Indoor, in qualsiasi sede, in qualsiasi data, ma a qualunque costo. Gli Internazionali d’Italia si devono giocare. Troppo importante per la Fit, troppi gli introiti, vitali per le casse della Federazione.
Il piano A è “giocarli a Roma, tra settembre e ottobre, durante la nuova stagione sulla terra”. Il presidente della Fit, Angelo Binaghi, non ha perso la speranza di veder disputare gli Internazionali, al momento congelato per la pandemia di Covid-19, sulla terra rossa del Foro Italico.
“Il piano di riserva? A Cagliari a novembre, a Milano sul veloce a dicembre, magari donne e uomini divisi tra Milano e Torino, con finali in sede unica, in una bella unione tra città duramente colpite dal virus. Pur di fare gli Internazionali, accetto anche le porte chiuse”, ha aggiunto in un’intervista a “Il Corriere della Sera” il numero uno della Federtennis.
Che, sognando le Atp Finals a Torino già quest’anno (“Ne ho parlato con la Appendino: se Londra non ce la fa, coglieremo l’occasione”), ipotizza già il tennis per il post-coronavirus: “Dovremo essere duttili e innovativi perchè per uno o due anni nulla sarà come prima. I giocatori si raccatteranno palle e asciugamani e non potranno portarsi dietro il clan: si tornerà agli anni di Pietrangeli, atleta e coach”.
“Il pubblico entrerà e uscirà ordinato per file, siederà distanziato, mascherine e gel disinfettante per tutti. Sarà un sistema di qualità e vorrei che il tennis fosse premiato per le sue caratteristiche uniche”. In pratica, il distanziamento sociale dato dalla rete: “Siamo lo sport più sicuro dal punto di vista sanitario: non possono trattarci come le discipline di squadra, di contatto o indoor. Vorrei che, nel riaprire lo sport di base, chi ci governa lo capisse: spogliatoi chiusi, panchine ai lati opposti, gel a ogni cambio di campo. Il tennis – conclude Binaghi – può e deve ripartire appena possibile: ci basta una settimana di preavviso”.
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