[8] S. Williams b. [WC] C. McNally 5-7 6-3 6-1
Alla fine si è risolta con un dominio, un tripudio di applausi, un sorriso abbastanza a metà tra la soddisfazione e la sensazione di aver scampato un primo ostacolo rivelatosi sorprendentemente tosto.
Tutto ci si poteva attendere dal derby statunitense che chiudeva la serata dell’Arthur Ashe, come chiuso era il tetto a causa delle forti piogge incessanti dal mattino, tranne che Caty McNally si proponesse come avversaria terribilmente tosta per Serena Williams, che ha però avuto un calo netto nella condizione fisica rispetto alla giocatrice che due giorni fa travolgeva Maria Sharapova.
Una differenza di motivazioni, tra le due partite, che si spiega anche senza voler screditare la teenager in tabellone con una wild-card: quando Serena rifiuta di parlare di una rivalità vera tra lei e Sharapova, dovuta anche alle 19 vittorie consecutive, crea in se stessa l’esatto effetto opposto, cioè quella di voler a tutti i costi non solo vincere (obiettivo comunque di ogni tennista quando scende in campo) ma di stravincere, dominare, ribadire ancora una volta che la migliore è ancora lei. Motivazioni extra che sono quella partita può dare, proprio perché la storia delle due rimane comunque collegata dalle tante vicende avvenute dentro e fuori dal campo che avranno probabilmente fatto dire alla statunitense, nel lontano 2004, che non si sarebbe mai più perdonata di perdere contro la ragazzina che la umiliò a Wimbledon.
McNally ha la stessa età di Sharapova in quel giorno di 15 anni fa, non era ancora nata quando Serena vinceva il primo titolo Slam a New York (1999), e per due set interi ha tenuto sotto grandissima pressione la ex numero 1 del mondo. I passi di Williams, soprattutto, erano molto più pesanti dell’altra sera e lei era brava a mantenere solidità da fondo campo e farla muovere per metterla fuori posizione appena possibile. Contro Sharapova erano più le occasioni in cui Serena riusciva a uscire da quelle dinamiche e a essere lei a dominare (e d’altronde da un 6-1 6-1 come quello non ci si può attendere molto di diverso) mentre stavolta si è dannata l’anima per cambiare l’inerzia di una partita incredibilmente complicata, che fino al 3-2 per lei nel secondo set non l’aveva vista ancora vincere un turno di risposta.
McNally, ordinata, aveva raccolto i frutti di questo suo atteggiamento sul finire di primo set quando approfittava di un calo di Serena per brekkare la sua avversaria e poi salvare un game da 0-40 per prendersi il primo set tra la sorpresa di tutti. Cominciava a essersi un po’ di intensità in più, Serena aveva l’atteggiamento del leone ferito e cominciava a farsi sentire maggiormente, anche con una serie di sguardi e occhiatacce, ma alzando gradualmente il proprio livello per arrivare al break tanto agognato nel sesto game. Da lì, per quanto la situazione fosse tornata più sotto controllo, McNally continuava a darle fastidio. Break confermato ai vantaggi, 5 set point mancati sul 2-5 prima della chiusura, non senza impacci, nel nono game.
Dopo più di un’ora e mezza di gioco, ora sì, il peggio era alle spalle. McNally ha perso efficacia e lei, Serena, ha liberato tutti i suoi cavalli. Dominio puro nel terzo set, quello che doveva forse essere da inizio partita, e il dato che colpisce: 24 punti vinti a 5. È cambiato tutto, e la ex numero 1 del mondo ha preso il tanto agognato terzo turno. Il tabellone però ancora non spiana: adesso avrà Karolina Muchova o Su Wei Hsieh. Potrebbe dominare in potenza la giocatrice di Taipei, ma sono entrambe in grado di riproporre una partita come quella di McNally di stasera, più abituate ai grandi eventi (per quanto Muchova sia al quinto Slam in carriera, ha già raggiunto un terzo turno e un quarto di finale) e portatrici di un tennis che le fa male. Deve essere brava a cambiare pagina e ripoporsi nella miglior versione, allora sa bene che sono pochissime a poterla contrastare anche ora che gli anni sono ormai 38.
Altri risultati
L’unica altra partita femminile giocatasi, causa pioggia, è stata quella di Ashleigh Barty contro Lauren Davis. L’australiana, pur evitando le fatiche dell’esordio contro Zarina Diyas, ha avuto ancora dei passaggi a vuoto seppur meno incisivi. La vittoria è arrivata per 6-2 7-6 anche grazie alla scarsa percentuale di prime della sua avversaria, che però nello scambio teneva più che bene il ritmo e difendeva ogni volta con ottime capacità di copertura del campo, oltre a non avere alcun problema a gestire lo slice di Barty anche perché giocava a suo favore la non particolare altezza che la portava a non faticare mai quando si abbassava per colpire.
Ci sono voluti circa 30 minuti nel primo set prima che la numero 2 del seeding prendesse il largo e chiudesse poi 6-2 in tre quarti d’ora. Nel secondo, però, non ha “ammazzato” la partita e per poco non veniva costretta nuovamente a un terzo set. Davis è scappata avanti nel punteggio a metà del set e sul 5-3 dopo aver recuperato da 15-40 ha anche avuto un set point prima di cedere il servizio. Salvati 3 match point sul 5-6, però, non è riuscita a essere competitiva nel tie-break e ora la numero 2 del mondo avrà un terzo turno contro Maria Sakkari o Shuai Peng.
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