La parola del Direttore

Berrettini, un pezzo di storia che sa molto più di consolazione

Meglio di Panatta, vi pare poco?

La prima volta, attesa oltre 40 anni, è un atto di fiducia. E Matteo Berrettini lo merita tutto quanto. Alla fine, l’obiettivo minimo l’ha raggiunto, vincere un match, cosa che non era riuscita né a Panatta nel 1975 né a Barazzutti nel 1978. Una breve postilla a una pagina di storia del nostro tennis che sembrava consolidata. La riscrittura di un record che suona di buon augurio. Quarantuno anni dopo, un giovane maestro italiano ha vinto un match contro uno dei soci del Club più esclusivo del tennis, quello dei Più Forti. Berrettini ce l’ha fatta superando Thiem in due set, e l’atto di fiducia è credere che sia stata una partita vera dall’inizio alla fine.

Primo set e soddisfazione sono autentici

Non è così, forse, ma non importa. Il primo set ha mostrato le credenziali del match autentico… Si va in campo, si dà tutto e vediamo che cosa succede. Poi l’austriaco ha pensato ai prossimi impegni e Matteo ha dilagato. Ci si chiede che cosa sarebbe successo se Thiem l’avesse incontrato prima. Berrettini si tira indietro, «il sorteggio era quello, i se e i ma non contano». È venuto a Londra dopo una straordinaria cavalcata fra tornei lontani, da San Pietroburgo a Pechino, da Pechino a Shanghai, da Shanghai a Vienna, ha racimolato punti contro grandi giocatori, ha sfondato il muro della Top Ten ed è giunto qui quasi dal nulla, senza esperienza, accolto da un sorteggio che è sembrato gliel’avessero fatto apposta. Subito Djokovic, poi Federer. Un modo come un altro per fargli sapere che, se vuole stare lassù, deve imparare a convivere con un altro tennis, un’altra vita e ben altre fatiche. Se era un modo per dargli il “benvenuto fra i campioni”, Matteo l’ha ricevuto nel modo più diretto, e anche un tantino spietato. Ma è quello che serviva: da ora sarà tutto più difficile di prima.

Arrivato per restare

La stagione dei tornei si chiude qui, Berrettini lo fa da numero 8 del mondo. E quello è il dato più vero e importante fra tutti. Un ruolo cui il Beretta si è già affezionato. «Ci sono arrivato, e voglio restarci il più a lungo possibile. Dal prossimo anno si lavora per questo. Competere con i più forti, essere al loro livello, pronto a batterli ogni qualvolta il campo lo renderà possibile. Lo so, mi aspetta un tennis senza tregua, emozionante e faticoso. Ma questo ho scelto di fare e lo voglio fare al massimo. Presto radunerò il mio team e le prime parole che sentiranno Vincenzo (Santopadre), Umberto (Rianna) e gli altri, saranno quelle che mi faranno da guida per la prossima stagione: aiutatemi a salire ancora più in alto».

Impegni chiari, e gravosi, come si vede. Partito dal numero 50 e approdato al numero 8 grazie a una sfrenata corsa a ostacoli, Matteo fa sapere di aver trovato la sua dimensione. Ha dieci anni di tennis davanti a sé e li vuole vivere alla grande. Essere fra gli otto alle Finals di Torino nel 2021, non mollare la poltrona fra i primi dieci, vincere grandi tornei. Vivere da protagonista nel tennis che conta. Auguri Matteo. Te li meriti.

Daniele Azzolini

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