La miglior partita del torneo maschile di Miami è stata quella disputata negli ottavi di finale tra Stefanos Tsitsipas e Denis Shapovalov. Quest ultimo ha prevalso al tie break del set decisivo per poi approdare in semifinale insieme al suo connazionale Felix Auger Aliassime, che diventa il più giovane semifinalista nella storia del torneo di Miami ed è la vera rilevazione di questa prima parte della stagione; benché appena diciottenne, ha dimostrato già di avere le doti di un campione di prima classe.
Non c’è dubbio che il Canada, nazione dalle tradizioni tennistiche non particolarmente solide, sta meritatamente raccogliendo i frutti dei notevoli investimenti che sono stati fatti negli ultimi anni. Da questa settimana i tre tennisti più giovani presenti tra i top 40, tra uomini e donne, sono canadesi ed hanno ottenuto tutti il loro best ranking: tra le donne è esplosa Bianca Andreescu (classe 2000) che ha vinto a Indian Wells ed è salita al 23simo posto, mentre in campo maschile Shapovalov, classe ’99, è entrato tra i top 20, e Auger Aliassime, classe 2000, ha guadagnando ulteriori 24 posizioni e si è issato al numero 33.
La qualità di questi giovani va crescendo in costante progressione, eppure al cospetto dei Fab Three, se in forma, il gap da colmare appare ancora elevato. Questa settimana di fronte a un Federer stellare come non si vedeva da parecchio, sono rimasti basiti Medvedev, che negli ottavi ha raccolto 6 game in 63 minuti, e Shapovalov, che in semifinale ha resistito 74 minuti ma alla fine ha raccolto lo stesso magro bottino del russo.
C’è stato veramente poco da fare per quasi tutti gli avversari dello svizzero, compreso i due top 10 incontrati, Anderson nei quarti e Isner in finale, che complessivamente hanno raccolto 9 giochi. Il match più ostico per lo svizzero è stato quello di esordio contro il moldavo Albot, che ha tenuto il campo per oltre due ore vincendo il primo parziale e tenendo la scia fino al 5 pari del secondo set.
Federer quindi porta a casa il 101simo successo in carriera, e la facilità con cui questo è arrivato (complici anche l’eliminazione anzitempo dei concorrenti più temibili come Djokovic e Zverev), non può non far maturare nell’interessato e nei suoi milioni di fans, il pensiero che in fondo vincere altri otto tornei per raggiungere il record di Connors non è impresa impossibile e questo tema sarà certamente un ulteriore motivo di interesse per il resto della stagione.
Altri numeri:
3 – Le finali disputate di seguito da Federer tra Dubai, Indian Wells e Miami ripetendo l’exploit del 2006. Quella volta vinse sia in California che in Florida.
4 – Le vittorie di Federer a Miami (2005, 2006, 2017 e 2019). Il record è di Agassi e Djokovic con 6 successi:
9 – I tie break giocati e vinti da Isner in nove dei 10 set giocati complessivamente nei primi cinque incontri disputati.
17 – i game che si sono giocati nella finale tra Federer e Isner conclusasi col punteggio di 6-1 6-4. Eguagliato il record del minor numero di game disputati nelle finali sulla breve distanza risalente al 1993, quando Sampras superò il connazionale Washington (6-3 6-2). Non viene contemplata la finale del 1996 poiché Agassi vinse per ritiro dell’altro finalista, Ivanisevic, infortunatosi sul 3-0 del primo set.
50 – Il record di finali disputate da Federer in tornei Masters 1000 (bilancio 28 vittorie e 22 sconfitte). Scavalcati Nadal e Djokovic fermi a 49.
70 – la somma dell’età dei due finalisti Federer (37 anni) e Isner (33).
I numero del femminile
– 10 avvicendamenti sul trono mondiale con 7 tenniste diverse:
– 8 vincitrici diverse negli ultimi 9 Slam:
-10 vincitrici diverse negli ultimi 10 tornei Premier Mandatory:
-14 vincitrici diverse nei 14 tornei del circuito maggiore fin qui disputati nella stagione in corso:
Nota: ben 11 delle 14 finali si sono risolte in tre set a conferma dell’equilibrio esistente.
Con gli exploit consecutivi negli ultimi due Slam disputati che l’hanno portata sul trono mondiale, la giovane giapponese Naomi Osaka, facendo sognare una nazione intera, sembrava destinata a segnare una traccia di quelle che non si cancellano, specie laddove fosse stata suffragata da risultati di rilievo (non necessariamente vittorie) nei due Premier Mandatory americani che le avrebbero consentito di fare il vuoto in classifica. L’essere “rimasta sui pedali” inanellando due sconfitte precoci e rischiando di essere detronizzata dopo poche settimane dalla Halep che l’ha graziata facendosi sorprendere dalla Pliskova in semifinale, la tennista giapponese ha dimostrato che probabilmente manca ancora un pezzo di strada da fare per vedersi riconosciuta una leadership indiscussa.
Il gruppo delle sette giocatrici più forti è racchiuso in soli 1001 punti (la numero uno Osaka ha 6021 punti e la Svitolina che è settima ne ha 5020) e la somma dei singoli punteggi risulta in costante decremento da tre anni a questa parte:
Tutto quanto detto fin qui non deve andare a svilimento della meritata vittoria ottenuta dall’australiana Ashleigh Barty, che battendo in finale una Pliskova in giornata no, ottiene il successo più importante dei quattro raccolti fin qui e irrompe alla grande tra le Top Ten andando ad occupare la nona piazza alle spalle di Sloane Stephens. L’impresa della tennista di sangue aborigeno, come la grande Goolagong degli anni settanta, assume ancora maggior valore ove si ricordi che la Barty ha ripreso a giocare a tennis solo 2 anni fa, ripartendo praticamente da zero, dopo una lunga pausa a causa di una crisi depressiva. L’ultima australiana a frequentare i quartieri alti della classifica era stata Samantha Stosur, oggi 35enne, che fu numero 4 del mondo nel 2011 e per l’ultima volta tra le top 10 il 6 maggio 2013 (al numero 9).
Altri numeri del torneo:
1 – La Barty è la prima tennista australiana a vincere a Miami.
1 – La nazione che hanno ottenuto per la prima volta un piazzamento tra le prime otto giocatrici: Taipei con la 33enne Hsieh che ha sfiorato l’ingresso in semifinale crollando contro la Kontaveit, che a sua volta ha portato l’Estonia per la prima volta in semifinale (Kaia Kanepi si era fermata ai quarti di finale a Madrid nel 2013).
2 – Gli anni consecutivi (gli unici in assoluto dal 1985) in cui l’Italia rappresentata in entrambi i casi dalla sola Giorgi, non vince neanche un match.
6 – Minimo storico di presenze negli ottavi di teste di serie comprese tra le prime sedici.
12 – Il numero di testa di serie della vincitrice. Sono quattro gli anni consecutivi in cui vince una testa di serie a due cifre: 2016 Azarenka (13), 2017 Konta (10), 2018 Stephens (13), 2019 Barty (12).
16 – Le tenniste che hanno iscritto il loro nome nell’albo d’oro del torneo. Leader indiscussa Serena Williams che ha trionfato ben otto volte, l’ultima delle quali nel 2015.
L’ultima doverosa notazione riguarda gli italiani. La sperata riscossa dopo la deludente performance di Indian Wells non c’è stata. Sommando i risultati “combined” dei due grandi tornei di marzo sul cemento americano emerge un verdetto impietoso: per ritrovare un bilancio analogo occorre risalire al 1997.
Anche questa volta una buona notizia arriva dai circuiti minori. Il 17enne Jannik Sinner, dopo il primo trionfo in un Challenger a Bergamo e dopo il primo titolo ITF a Trento si è ripetuto anche a Santa Margherita di Pula in un ITF da 25000 dollari, battendo nettamente in finale il connazionale Pellegrino (6-1 6-1). La striscia di match vinti si è allungata a 16 e fermata a 17 dopo che al challenger di Alicante è stato sconfitto al secondo turno.
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