Una domanda inevitabile su Andy Murray: l’altro giorno nella partitella di allenamento che avete avuto sembrava quasi stessi andando leggero. Forse ti stavi accorgendo di quello che stava capitando dall’altra parte della rete. È vero?
No, assolutamente. Ma vedevo che non stava bene, che stava soffrendo, lo notavano tutti, che lui non si stava muovendo come fa normalmente. Noi abbiamo visto Andy per anni correre in lungo e in largo per il campo, essere uno dei più preparati fisicamente. Noi siamo cresciuti assieme, il suo compleanno è nove giorni dopo il mio, abbiamo giocato migliaia di partite nel circuito professionistico e il nostro gioco si assomiglia. È molto triste vederlo soffrire così e mi fa male, da amico di lunga data. Sono orgoglioso di questa relazione e spero che possa proseguire per tanti anni ancora al di là di quello che succederà nelle nostre carriere. Mi porterò dietro grandi ricordi dentro e fuori dal campo avuti con lui. È veramente triste. Pure io ho avuto diversi infortuni recenti e posso forse relazionarmi un po’ con lui anche se il suo infortunio era molto peggio del mio. Ora lui è incapace di poter tornare al suo livello anche dopo i tanti infortuni e per un atleta questo è probabilmente lo scenario peggiore. È triste, non solo per me ma per tutto lo sport perché Andy è un personaggio davvero rispettato e apprezzato. È un grande campione. Lui è una leggenda di questo sport: plurivincitore Slam, vincitore della Coppa Davis, vincitore di due ori olimpici, delle Finals…
Caroline Wozniacki sta per iniziare il suo primo Slam da campionessa in carica, tu hai vinto qui nel 2008. Che effetto e ricordi hai di quel 2009 da campione in carica?
L’Australian Open è stato storicamente per me un torneo dove facevo molto bene. Nel 2008 è stato il mio primo torneo Slam e ha fatto da trampolino di lancio alla mia carriera. Mi ha aperto una porta e mi ha permesso poi di continuare a vincere altri Slam sfidando i migliori del mondo. Quella volta ero un giovane che aveva molto talento. Vincere un torneo Slam è però molto diverso: ho avuto un grande anno nel 2008, quasi raggiungendo il numero 2. Ci ho messo un po’ per riprendermi, è vero. La seconda volta fu molto diversa, è ovviamente ancor più difficile e devi affrontare pressioni e situazioni che non ci sono mai state prima. Ma tu, come campione Slam, rimarrai sempre campione Slam. Se lo vinci una volta, puoi sempre pensare possa succedere di nuovo.
Pensi che riprendere nel consiglio giocatori come Sergiy Stakhovsky, uno dei più negativi verso le donne nello sport possa mandare il messaggio il rispetto e l’uguaglianza non siano una priorità dell’ATP? Perché non potevate sceglierne uno peggiore di Stakhovsky.
Tu puoi sempre concentrarti sulle cose negative. Certo, c’è sempre una persona, o due o tre, che nel passato ha detto qualcosa che poteva non essere appropriato. Sergiy è stato molto interessato alle vicende politiche del tennis in una maniera positiva, cercando di rappresentare molti giocatori, soprattutto quelli tra il 50 e il 100 del mondo. Lui ha contribuito molto allo sviluppo del livello Challenger. Dunque ci sono cose buone da parte sua. Certamente tu hai tirato in ballo quelle negative, non posso dire molto a riguardo. Ma lui è uno dei 10 del consiglio. Ci sono molte cose positive, pure.
Come presidente del consiglio, sei favore al mantenimento di Justin Gimelstob malgrado sia recentemente accusato di aggressione?
Sì, come tutti, perché questo è quello che abbiamo deciso. Ovviamente c’è un processo in corso, al momento queste sono accuse. Se sarà provato colpevole ci sarà da una situazione da affrontare. Ora lui è qui e ha sempre svolto il suo lavoro con entusiasmo. È altamente rispettato dai giocatori perché è uno di quelli che è da molto tempo in carica, dentro al tennis come giocatore, coach e qualcuno che guida lo sport con entusiasmo. Non posso dire molto del processo e lascio alle autorità fare il loro lavoro.
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