Alzi la mano chi, il giorno di Capodanno, dopo aver visto Andy Murray brindare al nuovo anno (in compagnia di qualche bottiglia di troppo), ha pensato “ma non saranno un po’ troppe in pre-season?” La risposta è arrivata qualche giorno più tardi in press conference a Melbourne quando lo scozzese ha detto: “Ok, bello il tennis. Ma sto a pezzi, non vi reggo un altro anno”. Vabbè, non ha detto proprio così anche se avrebbe potuto tranquillamente dirlo solo lui in questi termini. Perché dopo Andy Roddick quello meno banale nelle dichiarazioni è stato proprio l’ex numero uno del mondo.
Non è stato banale nemmeno quest’ultimo (?) match. In rimonta, lottando, come del resto ha fatto per il resto della carriera. Murray è – o è stato, a voi la scelta – sempre un giocatore intelligente. Gran difensore ma capace comunque di prendersi quello che poteva della carriera. Inutile perdersi in numeri. Tre slam, due ori olimpici, numero uno al mondo e bla bla bla. Più che altro, e forse qui è importante soffermarsi, ha ridato vita al Tennis britannico assopito, per non dire narcotizzato, dall’attesa dell’exploit di Tim Henman. Per carità, eh. Tutto il rispetto per Tim ma a ‘sti poveri inglesi manco una finale a Wimbledon gli ha fatto vedere. Il nostro Murray pure stava sulla buona strada: “Vincerà sicuramente uno slam prima o poi” dicevano tutti quelli che puntualmente gli alzavano in faccia il trofeo. Quel giorno è poi arrivato, come detto ne sono arrivati tre, senza considerare gli altri importantissimi traguardi. Coppa Davis su tutti visto che siamo in tema nazionalpopolare.
La sfida con Bautista Agut è stata bella e combattuta, anche se Andy pare che oggi ci abbia potuto mettere solo questo in campo. Lo spagnolo, infatti, ha giocato sulla linea di fondo quasi sempre. Murray due/tre metri dietro, sempre a difendersi. Il servizio non era quello di sempre, figuriamoci il dritto. Il fisico comunque ha retto, certo dovremmo chiedergli comunque così si sente oggi, ma le quattro ore di gioco potrebbero addirittura far sperare bene fino a Wimbledon. E non parlateci della speranza di vederlo avanti nel torneo. Lo sapevano tutti che Bautista, questo Bautista Agut, non si batteva.
Se le condizioni sono queste difficilmente arriverà l’operazione. Paradossalmente c’è tutta una vita per quella. L’Andy che abbiamo conosciuto per tutta una carriera, quello che ha sfidato gli Dei del Tennis, e stavolta la banalità c’è scappata, merita il Center Court di Wimbledon. Pieno di Union Jack, di lacrime, di parenti e amici e perché no anche di qualche eterno rivale. Vabbè, dai. Il Ringo Starr del Tennis non deve morire qui. Forza, Andy. Ancora regalaci un ultimo chilometro.
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