[3] N. Osaka b. [5] P. Kvitova 7-6(1) 4-6 6-4
Era la prima volta che Naomi Osaka e Petra Kvitova si trovavano l’una di fronte all’altra dopo la grande finale giocata dalle due a Melbourne, a inizio 2019, e ancora una volta la sfida non ha deluso le attese. 7-6 5-7 6-4 in Australia, 7-6 4-6 6-4 a Shenzhen nel match di apertura delle WTA Finals.
Una partita thriller, qualitativamente forse non quanto la finale dell’Australian Open ma che ha seguito per due ore e 40 minuti un continuo capovolgersi degli equilibri tra momenti che svariavano da una parte all’altra della rete e piccoli particolari che alla fine hanno dato nuovamente la vittoria alla numero 3 del tabellone che prende così il primo successo in questo torneo dopo le tre sconfitte patite nel 2018.
Impressionante, da questo punto di vista, come Osaka abbia fatto suo un primo set che forse l’ha vista subire maggiormente le varie situazioni in campo tra una splendida Kvitova dei primi minuti e le sue difficoltà al servizio. Difficile parlare di sbilanciamento clamoroso tra prima e seconda palla, ma oggi come poi nelle ultime uscite è parso che Naomi avesse bisogno di trovarsi spalle al muro per imporsi fin dal punto di inizio gioco. La sua prima era micidiale e al di là dei 12 ace c’è stata una grande varietà di soluzioni vista anche nell’ultimo gioco quando, dopo aver mancato due match point consecutivi sul 5-2 e 40-15, è tornata a servire e non ha praticamente mai offerto lo stesso colpo per due volte consecutive alla ceca.
Quasi sicuramente, a mente fredda, viene da pensare che a Kvitova quel primo set serviva disperatamente per non creare circostanze dove poteva patire il dover rincorrere soprattutto ora che non è sembrata al meglio, eppure oggi la ceca ha giocato piuttosto bene. È mancata, veramente, sul 4-3 e servizio nel primo set dove ha commesso 3 dei 9 doppi falli totali dal 40-15 riportando in equilibrio la partita. Osaka, dal canto suo, sulle palle break è stata letale per un set e mezzo. Nel primo set ne ha fronteggiate 7, e in 5 di queste non ha neppure fatto partire lo scambio trovando spesso servizi su cui Kvitova non riusciva a rispondere. Bravissima, poi, a riemergere dal 0-2 15-40 in una fase in cui lei era entrata piuttosto lentamente nell’incontro mentre Petra tirava quasi solo vincenti. Eppure, è sembrato che persino la ceca avesse una sola via per far male: o comandare lei lo scambio, oppure imporsi in risposta cercando una pallata centrale e colpire per chiudere sul colpo successivo aspettandosi una palla più corta perché l’avversaria non era pronta. Era forse il modo migliore, questo, per affrontare una superficie che a tutte è parsa piuttosto lenta e anche solo pensare a quello che è stato il torneo di Zhuhai è sembrato che effettivamente la palla viaggiasse a metà velocità dopo il rimbalzo.
Un aspetto che si faceva notare non di rado, con le giocatrici che quasi fermavano il movimento per aspettare che la palla arrivasse. Soprattutto, è parso evidente come Kvitova abbia perso il timing sulla palla del possibile 5-4 e servizio. L’unica in cui ha “colpe”, l’unica che Osaka le ha fatto giocare al di là di quella concretizzata in apertura. La giapponese è andata per un rovescio stretto e lei non ha subito il contropiede piazzandosi per colpire col dritto verso il lungolinea. Lì, però, ha atteso troppo con la palla che sembrava non arrivare e l’ha colpita tardi, facendo venire fuori un colpo abbastanza fiacco e spentosi sotto al nastro. Osaka, che fino al 4-4 0-30 stava servendo solo al 40% di prime palle in campo, ha poi chiuso il set imponendosi 7-1 al tie-break e alzando la percentuale al 56%. Si distraeva ogni tanto, ma ogni volta che poteva mettere la prima aumentavano in maniera netta i punti portati a casa anche senza far cominciare lo scambio, evitandosi dunque momenti dove Kvitova cercava di essere aggressiva. Sul finire del primo set, poi, la ceca ha anche cominciato a deragliare di dritto, ostinandosi a cercare il rovescio dell’avversaria e ricevendo palle sempre più complicate perché quel colpo ormai era in palla e lei, invece, ha sbagliato tantissimo rischiando già nel dodicesimo game prima di precipitare e dando il 7-6 alla giapponese.
Nel secondo parziale, inizialmente, c’è stata tanta confusione in campo. Kvitova si prendeva il break del 2-0 spingendo stavolta sul dritto dell’avversaria ma sbagliava tanto a sua volta rimettendola subito in scia e consegnandosi, sul 2-2, con un nuovo game al servizio perso. Osaka però non ne approfittava e sul 30-0 commetteva il primo doppio fallo della sua partita e, dopo un altro errore, dava il punto del 3-3 all’avversaria che sul 4-4 si salvava da una situazione complicata a metteva tanta pressione a Osaka. Nel nono game la giapponese ha avuto tre seconde consecutive dal 15-15 ma ha raccolto un solo punto, esagerando con la risposta sul 30-30. Anche qui è calata, mettendosi da sola spalle al muro fermando il gioco sul 5-4 0-15 e perdendo il punto. Nono sono bastati due ace consecutivi perché dal 30-30 il servizio ha sempre balbettato sulla parità, cedendo poi al secondo set point.
Rileggendo l’andamento, qualche similarità con la finale di Melbourne si può tranquillamente trovare, tra il tie-break a decidere il primo set e la crescente tensione alla fine del secondo. E così anche nel terzo set: allora il break arrivò sull’1-1 e così anche stavolta Osaka ha messo la freccia, cominciando il game con un gran dritto vincente e poi suggellando il tutto con un punto vinto aprendosi il campo sul rovescio della ceca, colpevole anche di un doppio fallo nelle fasi di parità. Osaka è riuscita a confermare il vantaggio e sul 4-2 ha messo la freccia per il doppio break. C’è voluto però il secondo tentativo per chiudere il match, visto che sul 5-2 la prima ha latitato ancora una volta e proprio sui match point, dando modo a Kvitova di entrare in campo e far male. Sul 5-4, invece, il game è cominciato con un ottimo servizio a uscire, tattica usata anche sul 15-15 dove si è presa un rischio enorme con uno schiaffo al volo dentro di un nulla. Poi, sul 40-15, la chiusura ancora con la prima, oggi quantomai fondamentale.
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