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Us Open, Medvedev stoppa i sogni di Dimitrov: prima finale slam per il russo

[5] D. Medvedev b. G. Dimitrov 7-6(5) 6-4 6-3

Si può riassumere un’intera carriera tennistica in una partita? Chiedetelo a Grigor Dimitrov. Probabilmente non confermerà, ma, nella sua testa, sa benissimo di aver giocato, per lunghi tratti, la sua partita migliore da mesi e mesi a questa parte, e di averla persa. Nettamente, peraltro. Nella prima semifinale di Flushing Meadows, a passare è, infatti, Daniil Medvedev che consacra il suo periodo d’oro americano e vola in finale, la sua prima in uno Slam.

Diciamolo chiaramente: il primo set non meritava di vincerlo. Ma se dall’altra parte hai chi, dopo aver ricamato gioco e fatto la partita, non sfrutta i momenti chiave, ti ritrovi in tasca il vantaggio. A prescindere. La bravura principale del russo, nel parziale d’apertura, come in tutto il match, è stata la capacità di rimanere lì, anche nei momenti in cui il bulgaro si esaltava, spingeva, forzava. Poi una bella mano la dà anche santo servizio. E allora, dopo un breve scambio di battute iniziali, regna l’equilibrio e si approda al tiebreak. Qui non cambia assolutamente nulla, almeno nelle battute d’avvio. Dimitrov è più in palla e aggancia il minibreak, salendo 2-0. Poi, sparisce. Con errori grossolani e doppi falli sanguinari, si fa recuperare e Medvedev vola 5-2. Poi è lui a sbandare un po’ troppo, concedendo il rientro dell’altro. Alla fine, è Dimitrov che decide di perderlo. Probabilmente braccino, scarsa fiducia per le poche vittorie. O forse più banalmente poca concentrazione. Fatto sta che altre due sciocchezze confezionano il 7-5 finale.

Per cinque minuti di secondo set sembra essere quasi cambiata, l’aria. Perché il primo a brekkare, a freddo, è proprio Grigor. Nemmeno il tempo di pensarlo che rovina tutto. Da 1-0 e servizio e 1-3 sotto. È bravo a recuperare immediatamente, perché di fatto il suo livello è medio-alto, il suo tennis propositivo. Addirittura sul 4-4, battuta Medvedev, fa cinque punti sensazionali, in un game fiume portato a casa dal neo-vincitore di Cincinnati. E allora come si spiega? Come si spiega che il gioco successivo a quest’ultimo, Dimitrov si fa brekkare, incrinando definitivamente la semifinale? Presto detto. Chi ha seguito l’incontro se ne sarà accorto. Il russo è un muro di gomma, non butta e non sbaglia nulla. Rimanda indietro tutto e Dimitrov per fare punto deve davvero estrarre il coniglio dal cilindro. Ma, quando i conigli finiscono, arrivano gli errori. Perché se ti vedi ritornare qualsiasi cosa, inizi a peccare di lucidità nel lungo periodo e sbagli tu per primo. Ad un certo punto la regia ha mostrato i non forzati del bulgaro, il doppio rispetto a quelli del russo. In realtà, sebbene non forzati, per il motivo di cui sopra, c’è veramente tanto di Medvedev in moltissimi di quegli unforced.

Una pecca che si deve segnalare in Dimitrov è quella del non voler scendere mai a rete. Mai. Solo quando è proprio costretto. Eppure spesso e volentieri, affondando col dritto, e facendo perdere campo a Medvedev, si era creato le opportunità per attaccare…non facendolo. Rimanendo inchiodato sulla riga di fondo a fare braccio di ferro. Strategia rivedibile. Manca la variazione. La linearità piace al russo, ci va a nozze. È solo questione di tempo, prima che riesca a logorarti.

E difatti, salito 2-0 di set, il terzo è una passeggiata. Il break al quarto gioco è una sentenza. Dimitrov versa ogni goccia di quello che gli è rimasto, ma nemmeno riesce a scalfire il servizio di Medvedev e nulla può fare se non guardarlo chiudere i conti. Ora, il giovane attende il vincente della sfida tra Rafa Nadal e il nostro Matteo Berrettini.

Giovanni Putaro

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Giovanni Putaro
Tags: US Open

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