Karolina nella sua conferenza stampa ha detto che tu potresti aver giocato il miglior tennis della tua carriera. Che ne dici?
Non lo so, non penso di averlo necessariamente fatto. Quello che prendo dalla mia partita di oggi è che non ho mai mollato ed è qualcosa di cui sono veramente fiera. Ci sono stati moment nella partita in cui ho pensato che le cose si stessero facendo delicate, e mi sono detta che non mi sarei mai perdonata se anche solo per un momento avessi pensato ad accettare la possibile sconfitta.
Che significato avrebbe per te il numero 1 e farlo da prima giapponese nella storia a raggiungere questo traguardo?
Sarebbe una grandissima cosa. Ora voglio solo pensare al torneo, il ranking poi si vedrà cosa dirà.
A Pechino dicevi che non volevi essere ricordata come quella che ha fatto bene in un solo torneo. Potevi aspettarti di avere subito un’altra finale così?
È tutto abbastanza surreale, e allo stesso tempo mi rendo conto del tanto lavoro che ho fatto in off season. Ogni volta che sono in campo mi sembra un impegno continuo. Non riesco però a realizzare veramente tutto ciò, ma spero di continuare.
Qualche anno fa dicevi che se fossi stata sufficientemente brava, l’esperienza non sarebbe contata. Ora hai 21 anni, stai per giocare la tua seconda finale consecutiva. Pensi sia l’esperienza che ti stia aiutando, o sei veramente così brava?
Oddio no, vai piano con l’ultima parte della frase (ride, nda). No, questa è esperienza. Sono stata bloccata al terzo turno Slam per anni. Non appena ho rotto quel muro, ho cominciato a vincere. Penso sia stata esperienza e fiducia nelle mie capacità. Vorrei tanto dirti che sono fortissima, ma sto giocando contro le migliori al mondo e sto giocando 3 set tutte le volte. È quasi più una battaglia di volontà, a volte.
Riguardo al fumetto del tuo sponsor che ti dipinge chiara di pelle, hai avuto un chiarimento?
Ho parlato con loro, sì. Loro si sono scusati. Io sono scura. Non penso loro l’abbiano fatto di proposito. Ma penso che se dovesse succedere una prossima volta, che vogliano ritrarmi da qualche parte, dovranno prima parlarmi.
Nella parte in giapponese, Naomi ha risposto a una domanda su quali siano le diversità tra il cammino allo US Open e all’Australian Open: “Sono due tornei diversi. Devo anche tenere a mente il fatto che se arrivo in finale vuol dire che ho vinto molte partite. In ogni caso, vincere lo US Open mi ha dato una mano perché mi ha fatto capire che posso fare ottimi percorsi anche in tornei così. Ci stavo pensando mentre giocavo qui, anche se non volevo idealizzarlo troppo”.
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