L’inizio di questi Australian Open è stato particolarmente traumatico. Siamo solo alle qualificazioni, eppure alcuni ritmi sono già stati rodati in vista delle giornate più caotiche del primo Slam dell’anno.
Martedì non si poteva giocare, per quanto Craig Tiley ancora oggi abbia sostenuto che si verificavano dati e il proprio team di specialisti non vedeva problemi nelle condizioni. Ieri il caldo, il vento caldo, il diluvio biblico che ha fatto cadere in due ore il quantitativo d’acqua che Melbourne riceve in un mese. Ci sono stati danni, qualche allagamento, tutti lontani però dal centro città dove pare però che abbia piovuto molto più che nelle zone devastate dagli incendi.
Purtroppo quello rimane un tema forte e centrale, soprattutto perché la EPA ha avvisato che è previsto un peggioramento dell’aria tra sabato e domenica, prima però dell’arrivo di una nuova perturbazione. Si sta così, c’è poco da fare. È un Australian Open molto diverso dal solito, ma che prenderà il via. E oggi, finalmente, abbiamo potuto osservare e raccontare del tennis. E vorremmo cominciare con un nome: Sara Errani. La romagnola fa 33 anni quest anno, per tutta la serie di vicende professionali e sportive fa molta fatica ora a tenere il campo come prima e anche oggi è arrivata una delusione (sportiva) contro Anna Kalinskaya in una partita che comunque le ha dato diverse indicazioni positive.
Il carattere e la voglia sono lì, forti, tangibili. Fa effetto vederla così perché anche dopo tutte le peripezie dell’ultimo periodo non è cambiata di una virgola nel modo di stare in campo. Alle volte si innervosisce e dice qualcosa oltre le righe, ma ha un senso della competizione che la trascina ancora in uno spirito combattivo che faceva impressione. La sua avversaria, Anna Kalinskaya è una ragazza del 1998, russa, che qualche anno fa balzò dalla posizione 850 del mondo vicina alle prime 150 in pochi mesi. Si vedono buone qualità, soprattutto nel gestire col rovescio le traiettorie più insidiose di Sara, ma se dobbiamo confrontare le due per la “tigna”, l’azzurra era qualche spanna avanti. Anche sotto 0-4 nel set decisivo la vedevamo caricarsi come se fosse 5-5 al tie-break decisivo. E probabilmente a quel punto ci credeva solo lei, ma ha tentato qualsiasi cosa per riprendere l’avversaria in un vento fastidioso. E a proposito: ricordate tutti le difficoltà di Sara al servizio nell’anno passato. Oggi non ha mai servito dal basso, mantenendo una percentuale di prime dell’84% che è vicina alle “sue” percentuali, sporcate da un terzo set in cui il vento ha recitato la parte di protagonista indesiderato (7 doppi falli complessivi, 6 solo nella frazione decisiva).
Il modo di fare di Kalinskaya era invece totalmente compassato. In diversi frangenti sembrava mancare di concentrazione, o di voglia di stare “sul pezzo” a lottare per ogni punto come faceva l’azzurra. Un po’ quel modo di fare di alcune giocatrici che riescono a essere, come dicono gli inglesi, “effortless” e dare idea di non mettere il minimo sforzo. Alla fine, però, era parsa non riuscire a gestire il momento. Il vento, come detto, influenzava la situazione ma su diversi match point ha spesso scelto male la costruzione del punto se non proprio decidendo di liberarsi spingendo e commettendo errori. Però alla fine ha vinto, e ha meritato, dunque non sarebbe neanche giusto parlare solo degli aspetti negativi ma in molti casi ha anche generato vincenti di grande fattura, come a testimoniare che può avere un livello per essere almeno cliente abitudinaria in top-50.
Poco dopo è stata la volta dell’esordio di Daria Lopatetska a livello Slam. E l’interesse era tanto, perché la ragazzina (molto tra virgolette visto che è circa 1 metro e 80) è al rientro dopo 7-8 mesi di stop per il grave infortunio al ginocchio e finalmente ha fatto il suo esordio Slam. Doveva esserci già a Parigi lo scorso anno, lo stesso dove è arrivata Coco Gauff, ma la rottura del ginocchio ha messo tutto in pausa. Oggi, 6-2 6-2 a Conny Perrin: benvenuta tra gli adulti. Il commento migliore sulla sua partita è stato fatto da Carole Bouchard, giornalista francese: “Quel rovescio sembra dire “presto vi divertirete a fare i conti con me”. È così pulito ed efficace…”. E averla di fronte fa un certo effetto, perché pur non ritenendomi basso mi sono trovato una che a neppure 17 anni (li farà tra 4 mesi) già mi superava in altezza. Nonostante questo non sembrava avere grandi problemi nelle movenze, anzi. Ci sono cose da migliorare, come logico che sia, ma è molto ben impostata. Il suo cammino iniziale, prima della rottura del ginocchio, era un biglietto da visita molto interessante: 5 titoli vinti nei primi 8 tornei, con un 17 su 17 nelle prime partite giocate da professionista. Adesso, Caty McNally, ragazzina statunitense del 2001 che entro fino 2020 potrebbe anche essere tra 30 e 40 del mondo. È una sfida interessante, soprattutto vedendo come reagirà il ginocchio di Lopatetska alla prima serie di partite consecutive.
Lorenzo Musetti era probabilmente il nome più interessante della giornata maschile. Il ragazzo del 2002 faceva anche lui l’esordio assoluto a livello Slam tra gli adulti e il netto 6-2 6-1 ad Amir Weintraub ha detto abbastanza poco perché non è mai stata una partita in discussione ma semmai ci ha permesso di trovare un Musetti molto rilassato nel tunnel sotto la Rod Laver Arena, dove ieri Alessandro Giannessi ha perso le staffe al termine della partita contro Duck Hee Lee. Era molto rilassato, ammettendo tra le righe che il non aver avuto di fronte Hyeon Chung lo abbia agevolato contro un avversario che, e lo ha rivelato lui, era all’ultima partita in carriera. Musetti ha di fronte a sé un percorso molto ripido, con al secondo turno Marius Copil, e dovesse farcela a passare le qualificazioni sarebbe già un traguardo bellissimo.
Nella carrellata di giovani ci mettiamo anche Olga Danilovic. Avevamo lasciato la serba lo scorso gennaio qui, all’inizio di una fase di carriera dove troppo carica di aspettative e nervosismo non riusciva più a vincere una partita. Ha faticato tanto, ma proprio per questo vederla prendersi oggi una durissima partita contro la connazionale Jovana Jovic (conosciuta come Jaksic, ora sposata) ha fatto pensare che qualcosa, rispetto allo scorso anno, è cambiata. La serba è stata caricata di una pressione eccessiva a fine del 2018 quando il suo ex coach (famoso per essersi strappato la maglia a Bercy 2017, quando seguiva Filip Krajinovic) l’aveva annunciata come top-30 in 6 mesi e il risultato è stato un tilt quasi totale da cui ha impiegato tanto per rimettersi in carreggiata. Oggi una partita divenuta complicata e vissuta sul filo fino all’ultimo. Aveva preso il largo dal primo break ottenuto (sul 2-1 del secondo set) fino al 4-1 e servizio al terzo, ma un po’ di tensione e scarsa confidenza l’aveva fatta tentennare e Jovic l’aveva ripresa sul 5-5. Momenti finali palpitanti e la giovanissima serba (anche lei classe 2001) a vincere un gran punto sull’8-8 nel super-tiebreak cacciando un urlo potentissimo per poi non tremare sulla seconda e raccogliere il punto decisivo a rete. L’abbraccio tra le due è stato lungo e significativo, malgrado un MTO chiesto da Jovic sul 3-4, ma ancor più bello è stato vedere Olga lasciarsi andare sulla propria sedia coprendosi il volto e poi (finalmente) sorridendo guardando verso il suo nuovo coach, quel Tomas Wiktorowski che ha fatto le fortune di Agnieszka Radwanaka. Lui le dava una serie di pacche sulla spalla, le diceva quanto gli fosse piaciuto tutto ciò, e Olga che rispetto a un anno fa, su quello stesso campo, ora stava accarezzando sensazioni ben diverse.
Una piccola parentesi la vogliamo aprire, invece, per Maja Chwalinska. La ragazzina polacca del 2001, alta un metro e mezzo se va bene, incredibilmente dotata di talento ed estro ma ancora priva di grande forza che potrebbe rappresentare un deficit andando avanti nella carriera. E sarebbe un peccato, perché oltre alle sue innate qualità, a una sensibilità fuori dal comune e a una grande intelligenza tattica, questa ragazzina è mancina. Oggi ha perso i primi 8 game di fila contro Isabella Shinikova, era sotto 0-6 1-5 ed è riuscita a risalire fino al 5-5. La maggiore potenza della bulgara ha poi evitato nuovi patemi, ma vedere per la prima volta Chwalinska dal vivo e con un look molto “fancy” con tanto di occhiali da vista in volto, roba da tennis di 30 anni fa, lo cataloghiamo nel capitolo delle “esperienze da fare” e lo spuntiamo. Check.
Marta Kostyuk, protagonista qui due anni fa di una bella cavalcata fino al terzo turno, è uscita di scena già al primo turno sconfitta senza riuscire a lasciare il segno contro Natalia Vikhlantseva. Nell’ultimo periodo stavo notando una cosa, che oggi mi è stata un po’ confermata: a ora l’ucraina non riesce a trovare la marcia in più che la può aiutare contro le grandi colpitrici. Ha qualità per come riesce a giocare e alle varie soluzioni tra difesa e attacco, movimenti e atletismo, ma la palla non le sta scorrendo come vorrebbe rimanendo spesso nella zona centrale del campo e senza creare particolari apprensioni all’avversaria. Così, se trova una Samsonova molto ispirata o una Vikhlyantseva che resiste ai vari tentativi fatti a fine primo set può non avere chance vere e finire poi per mollare la presa sul match.
Elisabetta Cocciaretto invece sta facendo una grande figura, e anche lei è all’esordio Slam. Solo rispetto per chi riesce a scendere in campo in una giornata come quella di martedì, lei è riuscita anche a vincere un’incredibile partita in rimonta da un set e un break di ritardo. E oggi contro Francesca di Lorenzo la seconda vittoria consecutiva, in attesa ora di giocarsi il primo tabellone principale Slam contro Tereza Martincova.
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