Alzi la mano chi si aspettava una notizia del genere, e cercate di essere onesti con voi stessi. Qualche segnale lo si poteva forse avere, pensando anche all’esibizione giocata a metà maggio a Wimbledon nel match contro Venus Williams che inaugurava il Campo 1 di Wimbledon con il tetto, ma rimanevamo ancora nel campo delle ipotesi più improbabili.
“Improbabile” è forse l’aggettivo che per primo viene in mente pensando alla decisione di Kim Clijsters di annunciare il secondo rientro nel circuito WTA, all’incirca nei giorni in cui 10 anni fa si imponeva allo US Open nel secondo torneo dal rientro in campo dopo la prima maternità.
In qualcosa che lascia spiazzati c’è un mare di idee e possibili scenari. Partendo dalle cose più semplici: il suo ritorno è un bene, e non tanto perché serve una figura come la sua al tennis femminile e tutti i luoghi comuni spesso abusati, ma perché parliamo di una campionessa che decide di rimettersi in gioco senza nessuno che glielo imponga. Leggendo l’intervista rilasciata a WTA insider e ripensando alle decine di occasioni in cui si è vista ai tornei, era forte la sensazione che effettivamente non riuscisse a staccarsi perché il tennis era qualcosa di troppo bello per lei, interessata anche solo a vedere due che colpiscono qualche palla, oppure seguire passo dopo passo Elise Mertens nella crescita degli ultimi anni, essere fianco a fianco delle squadre maschili e femminili di Fed Cup (in prima fila per la storia finale di Coppa Davis contro la Gran Bretagna).
Nel 2017 fa seguiva Yanina Wickmayer come sparring partner, l’abbiamo intercettata sui campi dell’Australian Open quando cercava di non dare troppo nell’occhio (era sul campo 22, uno dei più periferici e nascosti, nella giornata di domenica che precede l’inizio del torneo quando l’impianto è chiuso al pubblico). È stata la prima a congratularsi per David Goffin dopo che aveva raggiunto la finale al Master di Londra del 2017. Un rapporto mai veramente finito dunque malgrado la vita le abbia posto altre strade davanti, priorità diverse. Così, in questo senso di amore vero ha deciso di rimettersi ancora in gioco per vedere cosa è capace di fare. C’è tanta bellezza nel suo desiderio di scoprire una nuova parte di sé, fattore che indirettamente farà bene a tutto il tour in una fase però molto diversa rispetto a 10 anni fa.
Quando facciamo riferimenti alla WTA del recente passato siamo forse troppo duri e allo stesso tempo vaghi. Sappiamo che c’erano nomi di altissimo livello qua e là, sparsi nel tempo, che hanno avuto carriere eccezionali e si prendevano la maggior parte dei tornei pesanti mentre ora tendiamo a vedere solo tanta confusione. Cercando di fare una distinzione oggettiva, forse il momento veramente importante è arrivato agli inizi degli anni 2000. L’esplosione delle sorelle Williams, la stessa Clijsters assieme a Justine Henin, il momento di Jennifer Capriati, l’ultima fase di Lindsay Davenport, l’arrivo delle russe capitanate da Maria Sharapova, poi Amelié Mauresmo, e chi più ne ha più ne metta. Quando invece Kim decise per il primo rientro, il circuito era in una fase di calo malcelata e si avvicinava al primo grande problema che l’ha condizionato poi negli anni a seguire: la scarsità di giovani come opzioni vere per un ricambio generazionale, unita alle non perfette condizioni delle rispettive big. Persino Serena Williams, pur vincendo un paio di Slam, era ancora lontana dalla condizione che l’ha resa quasi imbattibile da metà 2012 e per i successivi 3 anni. E sembra assurdo, soprattutto perché in quel periodo Victoria Azarenka veniva da una vittoria di alto prestigio a Miami, Caroline Wozniacki di lì a poco sarebbe diventata numero 1 e Petra Kvitova sarebbe esplosa poi nei primi mesi del 2011. Oltre a loro, e una Agnieszka Radwanska ancora nelle prime retrovie, c’era il vuoto. E considerando come Clijsters abbia resistito circa tre anni, si incastra più che bene in una fase abbastanza altalenante sebbene fosse presente qualche atleta di altissimo livello.
Eravamo ancora lontani da quella che poi fu la vera grande stagione del tennis femminile dell’ultimo decennio: il 2012. Wozniacki ha costruito una carriera di cui essere estremamente orgogliosi, ma sappiamo quanta difficoltà aveva a far bene negli Slam e quante critiche le siano piovute addosso. Nel giorno in cui diventava numero 1, a Pechino, la prima domanda che le venne fatta in conferenza stampa fu: “sei sicura di meritartelo?”. La stessa Azarenka divenne letale tra fine 2011 e inizio 2012. Clijsters, che a conti fatti non aveva ancora 30 anni, ci mise pochissimo a ottenere risultati incredibili con in totale tre titoli Slam e una settimana in vetta al ranking WTA. Questo fu possibile grazie alla base di partenza di altissimo livello anche dopo lunghi periodi di inattività agonistica. In questo, ma non solo, Kim è speciale. E se sono in tantissimi a esultare per la notizia, compresa anche Serena e Martina Navratilova, vuol dire che il tutto può rappresentare qualcosa di impossibile che può diventare possibile. Sven Groeneveld, coach per 4 anni di Maria Sharapova, ha commentato su Twitter che vede Kim arrivare a battagliare con le migliori del momento proprio per quel bagaglio di talento che l’avevano resa la migliore anche dopo la prima gravidanza.
Il più, semmai, sarà l’impatto con un mondo dove le giovani sono molte e molto agguerrite. Se ai tempi avevamo qualche nome, ora sono una marea per un cambiamento cominciato a conti fatti nel 2018 con la finale a Indian Wells tra Naomi Osaka e Daria Kasatkina, passato per la finale di Mosca tra le 2001 Olga Danilovic e Anastasia Potapova e giunto fino ai quattro Slam negli ultimi 5 vinti da under-23 con oggi una top-10 che conta una ragazza del 1996, due del 1997, una del 2000 neo campionessa Slam e vede appena fuori due del 1998 e Marketa Vondrousova, classe 1999. Dovessimo paragonare loro alla miglior Clijsters, prenderemmo ancora Kim perché la belga nel 2003 (a 20 anni) ebbe una stagione irripetibile per quasi tutti gli esseri umani: 154 partite tra singolare e doppio, 137 vittorie, 25 finali raggiunte. Roba da Navratilova e Chris Evert negli anni ’80 in totale dominio, strapotere e superiorità. E forse Kim è anche una delle ultime che gioca proprio per l’amore per il tennis mentre oggi dove tutto è più business subentrano tanti particolari in più.
Eppure il tennis femminile è in continua evoluzione e a oggi è molto cambiato rispetto a quel periodo, come anche al 2009. La belga stessa ne parlava a Singapore, lo scorso ottobre, dove intervenuta come leggenda dello sport raccontava che ai suoi tempi non c’erano tutte queste attenzioni maniacali di adesso e in suo “supporto” è arrivato il papà di Wozniacki che raccontava di come nei primi tempi la figlia aveva ritmi di allenamento più leggeri e con meno richiesta dal punto di vista fisico mentre negli ultimi anni non poteva mancare giorno in cui non ci fosse una programmazione ferrea. Il gioco è più potente, più fisico, tutto improntato alla ricerca del limite nei materiali e calcolato al minimo dettaglio dal proprio team. Eppure, chiudendo gli occhi, ci immaginiamo una sfida tra lei e le ragazze terribili di adesso. Che sia Osaka, Bianca Andreescu, Belinda Bencic, Ashleigh Barty o chi per loro. E la reazione è una sola: dateci quelle partite, subito, con la consapevolezza che malgrado l’inattività la belga, proprio perché baciata da un talento sconfinato, possa ancora dare battaglia. Lo pensa anche Martina Navratilova, intervistata dal New York Times: “Si fa molto più difficile per la lunga inattività. La più grande domanda sarà sui movimenti, che è una parte molto importante del suo gioco. Perderà un passo, forse un passo e mezzo, ma i colpi di altissimo livello ci sono e ci sono sempre stati e lei rimane una che conosce fin troppo bene lo sport e come impostare l’attività fisica. E sapete cosa vi dico? Che ci sto, sono completamente dalla sua parte. Se vuole veramente impegnarsi, lei potrebbe ancora avere circa 4 anni prima che le cose comincino definitivamente a crollare. La misura del successo per me non è se sarà in top-100, top-50 o top-10, ma se lei ama e lei fa quello che davvero vuole fare”.
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