Il futuro è un ossimoro, accosta concetti opposti nella medesima locuzione. È ghiaccio bollente, lucida follia, è il “naufragar m’è dolce in questo mare”.
Vincenzo Santopadre ne cavalca uno tennistico, meno risaputo: perdere qualche partita in più per salire ancora più in alto. Lo dice per vie dirette, senza preamboli eccessivi, che evidentemente non fanno parte del suo carattere, ma si avverte che ci ha pensato. La domanda se l’era già posta, la replica per quanto immediata, è meditata e dipinge scenari possibili, sui quali avrà modo di intervenire nel corso dei mesi a venire, sommando e sottraendo gli ingredienti che avrà a disposizione e che riterrà più opportuni. Lui e il Team, ovviamente. Ormai una famiglia allargata.
Seduti sulla terrazza del Circolo Aniene, non lontani da quello che fu uno dei possedimenti dei Santopadre, proprietari di un ristorante famoso di fronte al club, Vincenzo parla di Matteo Berrettini in modo rilassato ma coinvolgente, miscelando i sentimenti di un fratello maggiore alle necessità imposte dal mestiere di coach, del quale finisce per dare un’interpretazione moderna. Non bastano più buoni consigli e buoni allenamenti, per quanto indispensabili essi siano. Occorre aggiungere la spezia più rara e costosa, un profilo di vita in comune che dia l’opportunità al coach di capire stati d’animo e necessità dell’atleta. E anticiparne le conseguenze.
«Difficile. Impegnativo. Aspro. Anche estenuante. Ma di grandi soddisfazioni. Zeppo di obiettivi da centrare. Su tutti, la conferma ad alti livelli. Nella classifica e nel rendimento. È una stagione che vale la laurea. Ci sarà da mettere in campo le esperienze acquisite, e da completare l’apprendistato. Mi sono fatto un’idea… Penso che nel 2020 il numero delle sconfitte tenderà a crescere, magari solo di un po’. Ma le vittorie saranno più importanti»
«Cambierà il peso delle partite. Matteo è ambizioso, vuole crescere ancora e rimanere agganciato ai primi posti. Se possibile migliorarli. Troppi ATP 250 non possono più essere programmati. Alcuni sì, ma non tanti come nel passato. La sfida si sposta più in alto, agli ATP 500, ai Masters 1000, agli Slam. È lì che Matteo dovrà cercare i punti che servono alla sua classifica e alle sue ambizioni. Se lo conosco bene, non vede l’ora»
«Un po’ è così, lo ammetto. Ne ho visti pochi svelti come lui nell’apprendimento, nel migliorarsi, così predisposti ad accumulare esperienze. Pretende moltissimo da se stesso, e molto anche da noi. L’approdo alle ATP Finals non è stata solo la favola di un ragazzo partito da lontano, che nessuno pensava potesse arrivare tanto in alto. Matteo l’ha trasformata in un investimento. Vi è giunto con le ultime energie a disposizione, ma nei giorni precedenti al match d’esordio, contro Djokovic, ci ha riunito per chiederci una grande prova di squadra. “Voglio competere alla pari con i più forti, non mi accontento di essere arrivato fin qui”, sono state le sue parole. E subito dopo l’ultimo match ha voluto parlarci di nuovo, per chiederci di sostenerlo nei prossimi mesi. Vuole restare in alto, e lo dice senza timore. Facendo così, riesce a dare forti motivazioni a tutti noi».
«I colpi da migliorare sono quelli d’inizio gioco. Matteo può ottenere molto di più dal proprio servizio e deve migliorare la risposta. Vogliamo anche completare il suo bagaglio tecnico a rete, dove vorremmo vederlo qualche volta di più. Chi attacca sapendo cosa sta facendo, ha il sessanta per cento di possibilità di ottenere il punto. Sono convinto che abbia grandi margini di miglioramento, e anche lui la pensa allo stesso modo».
«Sì, ma era previsto. L’anno scorso chiesi a Matteo un piccolo sacrificio, accettando di giocare l’indoor europeo dopo gli Australian Open. Volevo completasse il quadro delle sue esperienze. Prima il veloce indoor, poi un’intensa stagione sull’erba, nella quale ha chiuso con 12 vittorie e 2 sconfitte. Da questo 2020 possiamo puntare su una programmazione a misura di Matteo».
«Matteo ci tiene troppo. Lo avete visto anche a Madrid, dove ha dato tutto pur essendovi giunto senza più un briciolo di energia. Comporterà un immediato rientro in Italia e subito un nuovo trasferimento in America. Sarà stressante, ma lui vuole esserci»
«È il torneo che quest’anno ha rilanciato Matteo, ma è un ATP 250, e forse per lui andrebbe meglio Barcellona, che è un 500. Prenderemo una decisione, ma penso che nel 2020 le ambizioni di Matteo meritino di essere poste in primo piano»
«È una possibilità concreta. L’importante è che ogni passo in avanti sia frutto di un miglioramento complessivo del giocatore. Da Matteo mi aspetto proprio questo».
«Difficile prevedere sconquassi, ma certo vi sarà un ulteriore avvicinamento dei giovani ai più forti. Chissà, potrebbe essere l’anno di una vittoria Slam a sorpresa. Ormai non dovrebbe mancare molto, e Tsitsipas ne ha le qualità… Credo che al gruppo dei ragazzi più forti, anche a livello di classifica, si aggiungeranno Shapovalov e Aliassime, due tipi eccezionali seppure diversi fra loro. Shapovalov in particolare ruba l’occhio, ha un po’ di McEnroe, qualcosa di Federer, e tenta sempre colpi difficili. Poi la conferma di Medvedev, che non piace a tutti, ma ha doti non comuni. A volte sembra distratto, ma posso assicurarvi che dietro quel fisico bislungo si nasconde una vera belva»
«Sì, e lo vedremo già a Melbourne, dove in attesa delle qualifiche si parte con otto iscritti al tabellone principale e due teste di serie “alte”. L’importante è che vi sia competizione e spirito di emulazione. Si conoscono, si stimano, c’è grande amicizia. È davvero un bellissimo gruppo, molto coinvolgente, dove tutti tifano per tutti. Il fatto nuovo è che per la prima volta siamo in gara anche noi. Per i piani alti del tennis. E per le vittorie che contano».
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