Da un lato è stato un peccato vedere come il vento, continuo e piuttosto forte per tutta la partita, abbia avuto un ruolo importante nell’economia dei fattori di un match che si preannunciava molto incerto.
Dall’altro, però, tutto ciò accresce un po’ di più la sensazione che Serena Williams abbia vinto questa partita, la prima contro Naomi Osaka, perché abbia fatto tutto alla perfezione come poche altre volte negli ultimi anni.
Il 6-3 6-4 in suo favore, maturato in un’ora e un quarto di gioco, è frutto di una partita impeccabile sotto tanti punti di vista. Era difficile, talvolta impossibile, giocare per entrambe in un certo settore di campo, fattore che ha danneggiato maggiormente la giapponese, ma Serena ha fatto di tutto ciò una situazione a suo favore riuscendo comunque a essere aggressiva in ogni game di risposta approfittando anche della situazione di punteggio che la vedeva servire lei per prima.
Osaka quando poteva giocare era devastante, pur con al di là della rete una statunitense in grado di districarsi piuttosto bene in fase di recupero. Muoveva molto bene i piedi, Serena, eppure quando Naomi riusciva a colpire bene perdeva campo e andava in affanno continuo. Malgrado questo, non è stata in grado di fare nulla di quello che le riesce normalmente. Come nel dialogo a fine primo set con il proprio allenatore, raccontava che voleva provare a giocare più prime palle per non andare in affanno, ma si è trovata verso metà set imbrigliata in una situazione da dove non vedeva via d’uscita: cercava di spingere, ma la palla le volava via; calava la velocità per metterla in campo, veniva colpita da un’avversaria sempre in spinta e sempre aggressiva.
Questo, conscia anche lei che al di là della rete c’era un mostro di bravura come Serena, le era entrato nella testa. Cercava di colpire profondo, cominciato lo scambio, ed era lei la prima a perdere il controllo. Addirittura 11 gli errori gratuiti di un set decisosi col break sul 3-2 Wiliams, confermato e poi finalizzando il tutto nel nono game rientrando da 0-30 anche grazie ai tanti punti gratuiti col servizio. E nel secondo parziale non era cambiato nulla, del filone narrativo per una volta così diverso dai precedenti. Osaka non si era affatto avvicinata male alla partita, eppure non riusciva a fare nulla che rientrasse nella propria idea di gioco. Nei primi incontri giocati in Canada, era con i piedi ben dentro il campo, talvolta rischiando tanto sulle seconde avversarie entrando di oltre un metro rispetto alla linea di fondo campo. Oggi, a metà del secondo set, la statistica indicava che fin lì aveva colpito appena il 2% delle palle dentro il rettangolo di gioco. Questo, soprattutto, dava modo a Serena di comandare e imporre potenza e direzione agli scambi, evitando dunque di dover correre costantemente da un lato all’altro del campo.
In ottica futura cambia abbastanza poco, per Osaka, mentre per Serena è una bella iniezione di fiducia anche perché dal punto di vista fisico è sembrata forse in una condizione migliore di tanti altri momenti in questo 2019. Sull’1-1 nel secondo set è arrivato il secondo break in suo favore e anche dopo essere andata a sbattere contro il paletto della rete per riprendere una palla corta è sembrata stare piuttosto bene. Naomi ha avuto una, sola, mezza chance di rientrare, quando sul 3-2 Serena è salita 15-30 in risposta giocando due punti “suoi” ma ha rovinato tutto scegliendo una smorzata di dritto molto telefonata e con traiettoria risultata troppo alta, con un’avversaria troppo vicina alla linea di fondo per non arrivarci e giocare il vincente in tutta sicurezza. Da lì per l’ex numero 1 del mondo è stata questione di gestire bene i propri turni di battuta e, anche dopo aver superato un minimo di impaccio al servizio per il match quando ha mancato 3 match point consecutivi, alla quarta chance ha finalmente spezzato una sorta di maledizione.
Come dicevamo ieri, Toronto era forse il luogo migliore per ripartire dopo tutto quello che è stato legato alla loro ultima sfida prima di oggi. È vero che era pur sempre Nord America, ma è altrettanto vero che rimane un Premier 5, ai quarti di finale, con molta meno pressione per entrambe rispetto a uno Slam, ma rispetto anche a Miami, dove entrambe si possono considerare “di casa” (e dove quel match venne comunque giocato con una Williams decisamente lontana dalla versione di oggi).
La statunitense, in semifinale, avrà la grande rivelazione del torneo: Marie Bouzkova. Che poi, insomma, parliamo di una giovane tennista ceca. Ormai non dovremmo neanche sorprenderci più di tanto se da quella straordinaria fucina di talenti in un anno sono spuntate fuori tre tenniste che daranno il cambio alla grande generazione attuale, che sembrava fin troppo florida. Lei, Karolina Muchova, Marketa Vondrousova (a cui facciamo un grande in bocca al lupo, al momento, visto che è impegnata con un brutto guaio al polso maturato appena ha effettuato il cambio di superficie da terra a erba e ancora non ha ripreso la racchetta in mano), con Katerina Siniakova pur sempre sullo sfondo, anche se al momento molto più altalenante e discontinua.
Bouzkova, che qui a Toronto ha cominciato il proprio cammino nelle qualificazioni, ha portato avanti un percorso incredibile fin qui. Tolta la wild-card canadese Leylah Fernandez all’esordio, ha eliminato in successione Sloane Stephens, Alona Ostapenko e ora Simona Halep. Un cammino anche fortunoso, visto il momento molto negativo delle big, ma sta giocando davvero bene, accettando scambi lunghi e attaccando col dritto in lungolinea, e mostrando una buona qualità al servizio. Il match contro Halep è stato abbastanza “strano”. Anzitutto era privo di quel fastidiosissimo vento che aveva sferzato fino a poco prima, ma nelle fasi iniziali sembrava tutto fin troppo perfetto per Bouzkova, capace di salire 4-0 anche grazie a una Halep abbastanza spenta.
La rumena ha reagito, e alzando il proprio livello ha raggiunto abbastanza facilmente il 4-4, ma da lì è tornata sbagliare tanto e a sembrare più lenta. Perso il set per 6-4, Halep ha subito chiamato il trainer e dopo una chiacchierata in cui lei ripeteva di sentire dolore nella zona del tendine d’achille (lo stesso che la infastidiva nel match d’esordio) ha deciso per non rischiare ulteriormente, soprattutto con lo US Open a 2 settimane ormai di distanza. Un ritiro che definiremmo precauzionale, ma che lascia strada alla giovanissima ceca per una semifinale da sogno contro Serena. Le tremava la voce quando, a bordo campo, rispondeva alla domanda della intervistatrice circa cosa voglia dire per lei affrontare una leggenda vivente del tennis. A volte la bellezza di uno sport è anche nella tenerezza dello sguardo di una ragazzina catapultata all’improvviso in un universo a lei sconosciuto fino a qualche ora fa.
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