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L’implacabile Nadal e l’aggancio allo sprecone Federer: è solo questione di tempo

Se mi avessero detto di scrivere questo pezzo a settembre del 2016, probabilmente mi sarei messo a ridere. Wawrinka aveva appena vinto lo US Open, Djokovic era n.1, anche se all’inizio della sua crisi che lo avrebbe accompagnato fino a Wimbledon 2018, Federer e Nadal erano a… Maiorca, alla scuola di Rafa. Sembravano finiti, finitissimi, appartenenti ormai al passato.

Da allora Nadal ha vinto 5 slam, Federer 3. Mettendo per un momento da parte lo svizzero, nessuno da settembre 2016 ha vinto più slam del maiorchino. E se i tre Roland Garros appartengono quasi alla normalità (se vogliamo chiamarla normalità), sono i due US Open a rendere l’idea dell’incredibile svolta di Rafa, che ricordiamolo ha “solo” 33 anni. Cinque anni in meno di Federer e solo uno slam di distanza: 20 a 19. A questo punto non ci si deve chiedere se arriverà l’aggancio, ma dove e quando. E’ solo questione di tempo, anche se tutto lascia pensare che Parigi 2020 sia la data buona per vedere i due più grandi rivali della storia del tennis appaiati in cima al numero dei majors.

Senza voler entrare nell’eterna diatriba del GOAT e così via, Nadal ancora una volta ha dimostrato la vera e più grande differenza tra lui e Federer: non sbaglia mai l’occasione. In tutta la sua carriera, se lo spagnolo ha avuto una possibilità, anche minima, per poter vincere uno slam, l’ha colta. Al volo. Certo, ha perso delle finali, ma in nessuno di questa partita nettamente favorito o si può dire che l’ha buttata via. Forse qualche rimpianto (anzi, più di un rimpianto), Nadal ce lo può avere per l’Australian Open 2012, 4-2 al quinto set e palla del doppio break, ma lì sarebbe stata davvero un’impresa battere quel Djokovic, altrochè. Non si può dire di averla buttata, non di certo. D’altra parte Federer qualche peccatuccio in più ce l’ha, ultima la sanguinosissima sconfitta con due match point a favore a Wimbledon contro Djokovic.

La differenza tra i due, probabilmente, sta tutta lì: Nadal si prende tutto ciò che c’è da prendere, Federer nel corso della sua carriera è stato più “leggero” da questo punto di vista.

E questo è un grandissimo merito del maiorchino, che magari non sarà troppo spettacolare quando gioca come il collega svizzero, ma certamente è stato più pratico. Con un pizzico di fortuna, soprattutto a New York, che non guasta: il primo top ten affrontato solo in finale nel 2019, vittoria nel 2017 con nessun top 50 affrontato prima della semifinale, battendo poi del Potro (testa di seria numero 24) e Anderson (testa di serie numero 28). Insomma, due US Open vinti con pieno merito ma frutto di imprese non esattamente impossibili. Fortuna, certo, ma si sa: aiuta gli audaci. E quelli molto, molto forti.

Luigi Ansaloni

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