[8] S. Williams b. M. Sharapova 6-1 6-1
…Gli anni d’oro del Grande Real, gli anni di Happy Days e di Ralph Malph. Gli anni in motorino sempre in due…
Vorremmo aggrapparci a Max Pezzali per provare a trovare un appiglio a raccontare quella che è stata la fine più probabile di una sfida tanto chiacchierata quanto chiusa nel suo pronostico.
Nessuno metteva in dubbio, probabilmente, il successo di Serena Williams contro Maria Sharapova, ma la curiosità nasceva da diversi particolari tra cui il fatto che entrambe a oggi non sono più nei loro momenti migliori di rendimento. Il problema, qui, è però che la russa è una copia sbiadita della giocatrice che pur tra tanti problemi si batteva fino all’ultimo.
In 58 minuti il match tra le due regine (una con qualche grado in più, diciamo) si è già concluso, franato sotto le aspettative di qualcosa che non poteva più essere. Registrando una a una ogni singola prima palla di servizio di Sharapova messa in campo, il dato che è venuto fuori è piuttosto allarmante: c’è tanta potenza in meno rispetto a qualche tempo fa. I tanti infortuni a quella spalla subiti nella sua carriera hanno fatto sì che oggi, in questo momento storico, lei non riesca a forzare. Una ragazza come lei costretta a mantenersi in uno spazio che va a scendere dai 160, 165 chilometri orari ai 140, 135, se non anche di meno. Molto del 6-1 6-1 è nato lì, dalla sua incapacità di far colpire liberamente Serena in risposta.
Il match-up per la statunitense poi è perfetto come lo era negli anni passati. Una palla poco sporca, poco penetrante, dove sfrutta la maggiore mobilità per forzare la giocata impossibile della sua avversaria. E se pensate che in questo momento una delle sue pecche era quella di uno spostamento un po’ troppo pesante lungo il campo, questa sera si è ben districata anche lì, con un paio di allunghi degni di nota e una ottima lettura del gioco che le permetteva, con passetti ravvicinati, di essere sempre a poca distanza dalla palla. Una condizione, questa, che sarebbe già sufficiente a giocarsi carte importanti per arrivare in fondo e continuare la caccia a quel titolo Slam numero 24 che vorrebbe dire aggancio a Margaret Court.
Della partita, o di quello che è accaduto, c’è abbastanza poco da dire. Sharapova perdeva campo, subiva l’aggressività, non riusciva a gestire le proprie seconde di servizio. Un vincente di dritto, zero punti vinti quando non metteva la prima. Dati desolanti, per il suo conto, che ha avuto soltanto un momento di bagliore quando sull’1-6 1-2 30-40 alla seconda palla break (brutta risposta sulla prima) aveva messo molto profondo un ottimo tracciante di rovescio e Serena si era difesa come poteva. A quel punto, con la palla docile a metà campo, doveva chiudere e invece sul contropiede verso il rovescio avversario Serena si è inventata uno straordinario passante di rovescio lungolinea. Qui, in questi pochi attimi, si è racchiuso l’incontro tanto chiacchierato perché come già dicevamo questa partita non può non attirare, malgrado questo enorme squilibrio che ora vede la statunitense avanti 20-2 nei confronti diretti, 41 set a 7, 274 game a 154.
Non c’è nulla per chiamarla rivalità, eppure le storie delle due in qualche modo sono collegate da quel pomeriggio del 2004 a Wimbledon, quando Sharapova cominciò una carriera straordinaria vincendo il titolo di regina dei prati inglesi a soli 17 anni. Quindici anni fa, dal 2005 in poi è andata vicina soltanto in un’occasione a batterla: la semifinale dell’Australian Open 2005, persa 8-6 al terzo set. Impossibile sapere se questa sia stata l’ultima volta con loro due in campo nello stesso momento, ma se dalla parte di Serena si può notare la maggior qualità e un fisico che malgrado abbia avuto momenti di crisi importanti da risposte molto più positive rispetto alla russa, condannata ormai a un declino inesorabile.
Riccardo Piatti, in tribuna per la prima volta nei panni di coach di Maria, guardava abbastanza perplesso lo sviluppo delle azioni. C’era ben poco da fare, c’era una differenza enorme sotto tanti aspetti mentre su altri Serena fa semplicemente tutto meglio della sua allieva. E ci riesce da ormai 15 anni.
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