La frase suonava più o meno così, e potete esserne certi, venne detta con il cuore e nella piena consapevolezza: “Se questo non vince un torneo dello Slam nei prossimi due anni, smetto di guardare il tennis”. A estrarla dai pensieri, dai nostri come da quelli di molti anni che seguirono il confronto, fu Roger Federer, quando incontrò e sconfisse Sampras a Wimbledon. Era il 2001, si giocavano gli ottavi di finale, lui aveva 20 anni. Ne sono passati altri diciotto. Oggi, la stessa frase, certificata da identiche sicurezze, la merita Stefanos Tsitsipas, che ha battuto Federer a Melbourne, ha venti anni e lo ha fatto negli ottavi di uno Slam, ed adesso sfiderà in semifinale l’altro mostro sacro, Rafael Nadal. Ha battuto Bautista Agut, uno che non aveva perso un incontro quest’anno prima di incrociare il greco.
Ma Stefanos non è Federer, ha soltanto qualcosa di lui, forse briciole, forse no. Ha il rovescio a una mano, la presa continentale, e sfrutta tutti gli angoli del campo, senza rinunciare alle avventure in verticale, verso la rete. Nell’insieme, non poco. E lo pensa anche Roger… «Mi somiglia, dite? Bè, quando portavo i capelli lunghi, e in quell’anno a Wimbledon li avevo, l’aria da ragazzino che voleva arrivare presto alla meta non mi mancava. Poi, chi può dirlo… Proprio uguali non siamo. Eppure, se cercate nel dna tennistico di Stefanos, forse vi trovate più del mio che non di quello di Rafa». Il greco picchia di più, a cominciare dal servizio. Ma è più alto di Roger. Viaggia sui 213 chilometri orari, con facilità, e lì Roger non c’è mai arrivato. Sbraccia anche parecchio, perché è agile e si permette avvitamenti intorno alla palla da campione dei tuffi, ma questo è un suo segno distintivo, e forse un giorno si parlerà del “tennis carpiato” di Tsitsipas. Forse…
Di certo, il giovane greco prestato alla Francia di Patrick Mouratoglou, l’accademia dove si allena, ha compiuto ieri il passo decisivo, quello che ti fa uscire dalla muta degli inseguitori e diventare capo branco. Ha un tennis compiuto, definito, sul quale gli unici lavori da aggiungere sono quelli di rifinitura, ma l’edificio è solido, robusto, ben sostenuto da un team a carattere familiare, tutta gente che il tennis lo conosce. Il padre Apostolos, maestro. La mamma, Julia Salnikova, russa, figlia di Sergej stella del calcio sovietico anni Cinquanta, nazionale olimpico proprio ai Giochi di Melbourne del 1958, anche lei maestra ed ex giocatrice nel circuito, numero 194 Wta. Gente semplice, che il miglior consiglio che ha saputo dare al figlio, prima di questo confronto, è stato quello di studiare i filmati di Federer, di capire come fa, che cosa fa, e perché lo fa. «E di ammirarlo», aggiunge Stefanos, «perché è davvero uno spettacolo». Lui i video li ha visti, «anche quello di Wimbledon, contro Sampras», ammette. E che cosa vi ha scovato? «Non ve lo dirò. Sarebbe un affronto se mi mettessi a disquisire di come si batte Federer».
Ma lo ha battuto, e Federer ne ha preso atto. «È stato bravo, e credo che tutto ciò che si dice di lui sia vero. Sono ragazzi ormai molto vicini a prendere la vetta del tennis. Eppure…». Già, eppure? «Ho sbagliato troppo per essere soddisfatto della mia partita. Ho sprecato troppe occasioni. Può capitare, ma così tante, bè, mi hanno mandato il match di traverso. Avrei dovuto vincere il secondo set, e se non vi sono riuscito è solo colpa mia». Meglio, colpa del suo dritto, che ha funzionato a intermittenza, fino a costargli un’infinità di errori gratuiti (55) e un bel po’ di insicurezza nei momenti chiave del match, segnati da una serie ininterrotta di palle break che Roger ha ciccato. Dodici, addirittura, e tutte rispedite al mittente. Due nel primo set, che avrebbero potuto spingerlo a far gara di testa. Otto nel secondo, di cui quattro nei due game più lunghi (da sedici e diciotto punti), nei quali Tsitsipas è sembrato a un passo dal franare; e due anche nel quarto.
Sì, possiamo immaginarlo, le truppe federeriste vorrebbero leggere altro… Che Roger non è finito. Che ha perso troppe occasioni. Che sarebbe bastato coglierne qualcuna, qui e là, per ribaltare il risultato. Hanno ragione, è andata proprio così. Roger non è alla fine, anzi, ha assicurato che quest’anno tornerà a giocare sulla terra rossa (vedremo se solo al Roland Garros) e sarebbe bastato poco per prendersi il match. Tranquilli, è e resterà il Più Grande. Ma se il tennis ha bisogno di novità, è bene che queste abbiano il volto da paladino di Tsitsipas, i colpi violenti, tirati con la clava ma senza paura di andare a rete. Forse è ancora presto per vincere uno Slam, forse no. Ma il ragazzo, vedrete, un giorno sarà numero uno.
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