi su quello che accadrà poco dopo quando è in programma il Western & Southern Open originariamente a Cincinnati e quest anno per emergenza spostato a Flushing Meadows, teatro una settimana dopo dello US Open. Sempre Clarey annuncia che dallo Slam del Queens fanno sapere di essere ancora “all in” ma sembra che sia previsto per metà della prossima settimana un nuovo aggiornamento anche perché non saremo a tanta distanza dall’entry list ufficiale del torneo.
Mai come quest anno l’incertezza regna sovrana. È un po’ una corsa contro il tempo dove la USTA vuole dimostrare, da fuori, di poter portare a termine un appuntamento così grande nel bel mezzo di una pandemia e in una delle zone più colpite, ma dall’interno molte sono le voci per cui starebbero cercando di mostrarsi “forti” per il contratto stipulato con la ESPN che avrebbe già pagato alcune rate dei 70 milioni di dollari previsti per la copertura tv dell’evento e loro non vogliono restituirli. A questo punto però sorge un altro problema, e riguarda gli attori protagonisti. Ons Jabeur, intervistata da Reem Abulleil, ha ripetuto quello che in tanti stanno riprendendo in questo periodo: nessuno sembra avere idea di cosa succede con eventuali quarantene, soprattutto quando saranno chiamati a tornare in Europa.
A fine maggio ci fu una deroga del governo USA che garantiva agli atleti professionistici di entrare nel paese senza obbligo di quarantena (motivo per cui, per esempio, Aryna Sabalenka ed Elena Rybakina si sono cancellate da Palermo, dove da non provenienti da paesi dell’Unione Europea avrebbero dovuto effettuare quarantena obbligatoria, per iscriversi a Lexington) ma la situazione, come dice la tunisina, “sta cambiando ogni due giorni”. Lo stato di New York, per voce del proprio governatore Andrew Cuomo, sta aggiornando di settimana in settimana la lista di stati USA per cui è obbligatoria la quarantena se i loro residenti vogliono entrare a New York: siamo partiti da undici stati, un paio di settimane fa, e ora il numero è quasi raddoppiato (19). Il trend generale è pessimo, alcuni stati hanno contagi fuori controllo mentre a New York la situazione è abbastanza stazionaria con numeri giornalieri che contano appena 1000 contagi.
Una possibile quarantena, al rientro dagli USA, sarebbe un macigno per chiunque (giocatori e giocatrici del vecchio continente) quando già la programmazione attuale è estremamente densa e complicata da gestire. Tre settimane nel Nord America sul cemento, poi di colpo due ATP Master 1000 (un WTA Premier Mandatory e un Premier 5 femminile) e uno Slam su terra battuta. Le donne hanno la possibilità di ripartire dai tornei su terra rossa tra Palermo e Praga, dove molto probabilmente saranno al via coloro che non vorranno dirigersi a New York, mentre in egual modo a Lexington in Kentucky sarà pieno di giocatrici statunitensi o che non subirebbero i problemi di un blocco in Europa. Oltre a Serena Williams, già annunciata con Sloane Stephens, in Kentucky sono state annunciate: Venus Williams, Victoria Azarenka, Amanda Anisimova, Garbine Muguruza, Ons Jabeur Sabalenka e Rybakina. La stessa Muguruza, unica giocatrice rappresentate di uno stato membro dell’Unione Europea, ha però residenza anche a Los Angeles dove spende molto del tempo lontano dai tornei.
Chi vorrà prendere parte allo US Open, dovesse partire, avrà tanta difficoltà poi a riprendersi per la terra battuta. Chi vorrà preparare lo Slam di Parigi quasi sicuramente non volerà a New York. Questo, giorno per giorno, sembra l’unica piccola certezza di questo momento così delicato.
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