Costretti a elemosinare qualcosa che assomiglia al tennis quanto ci assomiglia il ping pong non può sfuggire che mentre si riparte ovunque e addirittura si pensa a stadi pieni già da metà luglio, il tennis rimane in un limbo che a questo punto diventa misterioso. Se può avere un senso, più che altro dal punto di vista organizzativo, saltare l’intera stagione su erba è davvero complicato capire perché mai, dal giorno dopo previsto dalla finale di Wimbledon, i circuiti ATP e WTA non possano riprendere il loro normale corso degli eventi. Secondo il calendario il 13 luglio si sarebbe dovuto giocare ad Amburgo, Bastad e Newport, cioè in Germania, Svezia e USA. Se in Svezia e USA le precauzioni possono suggerire un’ulteriore cautela, in Germania il campionato di calcio è ripartito da quasi un mese, anche se a prote chiuse, e sostanzialmente si è ritornati ad una più che discreta normalità. Perché non giocare non è chiaro. La settimana successiva erano previsti tornei in Svizzera, Croazia e Messico. Perché fermarsi a Gstaad e Umago? E il 27 a Kitzbuhel?
Ancora più incomprensibile pare la ritardata riapertura per le donne. Se proprio non si vuol giocare a Losanna e a Bucarest il 13 luglio, il 20 a Palermo i problemi sarebbero molto pochi, considerato che la Sicilia è stata solo sfiorata dall’epidemia e non comporta nessun problema particolare.
Gli argomenti contrari sono sostanzialmente due: il primo è che i giocatori arrivano da tutte le parti del mondo e quelli che arrivano da zone ancora alle prese col COVID potrebbero avere enormi difficoltà di spostamento. Problema reale, ma che è difficile pensare che l’ATP non possa risolvere o “congelando” i giocatori statunitensi o brasiliani, oppure trovando un modo per ospitarli in Europa. Il secondo argomento è che ad agosto i tornei si giocano tutti negli USA, dove la situazione non è certo tranquilla. Anche in questo caso la “risposta” è tutto sommato semplice, e va dalla rielaborazione del calendario, preferendo tornei “europei” oppure, extrema ratio, rifermandosi. Non pare la fine del mondo.
Il problema è che il panico collettivo – più o meno giustificato, meglio non soffermarsi troppo in questa sede – sta impendendo qualsiasi discussioni non si dice razionale ma almeno ragionevole. Ieri Djokovic ha giocato in Serbia su spalti gremiti e si è già parlato di “scommessa” o di “furbizia che verrà pagata”- Ora, in Serbia l’ultima volta che ci sono stati più di 100 contagiati è stata il 22 maggio (105) e poi da un mese circa viaggiano sulla cinquantina di casi giornalieri in media con un numero di morti molto basso (uno al giorno). Fossero tutte così le scommesse.
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