[3] R. Federer b. D. Dzumhur 3-6 6-2 6-3 6-4
Mentre la pioggia la fa da padrone, garantendo il privilegio di giocare in orario solo a chi ha un tetto sotto cui stare, Roger Federer si vede nuovamente costretto a rimontare un set in questa sua esperienza americana. Stavolta a portarglielo via è Damir Dzumhur in maniera forse anche più netta, sul piano del gioco, di quanto avesse fatto Nagal al primo turno.
L’avvio è abbastanza straniante. L’elvetico è fermo, non sente la palla e questo lo porta a sbagliare molto e a concedere due volte la battuta al suo avversario. Recupererà un break, ma a nulla servirà per le economie del parziale, ormai compromesso. È palese, naturalmente, che non sia tanto Dzumhur quello a padroneggiare un livello superiore alla media (sebbene un approccio comunque positivo, un gioco ordinato e a volte variegato…insomma, una buona prestazione), ma sia Federer quello il cui livello barcolli sull’insufficienza, forse anche a causa dei pochi allenamenti che ha ammesso di aver svolto dalla finale di Wimbledon ad oggi.
È ancora il bosniaco a salire a palla break per primo nel secondo set, ma Roger stavolta l’annulla. E successivamente, finalmente, brekka. E il pubblico tira un bel sospiro di sollievo e inizia, dacché parzialmente in silenzio era rimasto fino ad allora, a farsi sentire. Nonostante il persistere di qualche sbavatura (in numero comunque minore rispetto al set d’apertura), ora i colpi cominciano a girare meglio, la battuta pure. Federer sente la fiducia, forza la seconda quando serve, cosa che in precedenza non faceva, avendo percentuali impietose. Scivola 30-40, ma con un ace sistema le cose. È l’unico brivido, prima di chiudere 6-2, grazie ad un altro break.
Prosegue il match, progredisce lo status dello svizzero, più solido e centrato, ora sempre in controllo, seppur non brillando particolarmente, tranne che in qualche soluzione estemporanea o tocco a rete. Trova subito il break, cui fa seguire un convinto e rabbioso “Chum jetze”. È costretto ai vantaggi, e ad annullare tre insidiosi break point, nel lunghissimo settimo gioco, nell’unico acuto in risposta di Dzumhur del set. Contiene Roger e si porta due set ad uno. Anche nel quarto, ed ultimo, non cambia la musica: break immediato dell’elvetico, game impegnativo nel quale regge ai vantaggi, e partita in cassaforte. Un successo, questo, come quello contro Nagal, che alla fine può giovare a Federer, soprattutto mentalmente, più di quanto magari non lo farebbe un risultato netto in straight sets. Certo, ora bisognerebbe vedere a che punto reale è la sua condizione. Perché i turni passano, alla prossima c’è uno tra Evans e Pouille, con il francese reduce da un ottimo torneo di Cincinnati. Lasciare un set anche lì, o negli eventuali turni a venire, non potrebbe essere il massimo della comodità…
[7] K. Nishikori b. B. Klahn 6-2 4-6 6-3 7-5
Si complica forse un po’ troppo la vita, Kei Nishikori, che supera l’ostacolo Klahn in quattro set e dopo quasi tre ore. Il giapponese, che era partito benissimo, portando a casa il primo set, si era issato di un break pure nel secondo, salvo poi subire un tracollo dei suoi tra ottavo e decimo gioco che gli è costato il parziale. Ritornato sui suoi ritmi, e fatto suo il terzo, vola spedito anche nel quarto, salendo in men che non si dica 5-1. Tutto fatto? Macché, non sarebbe Nishikori. Incomprensibilmente il nipponico si spegne, subendo la rimonta fino al 5-5. Nell’undicesimo gioco rifiata comprensibilmente Klahn, mollandolo a zero. Tuttavia, ad un passo dal tiebreak, permette all’altro di giocarsi tre match point consecutivi e proprio uno slice lungo dell’americano sul terzo regala al qui finalista 2014 la vittoria.
Gli altri match
Non ha bisogno nemmeno di scendere in campo, Grigor Dimitrov, per qualificarsi al terzo turno, dato il ritiro per infortunio alla schiena di Borna Coric, altro giovane talento dal 2019 opaco e costellato di problemi fisici. Dimitrov, dal canto suo, si trova in tranquillità un passo più avanti nel torneo, in attesa di uno tra Cuevas e Majchrzak.
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