Dal nostro inviato a Melbourne
[3] R. Federer b. T. Sandgren 6-3 2-6 2-6 7-6(8) 6-3
Al termine di un folle pomeriggio sulla Rod Laver Arena Roger Federer si qualifica per la quindicesima semifinale della carriera agli Australian Open. In nessun altro Major ne ha giocate così tante, nemmeno nel giardino prediletto di Wimbledon, e mai gli era capitato un quarto di finale così schizofrenico e da panico. Se con John Millman la sconfitta è stata distante appena due punti, oggi ci si è trovato faccia a faccia per sette volte: tanti sono i match point annullati a Tennys Sandgren nel quarto set, di cui tre consecutivi nel tie break.
Tennys dal Tennessee, il numero 100 del mondo ma che a Melbourne si trasforma in un top 20, già nei quarti due anni fa e incubo italiano dopo aver fatto fuori il meglio che il nostro tennis possa offrire al momento. Difficile che stasera possa chiudere occhio dopo quanto capitato nelle 3 ore e 31 minuti di gioco del match più assurdo del torneo. La beffa delle beffe, per sue gravi colpe, arriva contro un Federer azzoppato per un problema alla gamba destra (coscia, inguine? A chiarirlo sarà lui in conferenza stampa) e praticamente fermo per l’intero quarto set.
Lo svizzero, che pure aveva iniziato discretamente con un break nel sesto gioco decisivo ai fini del primo set, è tornato nella sua brutta versione già vista contro Millman e in parte contro Fucsovics a inizio secondo set. Poco incisivo da fondo, rovescio a tratti non pervenuto, volée affossate a rete complice la poca esplosività. Un cocktail perfetto per l’americano, sempre pronto a zompare come un grillo, scivolare sul Greenset come fosse terra rossa ed esibire spaccate da ginnasta degne della migliore Kim Clijsters.
Dall’altra parte un Federer sempre più nervoso, tra borbottii, smorfie di sdegno a ogni colpo fuori misura e persino una parolaccia pizzicata dal giudice di sedia Marijana Veljovic e costatagli un warning. A complicare le cose un problema fisico che lo ha costretto al mto sotto 3-0 nel terzo set. I fantasmi del match perso contro Dimitrov agli ultimi US Open con la schiena a pezzi si sono fatti sempre più minacciosi quando Sandgren ha chiuso il terzo set con lo stesso punteggio del secondo, un netto 6-2.
Ormai praticamente fermo e con il servizio a velocità ridottissima, Federer si è tenuto a galla nel quarto solo per benevolenza di Sandgren. Vicino a un’impresa unica nella vita l’americano ha iniziato a pensare troppo al traguardo, pensieri che sono diventati ossessione e paura dopo aver mancato tre match point sul 5-4 in suo favore. Arrampicatosi affannosamente fino al tie break Federer ha pagato ancora la mobilità precaria e i colpi solo appoggiati al di là della rete. Uscito miracolosamente vivo dal turbine di altri quattro match point (sul 6-3 e 7-6 Sandgren) ha trascinato il match al quinto di puro orgoglio.
Consapevole di essere stato vittima del più classico dei “braccini”, Sandgren ha sentito la partita scivolargli via dalle mani mentre Federer viceversa ha ritrovato una condizione migliore, è tornato a muoversi decentemente e nel sesto gioco ha trovato il break decisivo che lo ha portato in semifinale dopo sette palle match annullate. Nel 2014 a Shanghai ne salvò 5 contro Leonardo Mayer, lì però non c’erano di mezzo guai fisici mentre stavolta c’è un malanno che può condizionare anche la semifinale di giovedì. Ha meno di 48 ore per risolvere le cose, di sicuro la possibile sfida con Djokovic non parte con le giuste premesse: sul cemento tre set su cinque non lo batte dagli US Open 2009. Un Federer al 100% non basterebbe, figuriamoci a mezzo servizio.
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