«Matteo?», Federer si ferma un attimo, alza la testa per guardare chi gli ha rivolto la domanda. «Pericoloso», dice poi, tutto d’un fiato. «Molto, anche». Rincuora il primo giudizio del Più Grande sul ragazzo italiano che va a stanarlo sui suoi prati. C’è grande considerazione nei suoi confronti, e s’intuisce che Federer lo sia andato a vedere già più di una volta, per saperne di più.
«L’ho seguito in televisione durante la settimana a Stoccarda, poi ovviamente ad Halle. Pensavo avrei finito per giocare con lui la finale, ma Goffin ha disputato una gran partita quel giorno. Credo stia facendo il percorso giusto, Berrettini. Gioca molti 250 e ha cominciato a vincere i primi titoli. È così che la fiducia cresce e ti permette poi di presentarti in tornei più complicati e di lasciare un segno. Mi aspetto un match duro, anzi, molto duro». Sorride Roger… «Magari i cinque set contro Schwartzmann l’hanno un po’ stancato… No, a 23 anni queste cose non succedono».
«La voglia c’è. Anzi, ce ne sono molte. Quella di divertirsi, di fare esperienza, e di prendere il meglio dal match. E anche quella di conoscere Roger, finalmente. È una grande occasione per me. Poi però c’è anche la voglia di provare a vincere. Del resto, se sono arrivato fino agli ottavi, perché non provare a salire più su?»
«Altro che. Ero un suo grande tifoso. Ricordo alcune sue finali a Wimbledon, mi colpirono molto quella vinta su Nadal, al quinto, e l’altra, vinta anch’essa in volata, contro Roddick. Una battaglia epica in quell’ultimo set… Poi sono entrato nel circuito ed è successa una strana cosa, non ricordo nemmeno in quale torneo. Guardo il tabellone e vedo che c’è il suo nome, più sotto, invece c’è il mio… Lì mi sono detto, ok, faccio lo stesso mestiere di Federer, forse è giunto il momento di smettere di essere un suo tifoso».
«Ne sto parlando con il mio team, ovviamente. La speranza di arrivare a Federer c’era, dunque l’argomento è lì sul tavolo, da giorni. Le mie armi le conoscete, servizio e diritto, con un’aggiunta di aggressività, che contro di lui non guasta. Giocheremo su pochi scambi, quello è il suo terreno ideale, ma anche il mio, e non credo sia opportuno allontanarsene. Contro Schwartzmann ho giocato mille scambi e ho retto bene, ma davvero non è il mio tennis preferito».
«Sì, lo fanno in tanti ormai, e anche noi da qualche tempo. Fa parte dell’evoluzione di questo sport, la vedo in termini positivi, perché il tennis è un gioco complesso ed è giusto utilizzare tutto ciò che la modernità porta con sé. Scendere in campo preparati su tutte le possibilità… Penso sia positivo».
«No, quella no. Sarà una cosa tutta mia, e sì, spero che non si riveli così forte da togliermi il fiato. Con Roger sarà importante non perdere contatto, non dargli la sensazione di potersene andare come e quando vuole, stargli vicino nel punteggio. Poi, vada come vada, sarà comunque un’esperienza da raccontare».
«Abbiamo lavorato molto sul fisico. Alla fine, non so chi fosse più stanco, tra me e Schwartzmann. Credo che la preparazione che ho fatto, i recuperi atletici, siano stati perfetti. Ho un grande team che mi supporta».
«Ecco appunto, le differenze fra me e lui ci sono, vero? Sensazioni… Sono molto fiero di me stesso, se proprio volete che lo dica. Molto orgoglioso. È un grande obiettivo centrato, quello di giocare nella seconda settimana del torneo, per di più con Federer. In fondo sono solo al mio secondo Championship».
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