Da circa due mesi il mondo, come lo conosciamo, è cambiato a causa di un virus scoperto nel cuore della Cina e propagatosi col tempo in quasi ogni angolo del pianeta. Covid-19, un ceppo derivato dalla famiglia coronavirus ancora misterioso negli effetti e nelle dinamiche, ancora senza vaccino, ha già causato oltre centomila contagiati e migliaia di vittime.
A causa della sua natura e dell’assenza di un rimedio, malgrado i sintomi principalmente manifestati non siano troppo distanti da una forma influenzale, le paure e il panico hanno facilmente trovato spazio nella testa delle persone. Così la nostra vita ha cominciato a subire cambiamenti sempre più importanti. Una città di 11 milioni di persone, Wuhan, è stata militarizzata, messa interamente in quarantena e nessuno poteva accedervi o uscirne. Nei giorni precedenti, però, per via dei tantissimi contatti della Cina con il mondo occidentale la diffusione ha avuto inizio e ora tutti dobbiamo fare i conti con una situazione che è ben oltre il livello di controllo.
Il tennis, con la cancellazione del torneo di Indian Wells, è a un punto cruciale: come comportarsi da qui in avanti? Miami ha garantito che il torneo avverrà, ma mancano 10 giorni e come abbiamo visto a casa nostra se il virus prende piede ci possono volere 10 ore per cambiare le carte in tavola in maniera drastica. Nella Coachella Valley quello che sembrava un rinvio dovuto a un solo caso nel giro di due giorni gli infetti si sono moltiplicati, è stato cancellato come conseguenza anche il famoso festival musicale che si sarebbe tenuto a Indio, il paese subito dopo Indian Wells, e malgrado le rassicurazioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump il coronavirus ha appena cominciato negli USA il percorso che, se non contrastato a dovere, potrebbe portare a un’espansione sui modelli già registrati tra Cina, Italia, Iran e Corea del Sud. E se oggi contiamo “solo” più di 1000 infetti, è perché sono stati effettuati pochissimi test: le ultime stime sembra non arrivino alle cinque cifre, anche a causa di un sistema sanitario che rischia, con il coronavirus, di mettere a nudo tutti i suoi enormi difetti (il test, infatti, sembra costare sui 3000 dollari a persona).
La zona dove è situato lo stadio dei Dolphins, a Miami, ha già registrato una decina di infetti. L’arcidiocesi ha sospeso tutte le attività fino ad aprile. È stato inoltre cancellato un altro festival musicale piuttosto famoso (l’Ultra) sempre per paura che la situazione possa esplodere e mandare in tilt gli ospedali, oltre a causare un discreto numero di vittime. Noi italiani siamo una cartina di tornasole quasi quanto lo è stata la Cina, che però da un po’ è riuscita a stabilizzare la situazione benché città come Wuhan (11 milioni di abitanti, va ricordato) siano ancora isolate dal resto del paese. Nello stato dell’Indiana ci sono solo sei casi. Un numero potenzialmente positivo, tranne che per il numero di test effettuati: 36. Miami, e la Florida, stanno cancellando ogni evento aperto al pubblico, motivo per cui è veramente presto per dire che cosa sarà di un evento che prenderà il via tra quasi due settimane. Nel frattempo, è stata imposta quarantena di due settimane obbligatoria a chi entra negli Stati Uniti dopo essere stato negli ultimi 14 giorni in Italia, Cina, Iran e Corea del Sud. Chi non provenga da questi paesi, invece, ha una “raccomandazione” di quarantena che però potrà cambiare da un momento all’altro. L’organizzazione dunque punta a disputare l’evento, anche per i tanti accordi impegnati con sponsor, tv e contea di Miami, ma si fa largo l’ipotesi di un torneo a porte chiuse anche come modo per capire se sarà una situazione attuabile quando poi il circuito dovrà arrivare in Europa.
L’Italia è interamente in quarantena dopo le ultime direttive del governo, e al momento i dati sui contagi e sulle morti spaventano anche perché numeri come martedì 10 marzo, i 168 morti in una singola giornata, non erano mai stati registrati nel picco dell’epidemia in Cina. Il torneo di Roma è quantomai a rischio, per quanto il CONI possa eventualmente smentirlo visto che mancano ancora quasi due mesi, anche perché al momento è quasi impossibile entrare nel nostro paese via terra o via aerea. Il punto è poi un altro: l’entry list sarà alla fine di marzo, e a livello ATP avremo quasi sicuramente tutti i primi 44 del mondo perché obbligati a iscriversi visto che parliamo di un Master 1000, ma quanti vorranno (o riusciranno) veramente rimanere segnati? A livello femminile, essendo Premier 5, non c’è obbligo vero per le giocatrici, motivo per cui forse da subito si potranno vedere delle assenze importanti.
La stagione sulla terra rossa, a ora, è un mega punto di domanda. La federazione tennis spagnola ha annunciato che si adeguano alle direttive del governo che vieta da ora la concentrazione di pubblico oltre le 1000 persone, dunque a rischio c’è, a ora, l’ATP 500 di Barcellona a fine aprile. Il decreto è segnato almeno fino a fine aprile, ma la grande vicinanza, a quel punto, del torneo di Madrid impone che anche il combined 1000/Premier Mandatory possa considerarsi a rischio. Discorso simile in Germania, dove ci sono grandi dubbi sia sullo svolgimento del torneo WTA Premier di Stoccarda che sull’ATP 250 di Monaco di Baviera. Il primo però è considerato ancora più a rischio perché indoor, mentre il secondo potrebbe comunque scegliere di giocare a porte chiuse.
Fa effetto che in tutta questa baraonda Monte Carlo non sembra destare preoccupazioni. È il grande torneo più importante subito dopo la trasferta in Nord America, è ad appena un mese di distanza, eppure sta continuando nei preparativi per accogliere il pubblico. A oggi, o meglio coi dati aggiornati a ieri, il principato ha registrato all’attivo un solo infetto. Il punto però è che come sappiamo lo stato è una vera e propria lingua di terra lunga due chilometri a strapiombo verso il mare. Dall’altro lato del monte c’è la Francia, che a oggi conta 1784 contagi, mentre pochi chilometri più a ovest la Liguria, dunque l’Italia, che ne ha oltre 10000. E poi i tornei minori come Praga, Repubblica Ceca, dove sono arrivati proprio in questi giorni gli annunci delle prime contromisure da prendere. Se non spaventa la vera mortalità del virus, la paura generale è quella di vedere il proprio sistema sanitario crollare di fronte a un’emergenza come la stiamo vivendo noi, dove da qualche giorno contiamo oltre 1000 nuovi infetti e gli ospedali sono ben oltre il limite.
Infine c’è l’Ungheria, che dal 14 al 19 aprile dovrebbe disputare la prima edizione delle Fed Cup Finals con 12 nazionali presenti e relativi fan. È notizia di pochi minuti fa che anche al centro dell’Europa è stato ordinato lo stato di emergenza dopo nuovi 13 contagiati registrati. Inoltre, è stato ufficialmente vietato lo svolgersi di eventi con più di 100 persone. A questo punto, entrano anche loro nella fase cruciale: o sospendono l’evento, o provano a farlo andare avanti a porte chiuse. Non dimenticando che tra Challenger e ITF sono decine e decine gli eventi già cancellati a causa del virus, e che in Francia stanno cominciando anche lì a stringere sugli eventi aperti al pubblico e che a maggio è in programma prima il WTA International di Strasburgo e poi il Roland Garros. È tutto in divenire, ma i fan e tutti gli addetti ai lavori coinvolti potrebbero avere notizie tutt’altro che positive.
Il calendario dei circuiti ATP/WTA prima di Roma, tra parentesi solo le notizie giunte):
Indian Wells (cancellato)
dal 25 marzo: Miami (al momento confermato)
dal 6 aprile: ATP 250 Houston, ATP 250 Marrakech, WTA Premier Charleston, WTA International Bogotà
dal 12 aprile: ATP Masters 1000 Monte Carlo
dal 14 aprile: Fed Cup Finals (o cancellato, o a porte chiuse)
dal 20 aprile: ATP 500 Barcellona (rischio porte chiuse), ATP 250 Budapest (rischio porte chiuse), WTA Premier Stoccarda (o cancellato, o a porte chiuse), WTA International Istanbul
dal 27 aprile: Praga
dal 3 maggio: Madrid (previsti aggiornamenti)
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