È un’anticipazione, vero, ma la voce arriva da un portale molto autorevole come Forbes e dunque è giusto riportarla. Lo US Open si farà, dicono, e per l’annuncio ufficiale è solo questione di tempo.
ATP e WTA, assieme alla USTA, hanno programmato per oggi un comunicato ufficiale dove decideranno il futuro del tennis professionistico in questo 2020. La sensazione generale segue la linea di Forbes: negli ultimi giorni la federtennis statunitense ha fatto i salti mortali per proporre misure di prevenzione che rendano possibile lo Slam a Flushing Meadows con grandi sforzi economici (si parla di un montepremi pari al 95% dello scorso anno, malgrado l’eventualità più che probabile delle porte chiuse) a fronte di un netto taglio dei dipendenti, con 120 licenziamenti solo la scorsa settimana.
La crisi causata dal covid-19 ha colpito New York City più che qualunque altra città al mondo, registrando una tendenza al contagio e una crescita della curva senza paragoni, con enormi difficoltà da parte del governatore generale Andrew Cuomo e della giunta governativa cittadina nel contenere l’enorme diffusione in una megalopoli con una conformazione molto particolare (basti pensare che Manhattan, a conti fatti, è un’isola di 60 chilometri quadrati con più di un milione e mezzo di abitanti).
Il tennis dovrebbe ricominciare ufficialmente il 3 agosto, ma il nodo cruciale dell’intero periodo era soprattutto sullo svolgimento o meno dello US Open. La USTA, detto del montepremi, ha fatto la sua mossa: giocatori in isolamento totale, con divieto di uscita dal loro albergo che sarà per forza di cose nei pressi dell’aeroporto John Fitzgerald Kennedy. Sarà vietato consumare pasti all’impianto, come farsi la doccia, come portare più di una persona del proprio staff con sé. Si vocifera anche della possibilità che nella settimana prima, dal 17 agosto, possa disputarsi sempre al Billie Jean King National Tennis Centre anche il torneo di Cincinnati, sia per uomini che per donne, ma di questo si saprà più avanti. Inoltre, via le qualificazioni come i tornei juniores, il doppio verrebbe accettato ma in forma notevolmente ridotta (si parla di accettare solo 24 coppie).
La USTA, con queste misure, cerca non solo di evitare assembramenti all’impianto ma di garantire in qualche modo un corridoio di sicurezza che permetta agli atleti e alle atlete di evitare il più possibile ogni contatto. Dalle voci che circolavano nei giorni scorsi, i tennisti ATP avrebbero espresso grandi dubbi durante una videochiamata tramite Zoom. Tra i più negativi ci sarebbero Novak Djokovic e Rafael Nadal, mentre sia Alexander Zverev che Dominic Thiem avrebbero storto il naso rispondendo alla stampa durante l’Adria Tour dello scorso fine settimana. Per tutti loro i punti chiave sono facilmente individuabili: non si può garantire la sicurezza né loro, né delle persone con loro.
Nadal accennava all’impossibilità di riprendere senza un vaccino, Djokovic è molto contrariato di fronte alla possibilità di poter avere con sé un solo membro del team rinunciando forzatamente a tutti gli altri tra cui fisioterapista e preparatore atletico. Il che porterebbe anche a un altro argomento: se la USTA dovesse fornire un fisioterapista comune, è logico permettere a questa persona di entrare in contatto con più giocatori se si cerca di limitare i contatti stessi? “Le regole che ci hanno comunicato sono estreme” dice il numero 1 del mondo, “Non avremo accesso a Manhattan, saremo in isolamento vicino all’aeroporto e verremmo continuamente testati. Loro vogliono che il torneo si faccia a ogni costo, ma la domanda è: quanti dei giocatori accetteranno queste condizioni?”. Da quello che filtra, infatti, sembra che nella videochiamata generale Andrea Gaudenzi, CEO dell’ATP abbia lasciato intendere come non verranno presi provvedimenti verso coloro che rinunceranno a giocare perché non si sentiranno sicuri a volare negli Stati Uniti. Marin Cilic, invece, ha lamentato mancanza di rispetto verso il direttore della USTA per il montepremi al ribasso (del 5%) rispetto alla precedente edizione, sentendosi rispondere che per la grave situazione che sta colpendo i vari settori del lavoro nel paese non era proprio possibile fare di più.
A livello femminile il grande dubbio è stato posto da Patrick Mouratoglou, coach di Serena Williams, che parlando proprio della leggenda statunitense ha dichiarato di non sapere se accetterà, Serena, di passare almeno tre settimane lontana dalla propria figlia Olympia, saltando anche (aggiungiamo noi) il suo terzo compleanno a inizio settembre. Molto scettiche anche Simona Halep e Ashleigh Barty. L’australiana, che si dice impaziente a ricominciare, fa riferimento ai dubbi su quale situazione avrà in un contesto così, ribadendo una volta di più come si debba poter garantire la sicurezza non solo per loro ma anche per i rispettivi team al seguito. Sia lei che Halep, al momento, non sono ancora sicure se giocare.
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