La notizia più clamorosa è l’annuncio del doloroso getto della spugna da parte Andy Murray che ha rappresentato per 10 anni il link tra gli extraterrestri (Federer, Nadal e Djokovic) e gli umani del tennis tanto da essere forse troppo generosamente, ma opportunamente affiancato ai primi, proprio per alleggerire una distanza che altrimenti sarebbe diventata insopportabile.
Ma in questa sede torniamo finalmente a parlare del tennis giocato del quale sentivamo la mancanza, presentando di seguito il prospetto di sintesi dei risultati delle prime due settimane di entrambi i circuiti (WTA e ATP), a confronto con quelli dello scorso anno:
Roberto Bautista Agut da quattro anni riesce consecutivamente a capitalizzare al meglio le due settimane di warm up che precedono gli Australian Open. Lo spagnolo ha portato a casa il trofeo di Auckland nel 2016 e nel 2018, quello di Chennai nel 2017, e quello di Doha quest’anno, dopo aver sconfitto in finale il redivivo Berdych che non giocava un torneo da Wimbledon e non assaporava il gusto di una finale dal torneo di Lione del 2017.
Nelle settimane dei ritorni c’è stato anche quello di Kei Nishikori che è tornato al successo dopo 3 anni (ultimo successo Memphis 2016), e dopo ben 9 sconfitte in finale, conquistando il trofeo di Brisbane piegando nell’atto finale il sempre più autorevole Daniil Medvedev che tuttavia interrompe una striscia di 3 finali vincenti, iniziata nel 2018 con la vittoria al torneo di Sydney, palcoscenico della prima finale della storia tra tennisti nati dal 1996 in poi, in cui lo sconfitto fu il beniamino di casa Alex de Minaur (classe ’99) che questa settimana ha alzato il primo trofeo della sua carriera (battendo in finale un encomiabile Seppi) salendo in classifica, in dodici mesi, dalla 208esima alla 29sima posizione. Un ottimo viatico in vista del primo Slam dell’anno in cui per la prima volta partirà da testa di serie (n.27) con un possibile terzo turno contro Nadal.
Con il successo di ieri, de Minaur diventa, a 19 anni e 330 giorni, il terzo teenager dal 2008 a vincere un torneo del circuito maggiore dopo Alexander Zverev, che si impose a San Pietroburgo nel 2016 a 19 anni e 157 giorni (per poi ripetersi a 19 anni e 297 giorni a Montpellier) e Andrey Rublev, che vinse a Umago nel 2017 a 19 anni e 277 giorni.
Primo successo in carriera anche per l’americano Tennys Sandgren che dopo gli exploit estemporanei registrati lo scorso anno con i quarti a sorpresa agli Australian Open e la finale al torneo di Houston ad aprile, si era praticamente eclissato riuscendo a portare a casa da allora solo due match contro tennisti top 100. Ad Auckland, torneo che ha fatto registrare un ecatombe di teste di serie prima delle semifinali, il tennista americano si è imposto a mani basse superando tra gli altri il nostro Cecchinato e vincendo i cinque match disputati sempre in due set, lasciando complessivamente agli avversari 33 giochi compresi i cinque racimolati in finale dall’inglese Cameron Norrie, alla sua prima finale in carriera e a questo punto, dopo l’annunciato ritiro di Murray, a tutti gli effetti il numero due del tennis inglese dopo Edmund.
In campo femminile Aryna Sabalenka parte di slancio piazzando il suo terzo acuto a Shenzhen dopo quelli di New Haven e Wuhan del 2018. Nella seconda settimana però, in quel di Sydney, si è dovuta inchinare all’esordio di fronte a un’eccellente Petra Kvitova, che ha poi vinto il torneo (fanno 26 in carriera) bissando il successo ottenuto nel 2015 e superando nella finale più spettacolare tra le cinque fin qui disputate nel 2019 la beniamina di casa Ashleigh Barty, battuta solo al tie break del set decisivo dopo essere stata a tre punti dal trionfo. Per la tennista australiana, che ha così replicato il risultato dello scorso anno, arriva comunque il nuovo best ranking al numero 14.
Si conferma campionessa a Auckland la tedesca Julia Goerges: superata in finale in rimonta la diciottenne canadese Bianca Andreescu, stella nascente del tennis mondiale che ha impressionato anche nelle qualificazioni degli Australian Open, brillantemente superate lasciando alle avversarie solo sette giochi in tre partite. Primo titolo in carriera per l’americana Sofia Kenin (classe ’98) che a Hobart, senza perdere neanche un set, dopo aver sconfitto all’esordio la numero uno del seeding Caroline Garcia, ha eliminato altre due teste di serie (Flipkens e Cornet) prima di strapazzare in finale la slovacca Anna Karolina Schmiedlova (6-3 6-0). Partenze false viceversa per Halep, Stephens, Svitolina e Kasatkina, eliminate tutte all’esordio nei rispettivi tornei disputati.
E veniamo agli italiani. Bilancio nel complesso positivo grazie a una finale di prestigio raggiunta da Andreas Seppi, per il quale evidentemente l’estate australiana è rigenerante come dimostrano i quattro ottavi di finale raggiunti a Melbourne negli ultimi sei anni. Il tennista altoatesino ha disputato un torneo impeccabile a Sydney, battendo fra gli altri la testa di serie numero 1, il lanciatissimo Stefanos Tsitsipas, e in semifinale la numero 3, l’argentino Diego Schwartzman, prima di tenere testa egregiamente a de Minaur col quale ha avuto diverse possibilità di allungare la partita al terzo set.
Per Seppi, prossimo ai 35 anni, si è trattata della nona finale in carriera, la prima dopo 4 anni di digiuno: risultato che lo riporta al 35esimo posto del ranking, miglior classifica dal febbraio 2016, e soprattutto che gli dà grande fiducia in vista degli Australian Open, dove ha in scadenza una cambiale da 180 punti. Il sorteggio non è stato malvagio: il tennista di Brunico è atteso all’esordio dall’americano Steve Johnson, assolutamente alla sua portata. Se Fabio Fognini e Matteo Berrettini sono apparsi ancora un po’ in ritardo di condizione, Marco Cecchinato, grazie alla semifinale raggiunta a Doha, ha migliorato ulteriormente il suo best ranking salendo al numero 18 r diventando così il quinto italiano di sempre al pari di Gaudenzi, Camporese e Seppi:
Per quanto concerne i risultati delle qualificazioni degli Australian Open, tra gli azzurri c’è rammarico per Lorenzo Sonego che non ce l’ha fatta per un soffio, sconfitto al tie break del terzo set nel turno decisivo, ma in compenso fanno ingresso nel main draw Luca Vanni e Stefano Travaglia: con loro sale a 7 il numero di azzurri presenti nel tabellone principale del singolare maschile. Sonego e Paolo Lorenzi restano in attesa di un eventuale ripescaggio come lucky loser.
Un’ultima notazione è per Camila Giorgi che ormai rappresenta da sola il tennis italiano al femminile. Nonostante la sconfitta subita per mano della Kerber al secondo turno del torneo di Sydney, la tennista di Macerata ha lasciato sensazioni confortanti. Il sorteggio degli Australian Open non è proibitivo e all’orizzonte potrebbe esserci uno scontro molto stimolante al terzo turno con Karolina Pliskova.
Altri numeri:
6 – I tornei vinti in carriera dal sudafricano Kevin Anderson, l’ultimo a Pune, in India, dove si è imposto migliorando il piazzamento in finale che aveva ottenuto lo scorso anno.
7 – Le finali vinte consecutivamente dalla Kvitova dal 2017. In carriera la tennista ceca ha vinto 26 tornei su 33 finali disputate.
21 – Il ranking di Grigor Dimitrov, fuori dai top 20 dopo 26 mesi.
41 – Il nuovo best ranking di Sandgren, ora quarto americano della classifica dopo Isner (10), Johnson (34) e Tiafoe (39).
139 – La somma dell’età dei quattro semifinalisti del torneo di Pune, record assoluto nell’Era Open: 32 anni per Anderson, 39 per Karlovic, 34 per Darcis e Simon.
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