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Ma il tennis ha davvero voglia di ripartire nel 2020?

Prima di capire dove e quando, la stagione del tennis ripartirà, il punto da chiarire è proprio se il tennis stesso abbia la voglia, ancor prima che la forza, di ripartire. Si ha infatti sempre di più la sensazione che, al netto di tutti i problemi legati alla pandemia di coronavirus, che ha di fatto bloccato il circuito ufficialmente fino al 31 luglio, la stagione potrebbe essere davvero chiusa. E lo fanno intuire anche autorevolissime voci.

La settimana prossima Atp e Wta cominceranno concretamente a lavorare su una possibile ripartenza e su un calendario, con una videoconferenza organizzata con i giocatori, ma dai big non arrivano segnali incoraggianti. Novak Djokovic ha espresso più di una perplessità sulla possibilità che gli Us Open, lo Slam americano sul cemento di Flushing Meadows, possa regolarmente disputarsi a fine estate (24 agosto-13 settembre). “Dovremo dormire in hotel vicini all’aeroporto, facendo due o tre test a settimana – sottolinea il fuoriclasse serbo, numero uno del ranking mondiale – Inoltre avremmo diritto ad una sola persona del nostro staff senza prendere in considerazione allenatori, preparatori e fisioterapisti. Con queste misure mi sembra impossibile, è un protocollo estremo”. E ancora: “Capisco che ci sono motivi finanziari e contrattuali che spingono a far giocare il torneo, ma mi sembra tutto molto complicato. Staremo a vedere”. Parole simili addirittura a quella del presidente della Wta, Micky Lawler, che ha espresso seri dubbi su una prossima ripresa del circuito dopo la pandemia di Covid-19. “Per me, sarà molto difficile viaggiare e giocare senza un vaccino – ha detto Lawler – L’organizzazione fa tutto ciò che è umanamente possibile per giocare, ma il fatto che si tratti di uno sport mondiale complica tutto. Se si disputeranno gli Us Open, allora toccherà poi anche ad altri tornei”.

E proprio gli Us Open sono la chiave di tutto: la Usta ha annunciato già di voler ridurre il Prize money, cosa presa non bene dai giocatori. Inoltre, la situazione negli Stati Uniti, sia dal punto di vista dei contagi e dei morti (primo Paese al mondo come malati e vittime), sia dal punto di vista della sicurezza (sommosse dopo l’uccisione di George Floyd) non fa che aumentare a dismisura l’incertezza. Opinione comune è che se salta la stagione americana (oltre allo Us Open dunque anche Cincinnati e Toronto) sarebbe inutile ripartire nel 2020. Con l’arrivederci anche al Roland Garros, Roma e compagnia bella.

 

Luigi Ansaloni

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Luigi Ansaloni
Tags: coronavirus

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